Cinque spaventose storie di fantasmi nella letteratura

Guida ai racconti di fantasmi nella letteratura degli ultimi due secoli

Ci sono a volte elementi che, pur caratteristici di un’epoca ben specifica, contraddistinguono tutta la nostra civiltà. Prendiamo, ad esempio, i fantasmi: di spiriti dei defunti si occupavano già i greci e i latini, gli ebrei (perfino Gesù Cristo evocò gli spiriti di Mosè ed Elia) e gli egizi, ma è stato forse col periodo a cavallo tra Ottocento e Novecento, con la grande stagione della letteratura gotica, che gli spettri sono definitivamente entrati nell’immaginario collettivo, uscendo dalle favole e dai racconti dell’infanzia ed entrando a pieno titolo nella letteratura.

Certo, anche in ambito letterario qualche spettro s’era visto già prima: basti pensare all’Amleto di Shakespeare o al Cime tempestose di Emily Brontë, ma è solo coi racconti (di fantasmi e non solo) di Horace Walpole, Washington Irving, M.R. James e Sheridan Le Fanu e con la nascita del romanzo gotico vero e proprio che la figura del fantasma entra prepotentemente nella letteratura, quantomeno in quella anglosassone, diventando nel giro di breve tempo un elemento caratterizzante dell’horror. Ma quali sono i romanzi, o meglio le storie di fantasmi, più celebri e spaventose della storia della letteratura? Ne abbiamo scelte cinque, spaziando da Charles Dickens a Stephen King.


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Charles Dickens – Canto di Natale

Gli spettri che ammoniscono i viventi

Il Canto di Natale di Charles DickensTradizionalmente il compito dei fantasmi e degli spettri non è solo quello di spaventare i viventi o di trovare la pace eterna, ma anche di ammonirli e parlar loro dell’aldilà. Nel già citato Amleto, per fare un esempio “alto”, lo spettro del padre del principe di Danimarca comunica al figlio le circostanze della propria morte, chiedendogli anzi di intervenire e vendicarlo per porre fine alle sue sofferenze.

A questa visione del soprannaturale si riallaccia anche Canto di Natale, celeberrimo racconto di Charles Dickens pubblicato per la prima volta nel 1843, che così tanto successo ebbe tra i contemporanei da spingere Robert Louis Stevenson a confessare anni dopo a un amico di aver pianto come un bambino alla sua lettura.

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Ebenezer Scrooge e i fantasmi

La storia è arcinota, anche perché portata spesso al cinema e in televisione: l’avaro Ebenezer Scrooge riceve la visita, durante la notte di Natale, prima del fantasma del suo vecchio socio Jacob Marley e poi degli spettri del Natale passato, presente e futuro, che gli mostrano, tramite immagini natalizie di varie fasi della sua vita, come abbia sprecato la propria esistenza alla ricerca del denaro e del profitto, ignorando e rovinando ogni rapporto umano, da quello con la fidanzata Bella a quello coi parenti, rappresentati dal nipote Fred. Terrificato e impressionato da quello che i fantasmi gli mostrano – che altro non è, però, che la realtà che ha già vissuto e che sta per vivere – Scrooge decide di ravvedersi, cambiando, a partire dalla mattina dopo, completamente stile di vita, concedendo un aumento al proprio impiegato Bob Cratchit, facendo visita al nipote e più in generale rendendosi più affabile con gli altri.

Al di là della trama natalizia, carica di buoni sentimenti espressi però con rara onestà, il racconto è importante anche dal punto di vista sociale, perché nelle intenzioni di Dickens doveva essere un duro atto d’accusa nei confronti delle classi più abbienti e dello sfruttamento a cui, proprio in quel periodo (il Manifesto del partito comunista di Marx ed Engels sarebbe uscito solo cinque anni più tardi), stavano sottoponendo i poveri e gli umili; dal punto di vista gotico, infine, nel racconto (come in altri dello stesso Dickens) emerge un gusto per l’orrore che ben equilibra il zuccheroso finale, con fantasmi che tormentano il protagonista tramite il rumore di catene, scene terrificanti (a Marley cade perfino la mascella) e presenze particolarmente lugubri (lo spirito del Natale futuro è una figura silenziosa avvolta completamente da un mantello nero, dal quale emerge solo una mano).

 

Henry James – Il giro di vite

I fantasmi che tormentano i bambini e gli adulti che li devono proteggere

Il giro di vite di Henry James, una delle più famose storie di fantasmi di sempreSe gli spettri di Dickens erano un modo per fare i conti con se stessi e per fare chiarezza sulla propria vita e sulla realtà circostante, ben diversa è l’interpretazione ne diede Henry James nella sua novella Il giro di vite, pubblicata per la prima volta nel 1898.

