Cinque simboli comunisti e il loro significato

La bandiera rossa cinese

Il comunismo è morto? È una domanda che, dal 1989 in poi, molti si sono posti. Qualcuno, per la verità, se l’era posta anche prima, perfino negli anni ’20 e ’30, quando l’URSS aveva cominciato a dimostrarsi ben diversa da come i militanti se l’aspettavano. Ma è chiaro che è soprattutto nei tempi recenti che i simboli comunisti sono entrati in crisi.

Giusto o sbagliato, colpevole di atroci crimini o sogno di redenzione per l’umanità: comunque si voglia guardarlo, il comunismo è stato un pezzo importante della storia del ‘900.

Secondo alcuni, addirittura, il tassello più importante. Un tassello che si è fondato a lungo su una complicata simbologia e su una propaganda molto pregnante.

Le bandiere, i simboli, le canzoni e i gesti costituivano un corpus unico e unitario, a cui si veniva educati e che si faceva proprio. E che ricompariva in ogni ambito della vita: in quello politico ma anche in quello ricreativo, in quello scolastico e in quello sportivo.

Ricordate, solo per fare un esempio, le numerose squadre di calcio dell’est con nomi fantasiosi e ricchi di fascino? La Stella Rossa e il Partizan di Belgrado, la Lokomotiv e lo Spartak di Mosca, la Dinamo Kiev e tutte le altre? Nomi che emanavano – quasi fosse un odore – l’aura del comunismo.

Oggi cerchiamo di mettere un po’ d’ordine in tutta questa colorita simbologia comunista. Analizzeremo quindi falce e martello, bandiera rossa (usata sia in Russia che nei vari partiti europei), saluti comunisti e molto altro. Tra immagini, simboli e, addirittura, loghi, avremo molto di cui parlare. Procediamo.

 

1. Falce e martello

Il simbolo per eccellenza del comunismo in tutto il mondo è senza ombra di dubbio la falce e il martello. Vediamo di scoprire da dove trae origine e qual è il significato che gli è stato attribuito negli anni e nei paesi. E, soprattutto, se venga ancora utilizzato.

In primo luogo, bisogna dire che l’utilizzo della falce e del martello nei vessilli, separatamente l’uno dall’altro, era in uso già dal Medioevo. Come ricorderete, in vari paesi e soprattutto nei Comuni italiani nacquero delle corporazioni, che riunivano chi esercitava una stessa professione artigianale.

La falce e il martello, il più famoso tra i simboli comunisti

Così, il martello divenne presto uno dei simboli più usati tra i lavoratori di città, come ad esempio i fabbri. La falce, invece, ebbe successo solo successivamente, quando iniziò – nell’Ottocento – ad essere utilizzata come simbolo delle varie leghe dei lavoratori, anticipatrici dei moderni sindacati.

In tutta questa lunga fase, però, tali simboli erano più che altro usati in chiave sindacale e non politica. Inoltre, convivevano separati. Anche in alcuni scritti comunisti dell’Ottocento comparivano vicini, ma insieme anche a molti altri e soprattutto non intrecciati tra loro, com’è invece lo standard odierno.

L’origine del più famoso tra i simboli comunisti

Il simbolo vero e proprio, come lo conosciamo noi oggi, nacque infatti solo nella Russia rivoluzionaria. Con un significato, tra l’altro, diverso da quello originario. Mentre la falce continuava a identificare i lavoratori della terra, il martello diventava il simbolo non più degli artigiani ma degli operai [1].

Questa scelta divenne operativa tra il marzo e l’aprile 1918 e fu ufficializzata pochi mesi dopo. Il 26 giugno 1918, infatti, la falce e il martello comparvero nel primo documento ufficiale dell’URSS [2]. A quanto pare, la prima idea di associare questi due strumenti venne all’artista Evgenij Kamzolkin, che aveva proposto uno stemma per la festa del 1° maggio.

Il concorso di Lenin

La scelta venne rafforzata dal simbolo che venne poi selezionato in maniera definitiva per il neonato stato. In seguito a un concorso indetto da Lenin e Lunačarskij [3], nel 1923 fu scelto infatti uno stemma ufficiale con un disegno di un mondo dominato da una falce e un martello gialli, sormontati da una stella rossa e circondati da spighe di grano [4].

