Cinque quadri famosi con illusioni ottiche che vi lasceranno a bocca aperta

La dimensione onirica è come sempre ben presente in

La pittura è stata per lunghissimo tempo un’arte rappresentativa: il suo scopo primario, infatti, era quello di rappresentare la realtà, di documentare i fatti storici, di ritrarre i personaggi più famosi di ogni epoca. Questo non ha evitato, però, ad alcuni artisti nel corso dei secoli di sperimentare soluzioni più fantasiose, in cui creare scenari onirici o mondi inesistenti. Una tendenza che si è fatta inevitabilmente più forte nel corso del Novecento, quando la fotografia ha rubato – in maniera irreversibile – alla pittura il compito di fermare il momento storico.

Particolarmente interessanti, in questo senso, sono quegli artisti che hanno provato a creare delle illusioni ottiche, cioè a giocare con le immagini in modo da ingannare l’occhio dello spettatore. Lo scopo di un’operazione del genere è spesso provocatorio e ludico: cioè nasconde il tentativo di mostrare come il mondo che abbiamo davanti agli occhi sia meno scontato di quanto ci possa sembrare a prima vista, e che dietro all’apparenza si presenta una realtà più complessa, spesso vivace e vagamente inquietante. Ma quali sono stati i principali maestri di questa tipologia di dipinti? Scopriamolo attraverso cinque quadri famosi con illusioni ottiche.

 

Estate di Giuseppe Arcimboldo

I volti composti dai prodotti della terra

"Estate" di Giuseppe Arcimboldo, celebre dipinto cinquecentescoIl primo, grande pittore capace di giocare con la sua arte, in un’epoca che tra l’altro riscopriva proprio il gusto per lo scherzo, è stato senza dubbio Giuseppe Arcimboldo. Nato e vissuto a Milano nel corso del ‘500, proveniva dal ramo cadetto di una famiglia nobiliare e aveva iniziato molto presto ad esercitare l’arte della pittura, formandosi nell’ambiente lombardo. Era, quello, un secolo in cui Milano si ritrovava ancora ad essere una delle grandi capitali europee almeno dal punto di vista culturale (mentre politicamente iniziava ad essere assoggettata allo straniero) e il clima rinascimentale dava libero spazio allo scherzo, allo sfogo, alla burla. In questo clima, Arcimboldo riuscì a trovare un proprio stile e a prosperare, diventando in breve tempo noto in tutta Europa.

Il momento più eclatante della sua carriera arrivò nel 1562, quando l’imperatore Massimiliano II d’Asburgo lo convocò a Vienna, invitandolo a risiedere a corte con un lauto stipendio e a lavorare per la nobiltà della città. A noi, di quel periodo che doveva essere pieno di commissioni e opere, è in realtà arrivato abbastanza poco, cosa che non ci permette di comprendere appieno le evoluzioni stilistiche del maestro milanese. In ogni caso, sappiamo per certo che realizzò tutta una serie di ritratti in cui il volto del soggetto era composto da ortaggi, frutti ed altri elementi naturali, spesso con finalità allegoriche. Così si spiega anche Estate, uno dei suoi quadri più famosi, in cui il volto della stagione è rappresentato con i prodotti della terra tipici di quella parte dell’anno.

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Relatività di M.C. Escher

Le litografie e le incisioni del maestro del paradosso

"Relatività" è una delle più famose litografie dell'olandese M.C. Escher, un maestro nel giocare con le illusioni otticheFacciamo un salto secolare in avanti – che ci dimostra quanto fosse innovativo lo stile di Arcimboldo per l’epoca in cui operava – e catapultiamoci nel Novecento, il secolo che più di tutti ha visto il trionfo dell’illusione ottica applicata all’arte. Uno degli interpreti più celebri dei paradossi legati alla vista, alla forma e alla prospettiva è stato indubbiamente l’olandese M.C. Escher, specialista in litografie e incisioni più che quadri veri e propri ma, nonostante questo, capace di lasciare un segno indelebile nell’immaginario del suo secolo, vedendosi citato in copertine di opere letterarie, stampe, pubblicità e quant’altro. Nato nel 1898, si formò come artista decorativo, ma fu soprattutto l’incontro con gli arabeschi di Granada, in Spagna, a convincerlo ad esplorare i motivi grafici ricorsivi che avrebbero contraddistinto poi molte sue opere. Visse anche per una decina d’anni in Italia, prima di trasferirsi definitivamente nella natia Olanda durante la Seconda guerra mondiale, e lì realizzare i suoi capolavori.

Relatività, come detto, non è propriamente un quadro, ma più precisamente una litografia, ed è comunque una delle opere più apprezzate dell’artista, studiata soprattutto da logici, matematici e fisici, che amano la capacità visiva di dimostrare i paradossi della realtà e della percezione. Qui il centro sono le scale, un soggetto che ritorna spesso nelle opere dell’olandese: il gioco consiste nel dimostrare che la prospettiva e il senso dello spazio possono essere non solo facilmente ingannate, ma che probabilmente giocano su una nostra percezione che è frutto di una razionalizzazione che potrebbe non corrispondere all’effettiva realtà delle cose.

