Cinque poesie sulla speranza da leggere nei momenti difficili

Le migliori poesie sulla speranza

Ci sono momenti nella vita in cui tutto sembra andare storto, e la strada davanti a noi appare oscura e incerta. Sono questi i momenti in cui ci rivolgiamo alla poesia, alla sua capacità unica di trascendere le difficoltà terrene e di toccare il cuore umano con parole di conforto, ispirazione e, soprattutto, speranza.

La speranza è un’ancora nel tumulto della vita, un faro che ci guida attraverso le tempeste più feroci. È un messaggio universale, che risuona in tutte le culture e in tutti i tempi, e che è stato esplorato da poeti di ogni epoca.

Questo articolo mette in evidenza cinque poesie sulla speranza: ognuna di esse offre una prospettiva unica su questo sentimento eterno. Le abbiamo scelte per la loro capacità di elevare lo spirito e infondere coraggio quando più ne abbiamo bisogno. Sono poesie che parlano al cuore, che ci ricordano che la speranza è sempre alla nostra portata.

 

1. La speranza è un essere piumato

Di Emily Dickinson

La speranza è un essere piumato è una delle opere più famose di Emily Dickinson, poetessa americana conosciuta per le sue liriche intense e personali. In questa poesia Dickinson usa l’immagine di un uccello per rappresentare la speranza, che descrive come qualcosa che “si posa sull’anima”, canta incessantemente e non chiede nulla in cambio.

Questa rappresentazione della speranza come un uccello instancabile e resistente sottolinea la sua natura resiliente: nonostante le tempeste e le avversità, la speranza continua a cantare e a riscaldare molti cuori.

La speranza dunque, secondo la Dickinson, è un fenomeno universale, ascoltato nelle terre più fredde e sugli oceani più strani, ma non chiede mai nulla in cambio.

La speranza è un essere piumato
che si posa sull’anima,
canta melodie senza parole e non finisce mai.
La brezza ne diffonde l’armonia,
e solo una tempesta violentissima
potrebbe sconcertare l’uccellino
che ha consolato tanti.
L’ho ascoltato nella terra più fredda
e sui più strani mari.
Eppure neanche nella necessità
ha chiesto mai una briciola – a me.

 

2. Ancora mi solleverò

Di Maya Angelou

Ancora mi solleverò è una poesia di Maya Angelou, una delle più importanti voci letterarie e attiviste afroamericane del XX secolo. Pubblicata per la prima volta nel 1978, la poesia è una celebrazione della resistenza e della resilienza di fronte all’oppressione e all’ingiustizia.

Con un tono fiero e spesso di sfida, la Angelou proclama la sua forza e la sua inarrestabile ascesa, nonostante le sfide che ha dovuto affrontare. Questa opera è un vero inno alla dignità e all’autostima, sottolineando il potere dell’autodeterminazione e del rifiuto di rimanere abbattuto dalle avversità.

Puoi svalutarmi nella storia
Con le tue amare, contorte bugie,
Puoi schiacciarmi a fondo nello sporco
Ma ancora, come la polvere, mi solleverò
 
La mia impertinenza ti infastidisce?
Perché sei così coperto di oscurità?
Perché io cammino come se avessi pozzi di petrolio
Che pompano nel mio soggiorno
 
Proprio come le lune e come i soli,
Con la certezza delle maree,
Proprio come le speranze che si librano alte,
Ancora mi solleverò
 
Volevi vedermi distrutta?
Testa china ed occhi bassi?
Spalle che cadono come lacrime,
Indebolita dai miei pianti di dolore.
 
La mia arroganza ti offende?
Non prenderla troppo male
Perché io rido come se avessi miniere d’oro
Scavate nel mio giardino
 
Puoi spararmi con le tue parole,
Puoi tagliarmi coi tuoi occhi,
Puoi uccidermi con il tuo odio,
Ma ancora, come l’aria, mi solleverò.
 
La mia sensualità ti disturba?
Ti giunge come una sorpresa
Che io balli come se avessi diamanti
Al congiungersi delle mie cosce?
 
Fuori dalle capanne della vergogna della storia
Io mi sollevo
In alto, da un passato che ha radici nel dolore
Io mi sollevo
Sono un oceano nero, agitato e vasto,
Sgorgando e crescendo genero nella marea.
 
Lasciando dietro notti di terrore e paura
Io mi sollevo
In un nuovo giorno che è meravigliosamente limpido
Io mi sollevo
Portando i doni che i miei antenati hanno dato,
Sono il sogno e la speranza dello schiavo.
Io mi sollevo
Io mi sollevo
Io mi sollevo

 

3. Se

Di Rudyard Kipling

Se è una delle poesie più famose di Rudyard Kipling, pubblicata per la prima volta nel 1910. Conosciuta per i suoi versi ispiratori e saggi, la poesia offre un modello di virtù e rettitudine. Kipling usa il formato di un discorso diretto, parlando come un padre che impartisce saggi consigli al suo figlio.

La poesia è piena di contrasti – tra il successo e il fallimento, la verità e la menzogna, il bene e il male – e insegna al lettore a navigare attraverso questi opposti con dignità e integrità. Inoltre, Se esorta il lettore a mantenere la pazienza, l’onestà, la fiducia in se stesso e la perseveranza.

