Cinque singolari personaggi de L’enigma del solitario di Jostein Gaarder

Jostein Gaarder in una foto recente

L’enigma del solitario è un romanzo filosofico dello scrittore Jostein Gaarder apparso per la prima volta in Norvegia nel 1990 e pubblicato in Italia sei anni più tardi. Racconta l’intraprendente viaggio di un padre e un figlio alla ricerca della madre, partita diversi anni prima per trovare se stessa. Quella che sembra una luga gita in macchina attraverso tutta l’Europa si rivelerà però essere un’esperienza fantastica e onirica, che scoperchierà segreti taciuti per anni.

A dare inizio all’avventura è l’incontro con un misterioso nano che, dando loro delle indicazioni sbagliate, dirotterà padre e figlio fino a farli arrivare a Dorf, un paesino sperduto della Svizzera. Lì il giovane protagonista Hans Thomas riceve da un panettiere quattro panini: il più grande contiene un minuscolo libro il cui racconto appassiona tanto Hans Thomas quanto affascina il lettore.


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Il romanzo ha la struttura di un mazzo di carte che rappresenta la vita stessa, in cui ogni persona ha un ruolo ben preciso e, nel tentativo di svolgerlo, dimentica di riflettere sulle cose davvero importanti. Raccontando una storia nella storia, il libro introduce al lettore molti personaggi i cui destini sono intrecciati: l’enigma che sono chiamati a risolvere ruota intorno ai quesiti «Chi siamo? Da dove veniamo?». Alcuni si fanno mille domande, altri hanno invece le risposte: eccone cinque tra i più significativi.

 

Hans Thomas

La capacità di non essere superficiale

Una delle copertine italiane de "L'enigma del solitario"Hans Thomas è il narratore autodiegetico della trama principale e, insieme al padre, spera disperatamente di ritrovare sua madre. Nella sua testa si affollano una marea d’interrogativi: non capisce il motivo per cui lui e suo padre siano stati abbandonati, diffida del nano che appositamente li indirizza verso Dorf e ancor di più della lente che quest’ultimo gli regala.

Una volta entrato in possesso del libricino consegnatogli indirettamente dal panettiere del paesino svizzero, scopre però che nulla accade per caso e persino la lente ha un suo perché: gli è infatti indispensabile per decifrare i minuscoli caratteri del libro. Rapito sempre di più dalla storia che narra, approfitta di ogni istante libero per terminarla e capire come mai il protagonista gli sia tanto familiare.

Il mio consiglio a chiunque desideri ritrovare se stesso è di rimanere esattamente dov’è. Altrimenti rischia davvero di perdersi una volta per tutte.

Hans Thomas, oltre a far tesoro di tutte le perle di saggezza del padre, si rende conto, a libro quasi ultimato, di essere l’unico conoscitore di un passato ignorato per anni. La sua mente giovane è libera da ogni pregiudizio: egli è forse il solo che potrebbe credere ad un racconto tanto inverosimile e l’unico ad accorgersi del nano che appare inaspettatamente ad ogni tappa del loro viaggio. Ma di lui ci occuperemo in seguito.

 

Ludwig

Il panettiere di Dorf e la storia del libricino

"L'enigma del solitario" di Jostein GaarderAnche se apparentemente sperduta e insignificante, Dorf è forse la vera destinazione di Hans e suo padre. Hanno infatti scoperto che la madre Anita si trova in Grecia, ma durante il viaggio che li condurrà da lei, ognuno di loro troverà se stesso. Perché ciò accada è indispensabile il ruolo di Ludwig, il panettiere: è proprio lui, infatti, a regalare al protagonista i panini e, di conseguenza, il misterioso libro.

Ciò che il minuscolo volume racconta è una storia tramandata di panettiere in panettiere, che Ludwig decide di trascrivere. È ambientata sull’isola del Solitario, popolata da piccole creature che altro non sono che carte da gioco, nate dall’immaginazione di Frode. Il vecchio, approdato lì in seguito ad un naufragio, viene raggiunto anni dopo da Hans, il nipote di cui ignorava l’esistenza e al quale era toccata la stessa sorte.


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Mentre Frode muore poco dopo l’arrivo del nipote, Hans riesce a scappare dall’isola: sarà lui il primo panettiere di Dorf che racconterà le sue vicende ad Albert, il predecessore di Ludwig. Man mano che il protagonista s’immerge nella lettura di questo racconto, si accorge che la storia di Hans e Frode è identica alla sua. Scopre così che Ludwig è suo nonno, il padre che suo padre non aveva mai conosciuto. Nonostante la sosta a Dorf nella strada di ritorno, Hans e la sua famiglia finalmente riunita si accorgeranno però di essere arrivati troppo tardi.

