
Il Novecento viene ricordato soprattutto per l’intensità degli eventi storici che lo hanno segnato, ma in realtà il progresso si è manifestato in diversi ambiti: da quello cinematografico a quello tecnologico, da quello musicale a quello artistico.
Anche la letteratura di questo periodo merita grande considerazione perché comincia a farsi strada, soprattutto dalla seconda metà del secolo, un movimento letterario che conferisce notorietà a Paesi che fino a quel momento non si erano esposti in quest’ambito. Si tratta del realismo magico che ha appunto il merito di aver favorito il cosiddetto “boom” delle letterature latinoamericane.
Gli elementi magici
Molti autori hanno abbracciato questa corrente, inserendo nei loro capolavori elementi magici che il lettore percepisce nonostante non vengano mai spiegati: il folklore, le leggende, la mescolanza culturale e l’assenza di temporalità conferiscono alle opere un equilibrio e un’unità singolari. Dopo aver sfogliato qualche pagina ci si ritroverà così immersi in una realtà astratta ma psicologicamente coinvolgente, spesso velata di malinconia. Scopriamo quindi cinque tra i romanzi latinoamericani di questa corrente.
Indice
Gabriel García Márquez – Cent’anni di solitudine
La storia della Colombia in chiave metaforica
Capolavoro dello scrittore colombiano Gabriel García Márquez, Cent’anni di solitudine è l’opera che, a partire dalla sua pubblicazione nel 1967, inaugura questa corrente letteraria. Protagonista è la famiglia Buendía, colpita più da disgrazie che da gioie e che, pagina dopo pagina, ci farà scivolare attraverso le sue sette generazioni, prima fra tutte quella di Aureliano, fondatore di Macondo e quindi capostipite della sua stirpe. Si assisterà così al progressivo sviluppo del paesino della Colombia caraibica che sarà inizialmente quasi isolato dal resto del mondo ma, durante i cento anni in cui farà da sfondo alle varie vicende, diverrà sempre più tecnologico, ampliando i suoi confini.
Il lettore sarà anche testimone della mentalità bigotta degli abitanti, verrà angosciato dai pianti inconsolabili delle donne malate d’amore, verrà travolto dalle passioni che comprometteranno la vita dei personaggi e, soprattutto, leggerà l’interpretazione metaforica della storia della Colombia stessa. La fondazione di Macondo rappresenterà così l’unificazione del Paese, mentre la guerra dei mille giorni si celerà tra le righe che narrano le sollevazioni di Aureliano Buendía.
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Inutile dire che, grazie alla perfetta mescolanza di tutti questi elementi, l’opera di Márquez fu un successo, tanto che gli permise di aggiudicarsi il premio Nobel nel 1982. La critica accolse il romanzo quasi con devozione. Cent’anni di solitudine fu apprezzato, citato, applaudito, e nel 2007 venne definito il miglior romanzo in lingua spagnola, secondo solamente al Don Chisciotte.
Julio Cortázar – Rayuela. Il gioco del mondo
L’Ulisse dell’America Latina
All’epoca di Cent’anni di solitudine il realismo magico aveva già cominciato a diffondersi: ne è prova Il gioco del mondo (1963), opera dello scrittore Julio Cortázar, belga di nascita e francese di adozione, ma con origini argentine.
Più che per le vicende del protagonista Horacio Oliveira, il romanzo si distingue per l’estrema originalità della sua struttura, studiata appositamente dall’autore in modo da offrire tre diverse modalità di lettura. Oltre a quella tradizionale, Cortázar invita infatti il lettore a seguirne una da lui tracciata: si tratta di un metodo per far sì che le vicende sembrino non avere fine. I capitoli possono anche essere letti in ordine sparso, in questo modo le avventure dei personaggi passano in secondo piano, mentre acquistano importanza le loro riflessioni su temi quali la morte, l’amore, l’arte e le passioni.
Appare evidente che Julio Cortázar voglia essere presente nel suo romanzo, a partire dal fatto che si impegni per indicare al lettore la maniera più appropriata per leggerlo. L’autore si intravede però anche nel protagonista: Oliveira è infatti un argentino che vive a Parigi, dove intrattiene una relazione con una donna, La Maga, anche se la loro storia d’amore non è destinata al lieto fine. Dalla loro separazione, il protagonista si rifugerà sempre più spesso nel passato, cercando continuamente La Maga in altre donne.
Isabel Allende – La casa degli spiriti
La magia dei ricordi e il realismo della rivoluzione
Mentre nel 1982 al collega Márquez viene consegnato il premio Nobel, l’autrice cilena Isabel Allende si tuffa nella corrente del realismo magico, alla quale affida La casa degli spiriti, opera che l’ha resa celebre, dove l’elemento fantastico spicca in modo insistente persino nei singoli personaggi, tra cui la silenziosa Clara del Valle.
