
L’Italia è piena di zone – regioni e province, in particolare – attraversate da tradizioni culinarie secolari. Ognuna di esse ha i propri primi piatti, i propri dolci, i propri vini. La Sicilia, però, in parte si differenzia dalle altre regioni. La storia dell’isola, così a lungo a contatto col mondo arabo, ha infatti avuto uno sviluppo autonomo rispetto al reso del Meridione, e ha consentito il nascere di piatti tipici siciliani molto originali.
Oggi vogliamo proprio approfondire la conoscenza delle più famose pietanze di questa regione, presentandone sia la storia, sia la ricetta. Sarà un modo – come spesso tentiamo di fare – per conoscere e gustare allo stesso tempo, per guardare al passato con però l’attenzione e lo stimolo del presente.
Ovvio, però, che abbiamo anche dovuto effettuare delle scelte. La cucina siciliana è infatti ricca di piatti originali e affascinanti, ma nei nostri articoli non ci sarebbe stato spazio per illustrarli tutti. Abbiamo quindi cercato di individuare i più famosi e importanti, equilibrando anche le scelte.
Incontreremo così primi piatti e piatti unici, cibo “da strada” e pietanze molto elaborate, in modo da dare una panoramica speriamo completa della situazione.
Non troverete, però, in questo articolo i dolci siciliani, che però – dalla cassata ai cannoli – sono giustamente molto famosi. Abbiamo scelto di escluderli solo perché abbiamo già dedicato al tema un articolo apposito e qui era più giusto lasciare spazio ad altre cose.
Ecco quindi i cinque piatti tipici siciliani (e le relative ricette) secondo noi più importanti.
Indice
1. Pasta alla Norma
Cominciamo allora con un primo piatto, e anzi con quello che forse è il più famoso primo della cucina siciliana: la pasta alla Norma. E partiamo spiegandone il nome, che può apparire infatti inusuale: chi è questa Norma? È il nome di una donna? E, se sì, di quale? Della creatrice della ricetta?
In realtà, non c’è chiarezza sull’origine di questo piatto. Ci sono però delle leggende, la più famosa delle quali attribuirebbe il nome ad un’invenzione di Nino Martoglio, commediografo catanese vissuto a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento.

Sarebbe stato proprio lui, infatti, ad esclamare «È una Norma!» davanti a un gustoso piatto di questo tipo. Il riferimento, che oggi può apparire oscuro, all’epoca era molto chiaro. Martoglio voleva infatti paragonare la bellezza e la bontà del piatto alla celebre opera lirica di Vincenzo Bellini, che era molto celebre.
Qualunque sia l’origine del nome, comunque, il piatto si basa su ingredienti tipicamente mediterranei come il pomodoro, le melanzane, il basilico e la ricotta ed è tipico di Catania.
La ricetta
Per prepararlo bisogna, per prima cosa, prendere le melanzane e tagliarle a fettine, lasciandole poi spurgare dopo averle cosparse di sale. Poi si deve buttarle su una padella con olio extravergine di oliva e friggerle da ambo i lati, mentre nel frattempo si cuoce la pasta (in genere maccheroni, ma potete anche provare con formati diversi).
Infine, bisogna tagliare i pomodori e farli soffriggere in padella con l’olio rimasto assieme a una cipolla tagliata finemente.
Il piatto è praticamente già pronto. Basta infatti servire la pasta col pomodoro e le melanzane (private dei semi), cospargendo il tutto con basilico e ricotta salata grattugiata.
Ingredienti per 6 persone
500 grammi di pasta (maccheroni o altro)
450 grammi di pomodoro
500 grammi di melanzane
80 grammi di ricotta salata
50 grammi di olio extravergine di oliva
una cipolla
basilico
sale e pepe
2. Pasta con le sarde
Ben più antica pare essere, invece, l’origine della pasta con le sarde, l’altro primo della nostra selezione. Secondo la tradizione, infatti, questo piatto sarebbe stato inventato addirittura da Eufemio da Messina, il comandante bizantino che conquistò durante la sua vita una parte dell’isola e ne fu però poi cacciato per aver indispettito Bisanzio.