Il racconto dello scrittore angloamericano, infatti, è probabilmente il più ambiguo di tutta la storia della letteratura, per il suo finale sospeso, per i pochi indizi che lascia per risolvere il mistero, per il contrasto che è emerso tra i commentatori che hanno provato a districare la matassa: ma, in un certo senso, proprio l’ambiguità dal punto di vista razionale della storia ben simboleggia l’ambiguità stessa dei fantasmi e in generale del soprannaturale, il che era probabilmente il vero scopo che James si era prefissato di raggiungere.

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L’ex governante e l’ex maggiordomo

La storia è raccontata tramite alcuni diari di una governante, miss Giddens, che viene assunta da un ricco londinese per fare da istitutrice ai suoi due nipoti rimasti orfani, Miles e Flora, che vivono in una bella villa a Bly; qui la ragazza si reca, rimanendo subito affascinata dall’intelligenza dei due bimbi, ma iniziando a notare nei dintorni della villa la strana presenza di due figure che, secondo la descrizione, corrisponderebbero alla governante che l’aveva preceduta e dell’ex maggiordomo Peter Quint. Quando scopre che queste due persone in realtà si sono suicidate perché era stato impedito loro di sposarsi, miss Giddens si convince che si tratti di fantasmi che vogliono tormentare i bambini, anche se quegli stessi bambini sembrano nascondere dei segreti.

Alla fine la Giddens invia Flora dallo zio e rimane sola a casa con Miles: quando vede spuntare lo spettro di Quint alla finestra si frappone tra lui e il bambino, ma si ritrova quest’ultimo morto tra le braccia. Qui il racconto si interrompe, senza spiegare nulla di più: Miles e Flora erano in qualche modo controllati dagli spettri, come sospettava l’istitutrice? Oppure semplicemente miss Giddens era pazza e aveva immaginato tutto, portando all’esasperazione anche i bambini e facendone morire uno di crepacuore? James non lo spiegò mai, e anzi come detto voleva che quell’ambiguità rimanesse; certo è che anche il titolo della storia, che metaforicamente fa riferimento all’esasperazione soffocante a cui era arrivata la paura della narratrice, sottolinea il senso di tormento che i fantasmi davano.

 

Shirley Jackson – L’incubo di Hill House

La casa infestata più celebre della letteratura

L'incubo di Hill House di Shirley JacksonMolto simile a Il giro di vite, almeno nella descrizione di un orrore mai esplicito ma sempre supposto e legato ad un finale aperto, è anche L’incubo di Hill House (o La casa degli invasati, a seconda della traduzione), romanzo del 1959 di Shirley Jackson poco noto in Italia ma che ha avuto un peso non indifferente nell’evoluzione del genere.

Nata nel 1916, la Jackson aveva esordito qualche anno prima pubblicando racconti sul New Yorker, orientandosi presto verso il genere gotico; L’incubo di Hill House è però probabilmente il suo maggior romanzo, portato due volte anche sul grande schermo, la prima nel 1963 per la regia di Robert Wise, la seconda, decisamente più deludente, nel 1999 in una versione con Liam Neeson, Catherine Zeta-Jones, Lili Taylor e Owen Wilson.

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La convocazione degli ESP

La storia ruota attorno a una casa, quella di Hill House, che ha fama di essere maledetta e nella quale uno studioso di fenomeni paranormali, il professor Montague, e il giovane proprietario hanno convocato vari ESP o presunti tali, sperando così di assistere a qualche manifestazione soprannaturale: all’appello però hanno risposto solo due donne, Eleanor Vance – la protagonista, che vive come una reclusa dopo aver accudito per vari anni la madre malata e ora scomparsa – e Theodora, una ragazza anticonformista e forse omosessuale (siamo negli anni ’50, difficilmente si poteva essere più espliciti); la casa di manifestazioni soprannaturali ne dà parecchie, portando i suoi abitanti, e soprattutto Eleanor, sull’orlo di una crisi di nervi, fino a quando lei stessa non si rende protagonista di quegli stessi rumori ed effetti che si erano sentiti a lungo nelle giornate precedenti e decide di suicidarsi andandosi a schiantare con l’auto contro un albero, diventando lei stessa il fantasma della casa.

L’ambiguità del romanzo sta tutta qui: c’erano davvero i fantasmi, o i rumori e le stranezze erano semplicemente frutto della suggestione dei protagonisti? E se c’erano, hanno davvero richiamato Eleanor a loro? O quei rumori non erano forse quelli prodotti dalla stessa Eleanor che, in una dimensione spazio-temporale diversa, ha sempre infestato lei sola la casa? Le domande sono molte, e, come in tutti i grandi romanzi gotici, non c’è una risposta univoca.

