Cinque sorprendenti film tratti da storie vere

Emile Hirsch in Into the Wild, uno dei più bei film tratti da storie vere

Al cinema ci si va per vari motivi. Per distrarsi, per emozionarsi, per divertirsi, ad esempio. Ma a volte – anzi, forse sempre – anche per scoprire il mondo, incontrare dei personaggi diversi da noi, eppure allo stesso tempo così simili a noi. Così, in una storia di fantasia, perfino in una trama di fantascienza, cerchiamo degli esempi o dei caratteri da analizzare e da paragonare al nostro o a quello dei nostri amici. Perché nessuna storia, neppure quella più fantasiosa, si distacca poi molto dalla realtà. Ed è forse anche per questo che, soprattutto negli ultimi anni, hanno avuto una certa fortuna vari film tratti da storie vere.

Con questa espressione si indicano quelle pellicole che traggono la loro trama da eventi realmente accaduti. In genere, alla base della sceneggiatura ci sono degli articoli di un quotidiano o una rivista, oppure un saggio giornalistico o storico.

Certo, poi spesso c’è anche una certa componente d’invenzione. Non si tratta infatti di documentari, ma di fiction, che semplifica gli eventi, condensa più persone in un unico personaggio, taglia la storia per renderla più comprensibile e accattivante per il pubblico. Ma la base di partenza, di cronaca, rimane.

Questo genere di film, come vedremo, non è sempre esistito, ma si è diffuso soprattutto a partire dagli anni ’70. E oggi vive un periodo di buona fortuna. Ecco quindi quelli che secondo noi sono i migliori film tratti da storie vere.

 

1. Tutti gli uomini del presidente

Il cinema ha sempre amato denunciare il malaffare e i problemi della società, soprattutto di quella americana. Per timore di cause e problemi legali, però, fino ad un certo punto preferì farlo in maniera velata, con storie generiche o con vaghi riferimenti all’attualità.

Tutti gli uomini del presidente, uno dei primi film di denuncia tratti da una storia veraIl film che cambiò definitivamente questa tendenza fu probabilmente Tutti gli uomini del presidente, diretto da Alan J. Pakula nel 1976. La pellicola era infatti tratta dal saggio di due giornalisti americani, Bob Woodward e Carl Bernstein, e si concentrava su una vicenda che aveva scosso pesantemente la politica americana.

Solo pochi anni prima, infatti, i due cronisti del Washington Post erano stati protagonisti di una lunga indagine giornalistica che aveva portato fino all’incriminazione del presidente degli Stati Uniti, Richard Nixon.

Era quello che è passato alla storia come lo scandalo Watergate, il più grande nella storia degli USA. Non a caso è stato l’unico che ha portato un presidente in carica1 a dimettersi dall’incarico.

Robert Redford e Dustin Hoffman

Fu proprio Robert Redford, attore all’epoca al massimo della fama e politicamente impegnato, a suggerire ai due giornalisti di pubblicare un libro con l’esito delle loro indagini. E quando il volume uscì, ne opzionò i diritti, proponendosi anche nella parte di Bob Woodward.

Per interpretare il collega Carl Bernstein fu scritturato Dustin Hoffman e si cominciò così a girare. Ne venne fuori un film di denuncia, tirato e appassionante nonostante l’argomento fosse complesso e lungo da dipanare.

Il cast di Tutti gli uomini del presidente, con Dustin Hoffman e Robert Redford in primo pianoE Hollywood, come spesso accade, gradì molto questo impegno, premiando il film con 4 Oscar, anche se secondari. D’altronde da allora la pellicola è diventata un classico e ha aperto la via a molti altri film tratti da inchieste giornalistiche. Film di cui parleremo ancora, tra l’altro.

Ultima curiosità: il titolo della pellicola deriva da quello del libro. Che a sua volta si rifà a una filastrocca per bambini recitata, secondo la tradizione, da Humpty Dumpty, l’uovo antropomorfizzato che compare anche in Attraverso lo specchio. Quando l’uovo cade e si rompe, dice la filastrocca, neppure tutti gli uomini del re possono ricomporlo.

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2. Schindler’s List

Come abbiamo cominciato a vedere, e come noterete anche andando più avanti, in questa nostra lista abbondano i film che trattano di storie che potremmo definire giornalistiche. Storie cioè personali, spesso legate all’attualità, che risultano quindi facili da raccontare in un film.

Schindler's List di Steven SpielbergLa grande storia, quella che invece va indietro nel tempo ed esula dall’attualità, in genere viene “romanzata” molto più facilmente. Pensate a kolossal storici come Braveheart o altri film ambientati nel Medioevo, in cui la verità storica viene messa un po’ da parte in favore della spettacolarità.

C’è un film, però, che riesce ad essere storicamente preciso eppure anche estremamente commovente. Si tratta di Schindler’s List, il capolavoro di Steven Spielberg uscito ormai 25 anni fa, nel 1993.