La storia ufficiale racconta di come Eufemio dovette scappare in Nord Africa, e qui strinse alleanza coi musulmani, programmando la riconquista dell’isola. Con loro sbarcò in Sicilia nell’827, nella zona di Mazara del Vallo, e cominciò a vincere varie battaglie.
Fu proprio durante uno degli scontri che Eufemio avrebbe inventato la pasta con le sarde. Dovendo dar da mangiare ai propri soldati, diede incarico al cuoco arabo di creare un piatto con quel che trovava sul territorio. Questi prese finocchietto selvatico e pinoli, tipici delle zone montane, e li unì alle sarde, pesci marini.
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Così venne creata la pasta con le sarde, che da allora, a più di mille anni di distanza, è uno dei piatti tipici dell’isola. Eufemio però non poté godere del successo dell’invenzione. Poco dopo, infatti, si rese conto che gli arabi l’avevano usato e non intendevano mantenere le promesse. Fu assassinato poco dopo, durante il tentativo di compiere l’ennesimo cambio di fronte.
La ricetta
Prima di tutto bisogna lessare i finocchietti in acqua salata (per 500 grammi di pasta, ci si può orientare attorno ai 4 litri di acqua). Questi vanno poi scolati e tritati, tenendo però da parte l’acqua, senza buttarla. Le sarde, nel frattempo, vanno scottate per un minuto per lato su una padella con un po’ d’olio extravergine d’oliva.
Anche le sarde vanno poi scolate, mentre sullo stesso tegame si mettono a soffriggere le cipolle finemente affettate. Sempre lì, si uniscono poi finocchietti, sarde, pinoli, sale e pepe. Bisogna inoltre mescolare di tanto in tanto per amalgamare la salsa.
Dopo circa venti minuti di cottura a fuoco lento, aggiungere anche le acciughe, precedentemente dissalate, lavate e sciolte in un tegamino con un po’ d’olio caldo. Cuocere ancora per un quarto d’ora circa. Nel frattempo, nell’acqua dei finocchietti tenuta da parte, cuocere la pasta. Servire al dente, con l’aggiunta ovviamente del condimento.
Ingredienti per 4 persone
500 grammi di bucatini o di un altro tipo di pasta
500 grammi di sarde fresche
1 grossa cipolla
500 grammi di finocchietti selvatici
3 acciughe sotto sale
50 grammi di pinoli
olio extravergine d’oliva
sale e pepe
3. Caponata
Dopo due primi passiamo a un piatto particolarissimo, che può essere servito come contorno o antipasto, o addirittura come piatto unico quando è accompagnato dal pane: la caponata.
Il piatto si presenta con alcune variazioni da città a città, che però non abbiamo tempo di approfondire. Quello che ci preme qui sottolineare è invece, per il momento, la storia di questo particolare piatto. E, anzi, in primo luogo l’origine del suo nome.

Secondo alcuni, l’etimologia rimanderebbe allo spagnolo caponada, e quindi vedrebbe in questo piatto una chiara influenza iberica. Secondo altri, invece, avrebbe un’origine completamente popolare. “Caponata” deriverebbe infatti da “capone”, termine con cui veniva chiamata popolarmente la lampuga, un pesce dalla carne pregiata.
Questo pesce era nelle epoche antiche molto costoso, e il popolo non poteva permetterselo. Per questo nei vari piatti si tendeva a sostituirlo con le più economiche melanzane. Da qui l’origine della caponata, piatto a base di capone in cui però il pesce era appunto sostituito dagli ortaggi.
La ricetta
Per preparare la caponata bisogna cominciare tagliando le melanzane a cubetti. Dopo averle salate, lasciatele un’oretta a spurgare, mentre nel frattempo iniziate a tagliare anche i gambi di sedano a pezzi e a metterli a bollire in una pentola d’acqua. Dopo 3/4 minuti, scolateli e lasciateli asciugare.
A questo punto tagliate le cipolle a fette molto fini e mettetele in padella con un po’ d’olio extravergine; lasciatele lì, a fiamma bassa, per una decina di minuti. Inoltre, nella stessa padella aggiungete le olive nere, i capperi e i pinoli. Alzate un po’ la fiamma e lasciate tutto sul fuoco per un’altra decina di minuti.
Intanto tagliate a cubetti anche i pomodori; aggiungete anche questi al tegame e cuocete per un’altra ventina di minuti. Nel frattempo, mettete a soffriggere i cubetti di sedano su una padella a parte, con un po’ d’olio. Riprendete a questo punto le melanzane, sciacquatele e asciugatele e infine friggetele in un’ulteriore padella con abbondante olio di semi.
E la caponata è pronta
Dopo un paio di minuti, togliete le melanzane dall’olio bollente e versatele nel tegame in cui avete tutti gli altri ingredienti. Aggiungete anche il sedano, lo zucchero e l’aceto di vino bianco. Quando l’odore dell’aceto è evaporato spegnete la fiamma e lasciate raffreddare.
Ingredienti per 6 persone
1 chilogrammo di melanzane
600 grammi di coste di sedano
250 grammi di cipolle
200 grammi di olive nere denocciolate
50 grammi di capperi
60 grammi di pinoli
500 grammi di pomodori da sugo
300 grammi di olio di semi per la frittura
50 grammi di zucchero
50 grammi di aceto di vino bianco
basilico
olio extravergine d’oliva
sale grosso
4. Arancini
Un altro piatto unico tipico della cucina siciliana è l’arancino, o l’arancina se vogliamo utilizzare il nome che assume in alcune parti dell’isola [1]. Si tratta di una palla di riso impanata e fritta, farcita in vari modi, con leggere variazioni a seconda della zona.
La forma solitamente è sferica, simile a una sorta di palla, e proprio a questo si deve il suo nome, visto che ricorda in qualche modo la forma dell’arancia. Nella zona più orientale della Sicilia, però, gli arancini assumono una forma conica, come si può vedere nella foto qui sotto.

