Cinque regole fondamentali della religione musulmana

Alla scoperta delle regole della religione musulmana

In questi ultimi anni, complici da un lato le ondate migratorie e dall’altro il problema del terrorismo religioso, si parla spesso di Islam, a tutti i livelli: ne parlano i politici come la gente comune, gli esperti come gli inesperti, gli agitatori e i pacificatori. Se ne parla anche perché, effettivamente, nel nostro paese Cristianesimo e Islam si trovano a convivere sempre più spesso (e sempre più spesso anche con altri culti), all’interno delle aule scolastiche, degli ospedali, dei luoghi di lavoro.

Abbiamo visto, qualche tempo fa, come queste due grandi religioni – quella fondata da Gesù Cristo e quella fondata da Maometto – si spartiscano in tutto quasi 4 miliardi di fedeli nel mondo, cioè la metà dell’intera popolazione del pianeta.


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E allora, anche con l’intento di far sì che ci si cominci a conoscere meglio e ad evitare facili stereotipi, presentiamo oggi cinque regole fondamentali della religione musulmana, ovvero quelli che i fedeli definiscono i cinque pilastri dell’Islam.

 

1. Le testimonianze di fede

La shahada

Secondo il Corano, ogni musulmano, per definirsi tale, deve rispettare almeno cinque doveri fondamentali, appunto cinque pilastri che sono accettati da tutte le diverse fedi islamiche (anche se alcune, come gli sciiti ed altre sigle minori, ne aggiungono un sesto, la jihad).

Il primo e più importante di questi pilastri è una sorta di professione di fede, che sancisce l’adesione del fedele alla religione islamica. Questa testimonianza di fede è chiamata shahada e in traduzione italiana suona così: «Testimonio che non c’è divinità se non Allah e testimonio che Maometto è il Suo Messaggero».

La bandiera dell'Arabia Saudita

In realtà, come abbiamo scritto nel titolo di questo paragrafo, non si tratta nemmeno di un’unica testimonianza di fede, ma di due.

La religione musulmana infatti sottolinea come in quella frase sia contenuta prima la dichiarazione dell’unicità di Dio, e quindi del monoteismo, e poi l’affermazione del ruolo di Maometto come suo portavoce e quindi come profeta.

Perché questa formula sancisca l’adesione vera del credente deve essere pronunciata davanti ad almeno due testimoni ed espressa con retta intenzione.

Sulle bandiere

La si può sentire, nell’originale arabo, all’interno delle consuete preghiere islamiche di cui parleremo nel prossimo punto, visto che viene pronunciata più volte durante il rituale.

La si può però anche leggere – di solito in caratteri bianchi su fondo verde – su alcune bandiere di paesi islamici come quella dell’Arabia Saudita o del Somaliland, ma anche dei Talebani e dell’ISIS.

 

2. La preghiera quotidiana

Cinque volte al giorno, tutti i giorni

Oltre a fare professione di fede, ogni musulmano è ovviamente chiamato a pregare quotidianamente. La preghiera rituale, chiamata ṣalāt, deve essere svolta cinque volte al giorno: al mattino, a mezzogiorno, a metà pomeriggio, al tramonto e un’ora e mezza dopo il tramonto.

Tale preghiera viene effettuata dagli uomini all’interno di una moschea, ma, soprattutto nei paesi occidentali, è consentito pregare anche sul lavoro o a scuola, a patto di mettere una stuoia pulita per terra e di rivolgersi in direzione della Mecca.

Una delle regole più importanti della religione musulmana è la preghiera

Prima di procedere con la preghiera – i cui orari sono calcolati con estrema precisione sulla base del levare e del calare del sole, cosa che storicamente ha spinto i musulmani a specializzarsi nei calcoli astronomici –, il fedele deve essere in uno stato di purità.

Questo implica che debba lavarsi con acqua pura le mani, la bocca, il naso, il volto, le braccia, la testa, le orecchie e i piedi.

Le posizioni e i saluti finali

La preghiera viene recitata in arabo, anche da chi non dovesse conoscere questa lingua perché l’arabo è la lingua scelta per il Corano e quindi è lingua sacra. La posizione tenuta dal fedele varia in base ai momenti: si sta in piedi, inchinati, inginocchiati ed anche prostrati.

Al termine del rituale, il fedele deve guardare a destra e a sinistra di sé recitando una formula che si può tradurre con «La pace sia su di te e dentro di te», rivolta sia ai compagni di preghiera, sia ai due angeli che secondo la religione accompagnano ogni persona.

 

3. L’elemosina

A quanto ammonta la zakat

Come abbiamo appena finito di vedere, uno dei concetti fondamentali del credo musulmano è quello della purezza degli adepti. Una purezza che non può essere ottenuta solo coi lavaggi rituali, ma anche tramite l’elemosina.