 

Richard Matheson – La casa d’inferno

Quando la vita oltre la morte continua a tormentare le case e le persone

La casa d'inferno di Richard MathesonSempre sul tema della casa infestata è anche La casa d’inferno, romanzo pubblicato nel 1971 da Richard Matheson, scrittore noto per aver firmato Io sono leggenda (altro capolavoro del genere horror, ma dove figurano i vampiri) e per essere stato una delle principali fonti d’ispirazione di Stephen King, il nuovo maestro del genere di cui comunque parleremo tra poco. Dal punto di vista dei fantasmi, il romanzo può considerarsi quasi una summa del genere, visto che Matheson vi introduce sostanzialmente tutti gli elementi che sono tradizionalmente legati agli spettri, creando di fatto il romanzo paradigmatico di quel genere letterario.

Quattro personaggi – Lionel Barrett, uno scienziato interessato alla parapsicologia; sua moglie Edith; la spiritualista Florence Tanner; il medium Benjamin Franklin Fischer – vengono infatti ingaggiati dal milionario William Reinhardt Deutsch per indagare sulla villa Belasco che si trova nel Maine, nota per essere la casa più infestata del mondo e all’interno della quale due spedizioni di indagini hanno già miseramente fallito, con la morte di molti dei partecipanti.

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Senza riuscire a distinguere tra realtà e suggestione

Il romanzo è quindi giocato tutto all’interno dell’edificio, con la casa che sembra reagire ai suoi occupanti, presentando ad ognuno le apparizioni e i tormenti più adatti alla sua specializzazione ma anche alle sue fobie e agli scheletri del suo passato. Il meccanismo, già visto in Shirley Jackson ma qui meno sottile e più esplicito, è quello di portare i personaggi alla loro stessa distruzione prima mentale che fisica, in uno stato in cui non si riesce più a distinguere tra realtà e suggestione, scienza e superstizione.

Scritto, com’era logico aspettarsi da uno che aveva lavorato così a lungo per grande e piccolo schermo, con un ritmo e un taglio delle scene molto cinematografico, il romanzo è memorabile soprattutto per il gusto macabro con cui tratteggia la presenza dei fantasmi, mettendo da parte la psicologia ottocentesca e anticipando in un certo senso i ben più espliciti stili degli ultimi vent’anni.

 

Stephen King – Shining

I fantasmi dell’Overlook Hotel

Shining di Stephen KingSolo di qualche anno successivo (la data della prima edizione è il 1977) è uno dei capolavori di Stephen King, quel Shining che già tre anni dopo sarebbe stato portato sul grande schermo da Stanley Kubrick e Jack Nicholson, consegnandone la storia alla leggenda.

All’epoca, King era già famoso ma aveva pubblicato, dopo lunga gavetta, solo due romanzi, Carrie e Le notti di Salem, che comunque avevano venduto milioni di copie in formato economico; Shining doveva essere quindi il romanzo della conferma, conferma pienamente ottenuta grazie ad una storia che si riallacciava ai classici modelli della casa infestata che abbiamo già esplorato con Shirley Jackson e Richard Matheson, innovandoli però con qualche idea nuova: intanto al centro del romanzo non c’era più una casa né una villa, ma addirittura un albergo, l’ormai celeberrimo Overlook Hotel in Colorado, isolato a causa della neve invernale, nel quale il protagonista Jack Torrance lavorava come guardiano; inoltre, il posto non era “ufficialmente” infestato, anche se vi erano state morti anomale in passato; infine, erano diversi soprattutto i personaggi che vi entravano, visti i poteri paranormali (la “luccicanza” del piccolo Danny, figlio di Jack) e i problemi personali (l’alcolismo e gli eccessi d’ira di Jack).


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Il legame tra Danny e il cuoco

La trama è nota: insegnante fallito e appena licenziato, Jack accetta l’incarico di guardiano invernale di un grande hotel, dove si trasferisce, isolato da tutti, con la famiglia; qui però oscure presenze continuano a tormentare lui e i suoi parenti, con apparizioni di fantasmi, siepi che si animano di notte e soprattutto un’oscura forza che spinge il più fragile dei tre, proprio Jack, verso il male, fino a portarlo ad aggredire fisicamente la propria famiglia, che sarà salvata solo in extremis dal ritorno di un dipendente dell’albergo, il cuoco Dick Hallorann, legato a Danny da poteri soprannaturali.

Il tema dell’albergo infestato è poi tornato in un altro racconto di King, 1408, pubblicato all’interno di Tutto è fatidico, mentre Shining ha avuto recentissimamente un seguito in Doctor Sleep, romanzo del 2013 in cui King ha immaginato la vita da adulto del piccolo Danny.

 

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