Per quanto riguarda la storia di questa pietanza, molto si è indagato nel corso degli anni, anche se rimangono parecchi punti oscuri. Non si hanno menzioni scritte di arancini fino alla metà del XIX secolo, quando comunque pare fossero usati come pietanze dolci e non salate.
Alcuni hanno però ipotizzato che abbiano una datazione molto più antica. L’uso dello zafferano e del riso, infatti, potrebbe far pensare ad un’origine araba di questa pietanza, mentre qualcuno ha ipotizzato che la panatura risalga al tempo di Federico II. In ogni caso sono solo supposizioni, non suffragate da prove o documenti storici.
La ricetta
La preparazione comincia lessando il riso in 1 litro e 200 millilitri di acqua bollente, continuando fino a quando l’acqua non sia completamente assorbita. Bisogna poi far cuocere il riso per altri 15 minuti, aggiungendoci lo zafferano (precedentemente sciolto in acqua calda) e il burro tagliato a pezzetti.
A questo punto si deve aggiungere il formaggio grattugiato, mescolando il tutto. Dopo aver messo a riposare e raffreddato il riso, iniziate a preparare il ripieno: prima di tutto affettate la cipolla e fatela stufare con un po’ d’olio e di burro. Aggiungete poi la carne macinata e il vino, fino a quando quest’ultimo sfuma.
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Aggiungete pomodoro e fate cuocere per almeno 20 minuti, versando i piselli e poca acqua a metà cottura. Preparate intanto dei cubetti di caciocavallo.
Quando saranno passate due ore dal momento in cui avete messo il riso a raffreddare potrete iniziare a plasmare gli arancini. Prendete due cucchiai di riso e formate una palla concava, mettendoci all’interno un cucchiaino di ragù e qualche cubetto di caciocavallo, richiudendo poi la palla con altro riso.
La pastella e gli ingredienti
Dopo aver ripetuto l’operazione per tutti gli arancini, arriva il momento di preparare la pastella. In una ciotola versate la farina, l’acqua a filo e un po’ di sale. Mescolate con una frusta e poi inseritevi, uno ad uno, gli arancini, ricoprendoli interamente.
Una volta estratti, rotolateli nel pangrattato che avrete predisposto prima di cominciare. Infine, friggete gli arancini in un pentolino con olio bollente e servite ancora caldi.
Ingredienti per 12 arancini
500 grammi di riso vialone nano
100 grammi di maiale macinato
80 grammi di pisellini
200 millilitri di passata di pomodoro
200 grammi di farina 00
1 bustina di zafferano
55 grammi di burro
100 grammi di caciocavallo stagionato
50 grammi di caciocavallo fresco
50 millilitri di vino rosso
mezza cipolla
olio extravergine d’oliva
olio di semi
sale fino
pepe nero
pangrattato
5. Panelle
Concludiamo la nostra panoramica con quello che è forse il più famoso cibo da strada siciliano: la panella. Con questo nome si identifica infatti una frittella di farina di ceci che viene di solito venduta lungo le strade, anche dagli ambulanti, in mezzo a due fette di pane con semi di sesamo, chiamate “mafalde”.
La loro storia è probabilmente molto antica, così com’è antico l’uso della farina di ceci nell’area del Mediterraneo. Focacce e piatti realizzati con questa farina erano presenti fin dall’epoca della dominazione greca, ma il passaggio alla frittura è probabilmente più tardo.

Secondo molti, l’invenzione della panella come la conosciamo oggi si deve infatti alla dominazione angioina, attorno al XIII secolo. I francesi pare ne fossero anzi molto ghiotti, e questo contribuì alla fortuna del piatto.
In Sicilia viene consumato frequentemente ancora oggi, spesso accompagnato con crocchette di patate o con altro cibo fritto. Ne esiste inoltre una variante dolce che viene preparata il 13 dicembre, in occasione della festa di Santa Lucia, con anche di solito un ripieno di crema.
La ricetta
Versare in una pentola capiente l’acqua e, a freddo, riversarvi sopra la farina di ceci, setacciandola. Mescolare con forza e accendere il fuoco, aggiungendo sale e pepe, continuando comunque a smuovere il tutto. Quando il composto comincerà a bollire, contare altri 10 minuti circa.
Con il composto ora piuttosto compatto, aggiungere un po’ di prezzemolo e amalgamare il tutto. Prima che si raffreddi, va poi spalmato su un piano in cui non possa attaccarsi più di tanto, a formare svariati cerchi dallo spessore di pochi millimetri.
Aspettate che questi cerchi si raffreddino e si possano staccare senza rompersi. A questo punto friggete le panelle in olio caldo per pochi minuti, facendole dorare da entrambi i lati. Dopo averle scolate, tagliate a metà i panini e inseriteci in mezzo da 3 a 5 panelle, a vostro gusto. E servitele ancora calde.
Ingredienti per 10 panelle
100 grammi di farina di ceci
300 millilitri d’acqua
qualche grammo di sale fino
prezzemolo da tritare
panini al sesamo
olio di semi
pepe nero
Note e approfondimenti
[1] Se si dica “arancino” o “arancina” è stato argomento di discussione anche feroce negli anni. Della questione si è occupata anche l’Accademia della Crusca, concludendo che sono da accettare entrambe le dizioni. Qui la loro analisi. ↑