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Cigni che riflettono elefanti di Salvador Dalí

Il surrealismo si fonde con l’illusione ottica

La dimensione onirica è come sempre ben presente in "Cigni che riflettono elefanti" di Salvador DalíSalvador Dalí non ve lo dobbiamo certo presentare noi: si tratta di uno dei più famosi e fantasiosi pittori del Novecento, esponente di punta del surrealismo ma capace anche di trovare una strada propria in mezzo a tutte le correnti che affollavano la scena artistica all’incirca un secolo fa. I suoi quadri, almeno quelli più famosi realizzati tra la metà degli anni Venti e la fine della Seconda guerra mondiale, sono frutto di esperienze oniriche, in cui ciò che viene mostrato è sempre una deformazione della realtà, ma una deformazione in cui non manca la dimensione ludica, che il pittore spagnolo amava inserire in ogni sua opera. Provocatore per eccellenza, sfruttava il sogno per poter mettere sulla tela riferimenti sessuali anche piuttosto espliciti per l’epoca e giochi di figure che si intrecciavano tra loro.


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Uno dei suoi quadri più famosi, in questo senso, è La metamorfosi di Narciso, in cui una mano che tiene in uovo viene resa praticamente identica a un uomo che riflette su se stesso, mentre altre illusioni si affacciano sulla tela. Ancora più convincente, almeno dal punto di vista dell’imbroglio ottico, è a nostro avviso Cigni che riflettono elefanti, un dipinto realizzato nel 1937, nel periodo cioè più fecondo della produzione di Dalí: qui l’inganno è affidato a tre cigni su un piccolo lago, cigni che quando si riflettono sull’acqua, con la complicità della vegetazione circostante, appaiono proprio come elefanti, in pose tra l’altro diverse. I soliti paesaggi alla Dalí, con toni terrosi e vacui ma anche con la deformazione della natura, fanno il resto.

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Zebre che corrono di Victor Vasarely

I lavori del padre dell’Op Art

"Zebre che corrono", uno dei molti quadri realizzati in questo stile dal padre dell'op art, Victor VasarelyI pittori e gli illustratori che abbiamo presentato finora erano in un certo senso dei cani sciolti: è vero che Dalí agì all’interno di una corrente pittorica che ebbe un discreto successo, e che Arcimboldo poté creare il suo stile solo nell’ambito di quel Rinascimento che finalmente cominciava a riaprire le porte verso la sperimentazione ardita, ma nessuno di loro seppe fare scuola, rimanendo un caso sostanzialmente isolato. Diverso è quello che è accaduto, invece, a Victor Vasarely, padre della Op Art, una corrente sviluppatasi soprattutto negli anni ’60 e ’70 che metteva al centro della propria ricerca proprio le illusioni ottiche, tanto è vero che avremmo potuto benissimo costruire quest’articolo centrandolo solo su esponenti di questa avanguardia (cosa che non ci avrebbe permesso, però, di dar conto dell’evoluzione storica di questa tendenza).

Vasarely, ungherese, nacque nel 1906; già in patria iniziò ad interessarsi ad un’arte che non rappresentasse la realtà – cosa che la pittura non aveva più bisogno di fare –, ma che mettesse in scena quello che altrove non si poteva vedere, cioè soprattutto composizioni geometriche. Furono queste, anzi, a fargli da apripista quando decise di trasferirsi a Parigi, allora vera capitale delle avanguardie artistiche, lavorando prima come pubblicitario ed avvicinandosi poi all’arte cinetica. Il successo, però, sarebbe arrivato soprattutto nel dopoguerra, quando, ormai sempre più immerso nella vita intellettuale parigina, cercò di formalizzare la sua ricerca in un libro, il Manifesto giallo, in cui sosteneva che l’arte non doveva più parlare al cuore degli uomini, ma alla loro retina. Zebre che corrono, il quadro che abbiamo scelto, è solo uno dei molti dipinti che hanno un soggetto simile, in cui il bianco e il nero delle zebre (e dello sfondo) si intrecciano in un gioco di linee che è ancora, apparentemente, rappresentativo, ma che è anche una sfida all’occhio dell’osservatore.

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The Sun Sets Sail di Rob Gonsalves

Il realismo magico contemporaneo

"The Sun Sets Sail" del canadese Robert Gonsalves, considerato l'erede della tradizione dei Dalí e dei VasarelyConcludiamo, per tener fede al nostro tentativo di dare una dimensione storica alla nostra lista, con un dipinto molto più recente, The Sun Sets Sail, realizzato dall’artista canadese Robert Gonsalves. Nato a Toronto nel 1959, il pittore – che in questi anni si è conquistato una certa fama sul web grazie alle sue composizioni ardite – si è formato da un lato sull’opera dei surrealisti (Dalí, ma anche e soprattutto Magritte), dall’altro sulle litografie e sugli inganni ottici di Escher, mescolando il tutto con un gusto più contemporaneo. Esponente di quella corrente che i critici chiamano, con un termine mutuato dalla letteratura, realismo magico, Gonsalves è anche uno specialista del trompe-l’œil, cioè quella particolare illusione – diffusa già da prima del Rinascimento – che permette di giocare sulla prospettiva per far apparire un’architettura che in realtà non esiste (ad esempio, dipingendo una cupola su un soffitto piatto, o una nicchia su una parete).

Quest’esperienza, che si mescola anche all’attività di architetto, ha portato Gonsalves a pubblicare vari libri colmi delle sue illustrazioni, tra cui forse la più famosa è quella che vedete qui a fianco, in cui una strada sospesa sul mare – un soggetto che tra l’altro ritorna spesso nell’opera del canadese – perde consistenza, sciogliendosi nel cielo, mentre gli archi che la sostenevano si trasformano in navi del passato. Gonsalves espone oggi con una certa costanza in varie gallerie degli Stati Uniti.

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