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La falce e il martello, da allora in poi, vennero adottati da tutte le repubbliche sovietiche e poi dai vari partiti comunisti sparsi in tutto il mondo. A volte, anche i partiti socialisti, almeno per una certa fase, li mostrarono nel loro simbolo. Oggi però l’intreccio di questi due attrezzi è vietato in alcuni paesi dell’ex blocco sovietico, che lo equiparano alla svastica nazista [5].

Falce e martello in Italia

Ma vediamo la situazione in Italia. Qui falce e martello entrarono nel simbolo del PSI nel 1919 e vi rimasero fino al 1985, quando Bettino Craxi propose un nuovo stemma privo di richiami al marxismo e all’URSS [6].

Anche il PCI, ovviamente, ha usato questo simbolo fin dalla sua fondazione nel 1921. E l’ha mantenuto fino allo scioglimento del partito nel 1991. Falce e martello comunque sono rimasti – anche se rimpiccioliti – pure nel simbolo del PDS fino al 1998.

Oggi in Italia ad utilizzare ancora questo stemma sono rimasti dei partiti ormai minori come Rifondazione Comunista [7], il rinato Partito Comunista Italiano e altri gruppi marxisti-leninisti.

Un’ultima nota: esiste anche una versione rovesciata, speculare, della falce e martello. Non si tratta di un errore, ma del simbolo adottato dalla Quarta Internazionale, quella creata da Lev Trockij. Che si richiamava ovviamente al comunismo, ma che riteneva che Stalin ne avesse tradito i principi.

 

2. Stella rossa

Se le origini della falce e martello sono un po’ vaghe, non molto meglio va con la stella rossa. Anzi, in questo caso siamo messi pure peggio: non sappiamo chi fu il primo a disegnarla, non sappiamo esattamente quando fu introdotta e sul suo significato esistono diverse spiegazioni, spesso contraddittorie.

Eppure la stella rossa è uno dei simboli comunisti più famosi. Compare molto spesso al di sopra della falce e del martello, come ad esempio nella vecchia bandiera dell’Unione Sovietica. Ma compariva anche da sola in vessilli, bandiere [8], perfino onorificenze e squadre sportive.

La bandiera della Corea del Nord su un palazzo governativoVediamo quindi di fare un po’ d’ordine e raccontare almeno le versioni più comuni. Di sicuro, sappiamo che la stella rossa comparve nelle prime fasi dell rivoluzione bolscevica. E che fu quasi subito associata all’Armata Rossa, l’esercito comandato da Trockij che combatteva contro le forze controrivoluzionarie.

Le diverse versioni sull’origine della stella

Ma come era arrivata ad assumere questo ruolo? E da dove era nata l’idea di una stella a cinque punte colorata di rosso? La prima spiegazione si appella a un caso fortuito.

Quando i soldati della Prima guerra mondiale rientrarono a Mosca, davanti alle difficoltà incontrate al fronte, a qualcuno venne in mente di inventarsi un distintivo per distinguerli dai militari della guarnigione moscovita. E questo distintivo, quasi per caso, divenne una stella, che poi i soldati colorarono di rosso una volta cominciata la rivoluzione.

La bandiera dell'esperanto, con la stella verde (foto di Ziko via Wikimedia Commons)
La bandiera dell’esperanto, con la stella verde (foto di Ziko via Wikimedia Commons)

Un’altra versione vuole invece che l’invenzione sia da attribuire a Trockij. Questi sarebbe rimasto affascinato dal simbolo della stella a cinque punte usato dai seguaci dell’esperanto [9]. Per gli esperantisti le cinque punte rappresentavano i cinque continenti, ma la stella era verde, il colore della speranza. Trockij l’avrebbe ripresa, colorandola di rosso, per i suoi uomini.

Il romanzo di Aleksandr Bogdanov

Infine, una terza versione vuole che la stella sia stata adottata all’inizio della rivoluzione in omaggio a un romanzo di fantascienza. Nel 1908 infatti il medico e intellettuale Aleksandr Bogdanov aveva pubblicato un libro intitolato La stella rossa.

In questo romanzo, Bogdanov – figura influentissima del primo marxismo russo [10] – immaginava un viaggio su Marte. Sul pianeta rosso descriveva una società utopistica e socialista, a cui si sarebbero dovuti ispirare i bolscevichi.