 

Il pater

La riflessione filosofica che si accende nelle pause-sigaretta

Copertina nordica per il libro di GaarderIl padre di Hans Thomas viene da lui affettuosamente chiamato “pater”. È un personaggio complesso perché, sebbene ostenti saggezza, in alcuni casi i ruoli di padre e figlio si ribaltano e Hans sembra, tra i due, il più maturo. Questo si verifica soprattutto la sera, quando arrivano in albergo e il pater alza un po’ il gomito, atteggiamento che Hans non sopporta.

Nonostante questo piccolo difetto, l’uomo sa comunque farsi voler bene: da quando la moglie li ha abbandonati si è occupato del figlio e nemmeno durante il viaggio smette di dargli insegnamenti. Oltre che amante dell’alcol, infatti, il pater è anche un fumatore accanito e, quando sente il bisogno di una “pausa-sigaretta”, si dilunga cimentandosi in ogni sorta di ragionamento filosofico. Hans attende così impazientemente quel momento, in cui sa di potergli porre qualsiasi tipo di domanda.

Credo invece che all’origine dell’universo ci sia un progetto. Un giorno capirai che, dietro le miriadi di stelle e di galassie, si cela un preciso disegno.

Soddisfatto dei consigli che riceve dal padre, Hans Thomas non si stanca mai di fargli notare come sarebbe perfetto nel ruolo di filosofo di stato. Altro aspetto della sua personalità che non può passare inosservato è inoltre la collezione di Jolly, figura con cui si identifica: da ogni mazzo che compra toglie e intasca la sua carta preferita. Anche lui è però a caccia di risposte, ma soprattutto desidera rintracciare la moglie che si trova proprio nella città dei filosofi.

 

Il Re di Picche

E le altre carte dell’isola del Solitario

La copertina della versione in lingua ingleseIn un romanzo in cui fantasia e raltà si mescolano non poteva mancare un luogo ordinario reso inusuale dalla fervida immaginazione di chi vi abita. L’isola del Solitario, inizialmente deserta, comincia a popolarsi quando il vecchio Frode vi sbarca. L’uomo ne sarà solo per poco l’unico abitante, dal momento che le carte che non riesce a togliersi dalla testa prenderanno vita.

Ogni seme rappresenta una professione: i fiori lavorano la terra, i quadri il vetro e i cuori producono pane. Solo le picche si discostano da queste attività artigianali e, con le loro armi, difendono il territorio. A differenziarle dalle altre carte del mazzo è anche il temperamento bellicoso: mentre tutte sono evidentemente ottuse, le picche possiedono un carattere più forte, che le spinge a voler prevalere sugli altri, forse a causa degli ordini dello spietato Re.


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Il despota avverte infatti il pericolo che investe l’isola alla morte di Frode e si dimostra pronto ad uccidere. A spiccare in quel mazzo di nani privi di personalità è anche Asso di Cuori. La donna in realtà non raggiunge l’autonomia mentale del Re di Picche: anche lei, come le altre carte, continua a ripetere frasi apparentemente sconnesse. Nei pochi attimi di lucidità, l’assale però la consapevolezza di essere stupida ed emotivamente vuota.

 

Il Jolly

L’immortalità del diverso

"L'enigma del solitario" in edizione economicaIl Jolly, forse per la sua originalità, non merita di essere collocato nel mazzo insieme alle altre carte. Si aggira sull’isola senza fare nulla, mentre ogni seme è impegnato nell’occupazione che gli corrisponde. È inoltre molto scaltro ed è sicuramente lui a comandare. Al Jolly è infatti dedicato un giorno all’anno, in cui le carte sono tenute a pronunciare le frasi sconnesse che hanno imparato e che, una volta ordinate, danno vita ad una profezia.

Ogni carta sprofonda con l’isola alla morte di Frode, ma il Jolly è l’unico che riesce a mettersi in salvo insieme ad Hans. Ciò accade perché è immortale: mentre tutti gli altri nani sono pressocché anonimi, lui rappresenta il “diverso” e ci sarà perciò sempre posto a lui riservato in qualsiasi dimensione si trovi, fittizia o reale che sia. A dispetto del pater, è lui il vero filosofo, colui che mai invecchia e che ha sempre consapevolezza di sé.

Sono fuori luogo ovunque. Non sono né Re né Fante; non sono un Otto e neppure un Asso. Sono come mi vedete, cioè soltanto un Jolly, e ho dovuto scoprire da solo chi è un Jolly.

Grazie alla descrizione del suo aspetto, il giovane Hans Thomas comprende che il Jolly altri non è che il nano che li ha appositamente deviati verso Dorf. Del resto, non poteva essere altrimenti: parla proprio di loro la profezia ascoltata a suo tempo da Frode e il Jolly è senz’altro la migliore guida nel viaggio verso la risposta alle domande «Chi siamo? Da dove veniamo?».

 

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