Se riuscirai a mantenere la calma quando tutti intorno a te
la perdono, e te ne fanno una colpa.
Se riuscirai a avere fiducia in te quando tutti ne dubitano,
ma anche a tener conto del dubbio.
Se riuscirai ad aspettare senza stancarti di aspettare,
O essendo calunniato, non rispondere con la calunnia,
O essendo odiato a non lasciarti prendere dall’odio,
Senza tuttavia sembrare troppo buono, né parlare troppo da saggio;
 
Se riuscirai a sognare, senza fare del sogno il tuo padrone;
Se riuscirai a pensare, senza fare del pensiero il tuo scopo,
Se riuscirai a confrontarti con Trionfo e Rovina
E trattare allo stesso modo questi due impostori.
Se riuscirai a sopportare di sentire le verità che hai detto
distorta dai furfanti per ingannare gli sciocchi,
o a vedere le cose per cui hai dato la vita, distrutte,
e piegarti a ricostruirle con strumenti ormai logori.
 
Se riuscirai a fare un solo mucchio di tutte le tue fortune
e rischiarle in un colpo solo a testa e croce,
e perdere, e ricominciare di nuovo dal principio
senza mai far parola della tua perdita.
Se riuscirai a costringere cuore, nervi e tendini
a servire il tuo traguardo quando sono da tempo sfiniti,
E a tenere duro quando in te non resta altro
se non la Volontà che dice loro: “Tenete duro!”
 
Se riuscirai a parlare alla folla e a conservare la tua virtù,
O passeggiare con i Re, senza perdere il senso comune,
Se né i nemici né gli amici più cari potranno ferirti,
Se per te ogni persona conterà, ma nessuno troppo.
Se riuscirai a riempire l’inesorabile minuto
Con un istante del valore di sessanta secondi,
Tua sarà la Terra e tutto ciò che è in essa,
E — quel che più conta — sarai un Uomo, figlio mio!

 

4. Non andartene, docile, in quella notte buona

Di Dylan Thomas

Non andartene, docile, in quella notte buona è una delle poesie più famose di Dylan Thomas, poeta gallese del XX secolo. Scritta nel 1951, è una potente esortazione a vivere pienamente, a combattere contro l’inevitabilità della morte, e a non cedere pacificamente al buio della notte, una metafora per la fine della vita.

La poesia è un villanelle, un tipo di lirica che ha una struttura molto specifica di rime e ripetizioni. Questo forma rigida contrasta con il messaggio passionale e tumultuoso della poesia.

L’uso ripetuto della frase «Infuriati, infuriati contro il morire della luce» enfatizza il desiderio dell’autore di resistere alla morte e all’oscurità, e di vivere ogni momento con intensità e passione. Nonostante sia una poesia che affronta la morte, il suo messaggio è di speranza e resistenza, rendendola una lettura potente e ispiratrice.

Non andartene docile in quella buona notte,
i vecchi dovrebbero bruciare e delirare al serrarsi del giorno;
infuria, infuria, contro il morire della luce.
 
Benché i saggi conoscano alla fine che la tenebra è giusta
perché dalle loro parole non diramarono fulmini
non se ne vanno docili in quella buona notte.
 
I probi, con l’ultima onda, gridando quanto splendide
le loro deboli gesta danzerebbero in una verde baia,
s’infuriano, s’infuriano contro il morire della luce.
 
Gli impulsivi che il sole presero al volo e cantarono,
troppo tardi imparando d’averne afflitto il cammino,
non se ne vanno docili in quella buona notte.
 
Gli austeri, prossimi alla morte, con cieca vista accorgendosi
che occhi spenti potevano brillare come meteore e gioire,
s’infuriano, s’infuriano contro il morire della luce.
 
E tu, padre mio, là sulla triste altura maledicimi,
benedicimi, ora, con le tue lacrime furiose, te ne prego.
Non andartene docile in quella buona notte.
Infuriati, infuriati contro il morire della luce.

 

5. Invictus

Di William Ernest Henley

La poesia finale della nostra cinquina è la toccante Invictus di William Ernest Henley. Pubblicata per la prima volta nel 1875, questa poesia è diventata un simbolo di resistenza e forza interiore. Scritta mentre Henley era in ospedale e stava affrontando l’amputazione del piede, è una dichiarazione di autodeterminazione e di resistenza al dolore e alla sofferenza.

La poesia inizia con una descrizione di un’oscurità che ricopre il poeta “nera come la fossa da un polo all’altro”. Ma nonostante questa oscurità, ringrazia “gli dei qualunque essi siano” per la sua “anima invincibile”. Nonostante le avversità della vita, l’autore rimane imperturbabile, il suo spirito è “sanguinante, ma indomito”.

La poesia si conclude con i due versi più famosi, e forse i più potenti: «Io sono il padrone del mio destino: / Io sono il capitano della mia anima». Queste parole risuonano come un inno alla resilienza umana e alla volontà di resistere alle avversità. In momenti difficili, Invictus può fornire una luce di speranza e di forza.

Non sorprende che sia stata fonte di ispirazione per molte persone nel corso degli anni, da Nelson Mandela durante la sua prigionia a innumerevoli lettori di tutto il mondo​​.

Dal profondo della notte che mi ricopre
Nera come la fossa da un polo all’altro
Ringrazio gli dei qualunque essi siano
Per la mia anima indomabile.
Nella stretta morsa delle avversità
Non mi sono tirato indietro né ho gridato.
Sotto i colpi d’ascia della sorte
Il mio capo è sanguinante, ma indomito.
Oltre questo luogo di collera e lacrime
Incombe soltanto l’orrore delle ombre.
Eppure la minaccia degli anni
Mi trova, e mi troverà, senza paura.
Non importa quanto stretto sia il passaggio,
Quanto piena di castighi la vita.
Io sono il padrone del mio destino:
Io sono il capitano della mia anima.

 

E voi, quale poesia sulla speranza preferite?

Ecco cinque belle poesie sulla speranza: vota la tua preferita.

 

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