La stella rossa di Aleksandr Bogdanov

Nonostante Bogdanov sia stato quasi subito arrestato, dopo la rivoluzione, perché sospettato di essere un bolscevico dissidente, il suo romanzo aveva un grande seguito tra i rivoluzionari. E non è improbabile che l’idea di una stella rossa come simbolo venisse proprio da lì.

Ufficialmente, comunque, la scelta della stella a cinque punte venne giustificata in vari modi. Ad esempio, in URSS si tendeva a spiegarla facendo riferimento alle cinque forze della rivoluzione: i giovani, l’esercito, gli operai, i contadini e gli intellettuali.

Calcio e industria

Come dicevamo, fuori dall’ambito politico la stella rossa è un simbolo che è stato spesso usato nello sport. Celeberrima è la Stella Rossa di Belgrado, ma altri club calcistici hanno una stella rossa come simbolo o addirittura nel nome.

Fuori dall’ex blocco sovietico, però, questo nome è spesso solo casuale. Ad esempio il Red Star di Parigi, storica società fondata da Jules Rimet, ha una stella rossa nel suo nome per motivi casuali e non per un riferimento al socialismo. Idem per i Chicago Red Star, nel cui simbolo la stella è addirittura a sei punte [11].

D’altronde, la stella rossa si trova, a ben guardare, anche nei loghi di alcune importanti industrie, anche in questo caso senza riferimenti comunisti. Pensate ad esempio all’acqua San Pellegrino, alla birra Heineken o al logo dei grandi magazzini Macy’s.

La bottiglia Heineken, con la stella rossaUltima nota, tutta italiana: una stella a cinque punte è stata anche il principale simbolo dell’organizzazione terroristica della Brigate Rosse.

In realtà, quella stella non è piena, ma vuota, e spesso disegnata in giallo su sfondo rosso o nero su sfondo bianco. Inoltre, a differenza dalla stella comunista, è asimmetrica. Ciononostante, il richiamo al comunismo era decisamente voluto.

 

3. Bandiera rossa

Come abbiamo detto, falce e martello e stella rossa spesso si trovano e si trovavano associati. E, a far da sfondo a entrambi questi simboli comunisti, c’era quasi sempre una bandiera rossa. Così era, ad esempio, nel vessillo ufficiale dell’Unione Sovietica. E così è stato, con qualche variante, in decine di altri casi.

Perché proprio il rosso?

Ma perché proprio il rosso è diventato il simbolo del comunismo? E da quando? Per rispondere a questa domanda dobbiamo fare un salto indietro nel tempo e catapultarci a un momento storico in cui Karl Marx doveva ancora nascere e la parola “comunismo” quasi non si conosceva: la Rivoluzione francese.

All’epoca della Rivoluzione Francese

Come certamente saprete, questa grande rivolta prese avvio nel 1789. Fu, soprattutto all’inizio, una rivoluzione borghese: i delegati che si riunirono nella famosa Sala della Pallacorda erano perlopiù professionisti e avvocati di città, che polemizzavano contro i privilegi nobiliari.

Non a caso la Francia rivoluzionaria si configurò in principio come una monarchia costituzionale. Il re aveva determinati poteri, il Parlamento ne aveva altri ed entrambi si controllavano a vicenda, secondo quanto teorizzato pochi decenni prima da Locke e Montesquieu.

Assieme a questa spinta liberal-borghese, però, nel caotico movimento dei rivoluzionari cominciarono presto a emergere anche altre idee. Idee che chiedevano non solo uguaglianza davanti alla legge, ma anche nel reddito, nel lavoro, nei diritti politici.

Portatori di queste richieste erano soprattutto i sanculotti, piccolissima borghesia parigina, a volte vero e proprio proletariato urbano. Per qualche tempo riuscirono a far sentire molto forte la loro voce, anche grazie ad un’alleanza con i giacobini.

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Questa alleanza però degenerò presto nel Terrore interno, in guerre sempre più drammatiche contro i nemici esterni e in una pesantissima crisi economica. A chiudere il discorso fu l’ascesa di Napoleone Bonaparte, che tenne fede ad alcune importanti conquiste della Rivoluzione ma trasformò la Repubblica in Impero.