Quel film, che di sicuro avete visto, ha aperto la strada a un nuovo modo di raccontare l’Olocausto. Un modo che andava a pescare nella vita vera di alcune persone particolari, e tramite essa spiegava una fase storica tra le più drammatiche di sempre.

La storia di Schindler

Altri film, infatti, negli anni successivi hanno seguito l’esempio di Spielberg, e vale la pena di citare almeno Il pianista di Roman Polanski, anch’esso vincitore di molti premi.

Schindler’s List, però, è particolare sotto molti punti di vista. Si concentra sulla vita di un personaggio fino ad allora ben poco noto in Occidente, Oskar Schindler, imprenditore tedesco che sulle prime cercò di approfittarsi della situazione politica degli anni ’40 per fare affari.

Ralph Fiennes e Liam Neeson in una scena di Schindler's ListMan mano che la situazione degenerava, però, Schindler finì da un lato per provare orrore davanti ai crimini nazisti e dall’altro per affezionarsi agli ebrei che lavoravano per lui. Così si mise a salvarli, prima in maniera tutto sommato sicura, poi sempre più aperta ed evidente, rischiando quindi conseguenze in prima persona.

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Il film racconta tutto questo in un suggestivo bianco e nero (con qualche sparuta eccezione) e con grande delicatezza. Memorabili, in questo senso, le interpretazioni del già affermato Ben Kingsley e degli allora poco noti Liam Neeson e Ralph Fiennes. Il film ha vinto 7 Oscar, tra cui il primo della carriera allo stesso Spielberg.

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3. Into the Wild

Torniamo a storie più intime e personali con Into the Wild, il terzo film della nostra lista. Una pellicola che ha avuto un successo forse meno dirompente dei due primi film da cui siamo partiti, ma che vanta dei fan particolarmente devoti.

La locandina di Into the Wild di Sean Penn

La storia che racconta, d’altra parte, è molto toccante e finisce spesso per emozionare soprattutto i giovani. È facile infatti immedesimarsi nelle scelte del protagonista, Christopher McCandless, e nel suo tentativo di fuggire da un mondo che pare asfissiante.

Il film è infatti tratto da un libro, Nelle terre selvagge, scritto dal giornalista americano Jon Krakauer. Un libro, tra l’altro, sviluppato a partire da un primo articolo dello stesso Krakauer, scritto nel 1993 per la rivista Outside.

In quel saggio e prima ancora in quell’articolo il giornalista ricostruiva la vita di un giovane avventuriero da poco scomparso, appunto McCandless. Un avventuriero che però aveva lasciato poche tracce di sé e la cui esistenza, soprattutto negli ultimi mesi prima della scomparsa, costituiva un puzzle da ricomporre.

Le vicende di Alexander Supertramp

Dopo la laurea il giovane iniziò una lunga peregrinazione negli Stati Uniti, incontrando varie persone nel suo cammino. Poi, ancora alla ricerca di qualcosa, decise di avventurarsi verso l’Alaska, senza avere però con un sé un equipaggiamento o delle conoscenze adeguate.

Questo lo portò purtroppo rapidamente alla morte, sostanzialmente per mancanza di cibo. E sempre questo, unito all’uso di pseudonimi come Alexander Supertramp, ha reso poi molto difficile il lavoro di Krakauer e degli altri che hanno investigato sulla vicenda.

Nel film, tutta la questione viene ricostruita con delicatezza da Sean Penn, per una volta dietro alla macchina da presa per una storia che l’aveva particolarmente colpito. Anche perché Penn si avvale della collaborazione di varie persone di talento.

Christopher McCandless viene infatti interpretato dal bravo Emile Hirsch, abile nel rappresentare l’idealismo del protagonista. Ma poi ci sono anche una giovane Kristen Stewart, Vince Vaughn e Zach Galifianakis. Inoltre è memorabile pure l’ottima colonna sonora composta da Eddie Vedder dei Pearl Jam.

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4. The Wolf of Wall Street

Di solito, è difficile che i registi stiano a lungo nei margini ristretti delle storie vere. Ci si può rimanere il più delle volte giusto per un film, dopodiché si mettono da parte le pretese di veridicità e ci si lancia sul versante della fantasia. Così è stato per Spielberg e per decine di altri cineasti.

The Wolf of Wall StreetCe n’è però uno, tra quelli più grandi, che spesso ha amato confrontarsi invece con storie vere, convinto che la grandezza e la miseria si celino nella vita di ognuno. Si tratta di Martin Scorsese.

A scorrere la sua filmografia, infatti, risulta evidente quanto spesso l’italoamericano abbia diretto pellicole ispirate ad autobiografie. Già America 1929 – Sterminateli senza pietà, il suo secondo film, rispettava grossomodo i crismi del genere, ma fu soprattutto con Toro scatenato che Scorsese si mise alla prova con la verità.