Dopo un’infanzia vissuta all’ombra della sorella Rosa, Clara smette improvvisamente di parlare proprio a causa della sua morte, avvenuta per colpa di un terribile incidente. Ad appesantire di tragicità l’evento si aggiunge il fatto che sia stata la stessa Clara a presagire quella disgrazia. La ragazza non rimarrà però muta per sempre: tornerà spontaneamente a parlare non appena Esteban Trueba, promesso sposo della defunta Rosa, esprimerà la volontà di prenderla in moglie.
Clara abitava un universo inventato da lei […], dove la verità prosaica delle cose materiali si confondeva con la verità tomultuosa dei sogni […].
Questo episodio è solo un antipasto di ciò che narra il libro. Sarebbe infatti del tutto errato affermare che Clara del Valle è la protagonista indiscussa dell’opera perché, proprio come in Cent’anni di solitudine, si ha anche qui un passaggio generazionale. Vedremo così Clara diventare adulta e dare alla luce la piccola Blanca, che a sua volta partorirà Alba, la quale patirà invece sulla propria pelle i disagi e le sofferenze inflitte dalla dittatura di Pinochet. In questa seconda parte del romanzo è probabilmente l’autrice stessa a prestare i suoi occhi ai personaggi che assistono agli orrori della guerriglia, dal momento che il regime inaugurato dal golpe la costrinse nel 1975 a lasciare il Paese.
Luis Sepúlveda – Il vecchio che leggeva romanzi d’amore
Il rifugio nella lettura per dimenticare la barbarie umana
Pubblicato nel 1989 e scritto da Luis Sepúlveda, Il vecchio che leggeva romanzi d’amore racconta la storia dell’anziano Antonio José Bolívar Proaño e della sua missione di uccidere il tigrillo, un felino che minaccia la sicurezza degli abitanti del villaggio. I romanzi d’amore rappresentano una sorta di via di fuga per il protagonista: la loro dolcezza è in contrapposizione sia alla crudeltà della foresta amazzonica, sia al vuoto lasciato dalla prematura morte della moglie.
Come accade in ogni opera del realismo magico che si rispetti, lo scrittore cileno fa in modo che il lettore non percepisca il trascorrere del tempo. Le vicende narrate si svolgono infatti in una manciata di giorni ma, quando il vecchio Antonio José si distrae durante la lettura, viene immediatamente assalito dai ricordi di gioventù. La narrazione quindi rallenta per consentire al protagonista di rivivere il trasferimento da San Luis a El Idilio, le difficoltà della moglie a concepire un figlio e il loro rifugiarsi nella foresta amazzonica insieme agli shuar per evitare i pettegolezzi della gente.
La conoscenza della foresta e la saggezza conferitagli dalla vecchiaia permettono ad Antonio José la buona riuscita della cattura e dell’uccisione del tigrillo, ma l’anziano non va affatto fiero del suo crimine: la sensazione che ha è quella di essere il carnefice di un animale impazzito di dolore a causa della morte dei suoi cuccioli. Inoltre gli shuar decidono di cacciarlo dalla comunità e al vecchio non rimane quindi che tornare a leggere romanzi d’amore isolato dal resto del mondo e assaporando la dolcezza di ogni parola.
Laura Esquivel – Dolce come il cioccolato
Quando i sentimenti si mescolano con gli ingredienti
Clara del Valle ha scelto il silenzio e la fantasia, Antonio Bolívar la tenerezza delle storie d’amore. In Dolce come il cioccolato (1989), la protagonista Tita La Garza trasforma invece in una via di fuga la sua abilità e passione per la cucina. La magia scaturisce in questo modo da ogni piatto, che Tita farcisce non solo con gli ingredienti consueti, ma riversandoci anche i suoi sentimenti.
Opera della messicana Laura Esquivel, questo romanzo racconta la storia di una ragazza che non può disporre liberamente della propria vita. La famiglia tutta al femminile in cui vive, infatti, è controllata da Mamma Elena, che richiama su di sé le attenzioni di Tita, la figlia minore. La giovane è quindi costretta ad accudire la madre e a rinunciare al suo grande amore, Pedro Muzquiz. Oltre all’inganno, anche la beffa: Tita è condannata a sopportare la presenza di colui che non può avere, che per volere della madre è diventato il marito della sorella Rosaura.
Tita non si ribellerà, ma sarà lo stesso in grado di trovare il modo per sfogarsi: anche se elogiati per la loro prelibatezza, i suoi piatti provocheranno indesiderati effetti collaterali. È curioso come ciò che può sembrare tanto soave al palato sia in realtà altrettanto dannoso per lo stomaco. Si tratta di una sorta di vendetta per Tita che, seppur in modo involontario, riproduce nelle sue ricette il proprio tormento interiore.
Dona Flor e i suoi due mariti, di Jorge Amado 🙂