I simboli della rivoluzione

Durante i dieci anni o poco più della rivoluzione, vi fu un vero e proprio profluvio di simboli. Secondo alcuni storici, anzi, fu proprio questa fase storica che diede il via alla propaganda politica come la conosciamo oggi, fondata su simboli, colori, stemmi e bandiere.

Comparve il tricolore francese, spesso portato sulla giacca in forma di coccarda. Divenne di moda il berretto frigio. Si piantarono alberi della libertà in giro per la Francia e per il resto d’Europa. E, per quanto riguarda noi, comparvero anche le prime bandiere rosse.

La libertà o la morte, quadro del 1795 di Jean-Baptiste Regnault con vari simboli della Rivoluzione francese

La prima testimonianza che riguarda questo vessillo risale al 1791. A issarla non furono, però, i sanculotti, ma il Marchese de La Fayette, capo della Guardia Nazionale. Fu usata per indicare l’istituzione della legge marziale davanti alle proteste di piazza, proteste che però continuarono, fino a che la repressione non sfociò in strage.

Motivo degli scontri che si consumarono al Campo di Marte era la richiesta, da parte dei club popolari, di destituire il re Luigi XVI. Il sovrano infatti era appena stato arrestato al confine mentre tentava la fuga all’estero e veniva considerato dal popolo colpevole di alto tradimento. La Fayette, rivoluzionario ma monarchico, reagì con durezza.

La bandiera rossa simbolo della sinistra

Per tutta risposta, da quel momento in poi i giacobini cominciarono ad utilizzare anche loro una bandiera rossa, a memoria dei morti del Campo di Marte. E durante il Terrore di Robespierre, questo vessillo monocromatico divenne quasi una seconda bandiera nel paese, rivaleggiando con il tricolore.

All’avvento di Napoleone le bandiere rosse, ovviamente, scomparvero. In compenso, negli anni ’30 dell’Ottocento iniziarono ad essere usate in centro e sud America. Ad esempio, durante la guerra civile dell’Uruguay i “Colorados” (liberali) usavano proprio una bandiera rossa. E accanto a loro combatteva pure un giovane Giuseppe Garibaldi.

Garibaldi lungo gli anni, con la camicia rossa e senzaMa fu ancora una volta in Francia che la bandiera rossa divenne un simbolo epocale. Durante la rivoluzione del 1848 i gruppi socialisti e radicali proposero che tale vessillo diventasse il nuovo simbolo della Francia. La proposta fu però rigettata dal governo liberale, non senza alcune difficoltà, in favore del più tradizionale tricolore.

Dalla Comune di Parigi ai giorni nostri

Nel 1871, infine, durante la Comune di Parigi la bandiera rossa divenne il primo e unico simbolo dei rivoluzionari. Come ricorderete, per poche settimane alla fine della Guerra franco-prussiana, il popolo di Parigi riuscì a governare la capitale tramite un sistema di democrazia diretta. Un sistema che all’epoca fu salutato come il primo trionfo del comunismo.

Nel frattempo, il colore rosso si era ormai associato indelebilmente alle lotte popolari. Si trattava, in quei decenni di fine Ottocento, in realtà di un socialismo ancora indefinito, in cui le idee di Marx si mescolavano a quelle di Owen. E anche Garibaldi, che di operai non ne conosceva, con le sue camicie rosse diventava un capofila del movimento.

La bandiera rossa cineseInfine, la bandiera rossa fu adottata dall’Unione Sovietica e poi via via da molti altri paesi. Tra i più famosi che la usano ancora oggi bisogna citare infine la Cina e il Vietnam.

Da notare, come ultimo spunto, il fatto che in Italia la più popolare canzone operaia si intitoli proprio Bandiera rossa. Tratta da un canto repubblicano di metà ‘800, fu scritta per il testo da Carlo Tuzzi nel 1908 [12], ed ebbe un notevole successo sia in Italia che all’estero. Ne riportiamo i primi versi.

Bandiera rossa
Avanti o popolo, alla riscossa,
Bandiera rossa, Bandiera rossa.
Avanti o popolo, alla riscossa,
Bandiera rossa trionferà.
 
Bandiera rossa la trionferà!
Bandiera rossa la trionferà!
Bandiera rossa la trionferà!
Evviva il comunismo e la libertà!