Poi sono arrivati Quei bravi ragazzi e The Aviator, entrambi ispirati a biografie e molto interessanti. Abbiamo però deciso di concentrarci su quello che è finora l’ultimo film di questo filone, almeno per Scorsese: The Wolf of Wall Street.

Dentro al capitalismo più selvaggio

Il film si concentra sull’ascesa e la caduta di Jordan Belfort, sfrontato broker di Wall Street. Spesso Scorsese è stato affascinato da figure di questo tipo, sia nel mondo criminale che in quello sportivo. Questa volta però la sua analisi va oltre ed entra all’interno del sistema economico americano.

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Ben rappresentato da Leonardo DiCaprio, Belfort diventa un milionario grazie a un aggressivo giro di truffe e di conti all’estero, sfruttando la borsa. La sua però è una vera e propria discesa agli inferi, perché mentre si arricchisce inizia a fare grande uso di droghe e a tradire la moglie, fino a quando non la lascia per una donna più giovane e bella.

Leonardo DiCaprio in The Wolf of Wall StreetOltre a DiCaprio e Scorsese, vari sono gli attori e i professionisti degni di nota. Tra gli interpreti bisogna segnalare almeno Jonah Hill, abile contraltare del protagonista, e Margot Robbie. Inoltre una parte piccola ma rilevante è stata affidata a Matthew McConaughey.

Dietro alla macchina da presa, infine, c’è il consueto stuolo di grandi professionisti che lavorano con il regista italoamericano. E quindi Thelma Schoonmaker al montaggio, Howard Shore alle musiche e Sandy Powell ai costumi. A questi si è inoltre aggiunto, per la fotografia, il messicano Rodrigo Prieto, già collaboratore di Iñárritu, Ang Lee e Oliver Stone.

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5. Il caso Spotlight

Concludiamo riprendendo il tema da cui siamo partiti. L’ultimo film della nostra cinquina, infatti, si basa di nuovo su un’inchiesta giornalistica, anche se molto più recente. Un’inchiesta che con la politica in senso stretto ha però ben poco a che fare.

La locandina de Il caso Spotlight

Il caso Spotlight, uscito nel 2015, riporta infatti le indagini che i giornalisti del Boston Globe condussero nei primi anni Duemila sull’arcidiocesi della città di Boston. Partendo da un caso singolo, riuscirono a scoprire un grandissimo giro di coperture che riguardava preti pedofili.

“Spotlight” era infatti il nome della squadra investigativa del giornale, quella che si occupava delle inchieste di più ampio spessore. Inchieste che avevano bisogno, spesso, di lunghi mesi di ricerche. E proprio questa tecnica di lavoro lento portò alla luce una serie di insabbiamenti molto gravi all’interno della Chiesa cattolica.

Tutto partì quando venne a galla il caso di un prete, John Geoghan, che da anni si rendeva colpevole di abusi su minori. Abusi che però la diocesi finiva per nascondere, pagando risarcimenti alle famiglie in cambio del silenzio e trasferendo il sacerdote da una parrocchia all’altra.

Il cardinale Law e i giornalisti

Alla base di tutto pareva esserci il cardinale Bernard Francis Law, il numero uno della Chiesa cattolica a Boston. Proprio lui – peraltro seguendo una linea di condotta che era stata propria anche del suo predecessore – aveva evitato di rimuovere non solo Geoghan, ma altre decine di preti (alla fine 87) che si macchiavano degli stessi crimini.

La squadra del Boston Globe riuscì a pubblicare la sua inchiesta raccogliendo varie testimonianze di vittime di abusi. E poi poté sfruttare anche vari documenti de-secretati, che contribuirono a chiarire l’impatto della vicenda.

Alcuni dei protagonisti de Il caso Spotlight, uno dei migliori film recenti tratti da storie vereIl film riesce a restituire il duro lavoro giornalistico della squadra, grazie alle ottime interpretazioni degli attori ma anche ad una sceneggiatura ad orologeria. Scritto dallo stesso regista Tom McCarthy e da Josh Singer, lo script venne ultimato prima di avere un produttore, e fu pescato poi, a distanza di tempo, dalla Black List.

Con questo nome si indica infatti un elenco in cui vengono inserite a Hollywood tutte le sceneggiature valide ma ancora senza un finanziatore. Quando poi il film andò in produzione, non si è faticato molto a trovare attori disposti a lavorarci. Tra i tanti si segnalano Mark Ruffalo, Michael Keaton, Rachel McAdams, Liev Schreiber, John Slattery e Stanley Tucci.

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Note e approfondimenti

  • 1 Peraltro era stato da poco rieletto, con più del 60% dei voti e trionfando in quasi ogni stato. Qui potete consultare i risultati di allora nel dettaglio.

 

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