Ogni musulmano, infatti, è chiamato a compiere la zakat, l’elemosina legale, per aiutarsi a ricordare che tutto ciò che c’è nel mondo è di Dio.

L'importanza dell'elemosina e della cura dei poveri nel mondo islamico

La quantità di denaro da donare viene calcolata individualmente da ogni credente, ma in genere si reputa che possa consistere nel 2,5% del totale del denaro guadagnato in un anno, tolte le spese per beni di necessità.

Questa cifra viene solitamente destinata al sostentamento delle categorie più povere della popolazione islamica (vedove, orfani, poveri in genere) ma anche per il culto (per le moschee, per i pellegrini e così via).

Obbligatoria, non volontaria

È da notare che questa elemosina non è volontaria, come invece avviene nel mondo cristiano, ma è ritenuta un dovere del fedele, tanto è vero che all’epoca del califfato esistevano degli appositi emissari che andavano a riscuotere le cifre dovute.

Oggi, come detto, non ci sono più tali controlli, ma le statistiche anche nei paesi occidentali ci confermano che i musulmani donano in beneficenza molto più denaro di altre fedi.

Un’indagine in Gran Bretagna li ha infatti messi al primo posto tra le comunità religiose, davanti a quella ebraica, a quella evangelica, a quella cattolica e agli atei.

 

4. Il Ramadan

Il mese di digiuno

Probabilmente il più famoso tra i cinque pilastri della religione musulmana è quello che noi occidentali chiamiamo – non del tutto propriamente – il Ramadan, ma che in realtà viene denominato sawm.

Si tratta di un mese di digiuno durante le ore diurne che ogni musulmano è chiamato a praticare se vuole definirsi tale, e che in alcuni paesi islamici ha talmente tanta forza da portare all’arresto di chi viene visto a mangiare in pubblico durante questo mese, in quanto atto che turba la morale comune.

Un frugale pasto turco con cui si spezza il digiuno del Ramadan

In concreto, il digiuno si svolge per 29 o 30 giorni durante il mese appunto di Ramadan (che è quindi il nome di un periodo e non del digiuno).

Dato che il calendario islamico è strutturato in maniera diversa da quello gregoriano e gli anni durano 354 o 355 giorni, il Ramadan ogni anno slitta di dieci giorni, variando quindi continuamente stagione: ad esempio, in questo 2015 si è svolto tra giugno e luglio, ma già nel 2020 si sarà spostato al periodo tra aprile e maggio.

Digiuno da cosa e chi ne è esentato

Durante questo mese il buon musulmano deve astenersi, dal sorgere del sole al suo tramonto, dal mangiare, dal bere, dal fumare e dagli atti sessuali.

Sono esentati dalla prescrizione i bambini, le donne che stanno allattando e i malati, mentre chi si trova in viaggio può non rispettare il divieto per qualche giorno ma deve poi recuperare i giorni persi.

Inoltre grande importanza è data alla lettura del Corano – che fu rivelato proprio in questo mese – e alla lotta contro i cattivi pensieri, la rabbia e le azioni malvagie.

 

5. Il pellegrinaggio alla Mecca

Il complesso rituale

L’ultimo dei cinque grandi pilastri è l’hajj, cioè il pellegrinaggio alla Mecca, che ogni fedele che ne abbia le possibilità economiche e fisiche è obbligato a fare almeno una volta nella vita.

Tale pellegrinaggio è regolamentato sia nel periodo dell’anno, sia nei rituali da seguire una volta giunti alla città santa; pellegrinaggi in altri momenti o anche verso mete diverse (come la Moschea del Profeta a Medina) sono facoltativi e non esauriscono la prescrizione dell’hajj.

La Kaaba alla Mecca

Il periodo giusto per recarsi in Arabia Saudita è il mese di Dhu l-Hijja, l’ultimo del calendario islamico; come detto per il Ramadan, anche questo varia di anno in anno.

Dalla Kaaba al sacrificio

Per quanto riguarda i riti, il pellegrino deve compiere varie azioni: in primo luogo, dichiarare le proprie intenzioni; poi purificarsi con un lavaggio completo del corpo.

Quindi girare per sette volte in senso antiorario attorno alla Kaaba, il grande cubo ricoperto da un drappo nero al centro della spianata sacra che costituisce il luogo più sacro di tutto l’Islam.

Dopodiché, bisogna percorrere sette volte il percorso tra Safa e Marwa; poi spostarsi fuori città, a sud, verso Mina; quindi salire al Monte della Misericordia; quindi ancora, a Mina, sacrificare un animale a Dio.

Poi lanciare sette sassolini contro una stele che rappresenta simbolicamente il diavolo; quindi rasare i capelli, ritornare alla Kaaba e infine vivere i “giorni della gioia” in cui è vietato digiunare.

 

E voi, quale regola della religione musulmana preferite?

Ecco cinque regole fondamentali della religione musulmana: vota la tua preferita.

 

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