 

4. Sole che sorge

Concludiamo, più velocemente, con altri due simboli molto comuni nell’apparato e nella propaganda comuniste. Il primo che abbiamo scelto è il sole che sorge, spesso rappresentato a corredo di altri di cui abbiamo già parlato. Ad esempio, nello stemma ufficiale dell’URSS si stagliava al di sotto della falce e del martello, irradiandoli con i suoi raggi.

Ma il sole nascente – che non va confuso con quello usato nelle bandiere giapponesi [13] – ha un’origine anche più antica dell’URSS. Nella seconda metà dell’Ottocento, infatti, iniziò ad essere usato molto spesso in tutta Europa e in particolare in Italia.

Lo stemma ufficiale dell'Unione Sovietica, col sole che sorge e molti altri simboli comunisti

La simbologia era semplice e chiara: ai lavoratori si proponeva una rivoluzione che avrebbe cambiato definitivamente le cose. E anche se questa rivoluzione pareva sempre lontana e irrealizzabile, marxisti e socialisti giuravano che sarebbe arrivata.

Il simbolo da allora ad oggi

Il sole, in questo senso, era un simbolo perfetto: riportava la luce dopo la notte, e sorgeva sempre, anche quando, nell’oscurità più profonda, si potevano perdere le speranze. Inoltre era rosso (il colore del socialismo) ed era un elemento naturale, familiare ai braccianti che lavoravano nelle campagne.

Da allora ad oggi l’espressione “sol dell’avvenire” è stata usata in mille modi e in mille contesti. A volte anche in senso sarcastico: la speranza cieca nell’avvento del comunismo, che poi a volte si rivelava ben peggiore del sistema che andava a sostituire, è stata infatti oggetto di ironie, soprattutto dopo il 1989.

In ogni caso, questo simbolo era, soprattutto all’inizio della lotta proletaria, molto forte e pregnante. Non è un caso che lo scrittore Valerio Evangelisti, volendo narrare una storia legata alle lotte bracciantili di fine ‘800, l’abbia proprio intitolata Il sole dell’avvenire; e che, allo stesso modo, Nanni Moretti abbia intitolato Il sol dell’avvenire un suo film incentrato anche sulle lotte comuniste.

 

5. L’Internazionale e pugno chiuso

Concludiamo con un simbolo che non è disegnato, ma cantato. Abbiamo citato infatti l’influenza di Bandiera rossa, canto italiano molto popolare anche all’estero. Ma la canzone-simbolo del comunismo è in realtà un’altra, L’Internazionale. Un canto che oggi si sente abbastanza raramente, ma che per decenni è stato l’inno mondiale del marxismo.

Il testo e le parole

Le parole furono scritte dal francese Eugène Pottier nel 1871, per celebrare ancora una volta i fatti della Comune di Parigi. All’inizio però mancava la musica, e il testo veniva cantato sull’aria della Marsigliese, l’inno scritto durante la Rivoluzione francese.

Qualche anno dopo, però, il musicista Pierre de Geyter decise di comporre una musica originale per accompagnare quel testo. Nacque così L’Internazionale, che si diffuse rapidamente in tutta Europa e oltre. L’URSS la adottò come proprio inno nel 1917, mantenendola in quel ruolo fino al 1944.

La versione italiana

In Italia nel 1901 la rivista L’asino [14] indisse un concorso per un testo nella nostra lingua che traducesse quello francese. Lo vinse un certo E. Bergeret, pseudonimo dietro cui si nascondeva probabilmente il giornalista Ettore Marroni. In ogni caso, la versione italiana era una traduzione molto libera, che però s’impose tra i militanti.

L’Internazionale
Compagni avanti, il gran Partito
noi siamo dei lavoratori.
Rosso un fiore in petto c’è fiorito,
una fede ci è nata in cuor.
 
Noi non siamo più nell’officina,
entro terra, dai campi, al mar,
la plebe sempre all’opra china
senza ideale in cui sperar.
 
Su, lottiamo!, l’ideale
nostro alfine sarà
l’Internazionale,
futura umanità!
 
Su, lottiamo!, l’ideale
nostro al fine sarà
l’Internazionale,
futura umanità!

Il pugno chiuso

Infine, bisogna sottolineare che l’esecuzione de L’Internazionale, come ogni buon inno, aveva una sua ritualità. Invece di mettere la mano sul cuore, come in un inno nazionale, o stendere il braccio, come nei canti fascisti o nazisti, i comunisti alzavano il pugno chiuso.

Dei ragazzi spagnoli del fronte repubblicano poco prima dell'evacuazione verso la FranciaA quanto pare, questo gesto nacque tra gli anni ’10 e gli anni ’30 del Novecento, anche se non è chiaro esattamente né dove, né creato da chi. Si conosce ad esempio una vignetta, datata 1917 e pubblicata negli Stati Uniti, in cui l’unione dei lavoratori forma un pugno chiuso [15].

Il pugno usato come saluto però fu utilizzato soprattutto in Germania e in Spagna poco prima della Seconda guerra mondiale. In Germania fu scelto come proprio simbolo dal Rotfrontkämpferbund, il gruppo paramilitare affiliato al Partito Comunista [16].

In Spagna, invece, durante la Guerra Civile le truppe anti-franchiste usavano salutarsi proprio col pugno chiuso. Da lì in avanti questo gesto è diventato quindi un simbolo in primo luogo antifascista, e poi comunista e socialista.

Inoltre, è stato utilizzato, nei decenni successivi alla Seconda guerra mondiale, anche come gesto di pura ribellione. Pensate al saluto in stile “Black Power” durante le Olimpiadi del 1968, o al suo uso da parte di alcuni gruppi femministi negli anni ’70.

 

E voi, quale simbolo comunista preferite?

Ecco cinque celebri simboli comunisti: vota il tuo preferito.

 

Note e approfondimenti

[1] Un simbolo forse nemmeno troppo pregnante. Gli operai usavano vari attrezzi, tra cui sicuramente anche il martello ma probabilmente non in posizione preminente. La chiave inglese, però, non avrebbe avuto quei richiami medievali o comunque tradizionali che sono l’elemento fondamentale di un simbolo efficace.
[2] A dire la verità, tra i cittadini moscoviti nacquero presto anche delle ironie su questo simbolo. Ne trovate menzione qui.
[3] Commissario del Popolo all’Istruzione fino al 1929.
[4] Quello rimase il simbolo ufficiale dell’URSS fino al 1936.
[5] Questo simbolo è infatti vietato in Ucraina, Georgia, Lituana e Lettonia. Inoltre ne è limitato l’uso, a seconda del contesto, in Ungheria, Polonia e Indonesia.
[6] Si trattava del celebre garofano rosso. Una storia dei vari simboli socialisti si può rintracciare anche in questo articolo del 1990.
[7] Attualmente non conta nessun seggio al Parlamento italiano, ma ne ha uno al Parlamento europeo.
[8] Ricordate, solo per fare un esempio, quella della Jugoslavia? O quella della Corea del Nord?
[9] L’esperanto è una lingua artificiale creata verso la fine dell’Ottocento con lo scopo di trovare un idioma franco che permettesse ai popoli di comunicare tra loro e quindi garantire la pace universale.
[10] A lui si deve la prima traduzione in russo del Capitale di Marx, oltre a varie polemiche con Lenin (di cui fu grande amico e grande rivale) sull’interpretazione corretta delle teorie del padre del socialismo scientifico. Ma fu anche un medico di straordinario acume, capace di alcuni studi che anticipavano i tempi, soprattutto sulle trasfusioni.
[11] Questo è dovuto al fatto che la stella rossa a sei punte compare nello stemma della città di Chicago.
[12] Un paroliere fiorentino, esperto di canti popolari, morto in realtà poco dopo, nel 1912.
[13] In quel caso, in italiano, si parla più spesso di “Sol levante”, proprio per distinguerlo dal sole nascente di matrice politica. Il simbolo giapponese si formò tra il XVII e il XIX secolo, usato per la prima volta dai signori della guerra feudale. A fine ‘800 fu poi adottato come insegna ufficiale della marina nipponica. Una sua versione modificata è in parte in uso ancora oggi.
[14] Rivista satirica socialista nata nel 1892. Qui trovate alcune immagini di una mostra ad essa dedicata.
[15] L’autore di quel disegno è Ralph Chaplin, musicista e illustratore famoso anche per aver creato il simbolo del gatto nero poi usato da varie organizzazioni anarchiche.
[16] Questo era stato creato per contrastare la crescente forza delle SA naziste, e aveva adottato il pugno proprio per usare un saluto diverso dal braccio teso.

 

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