
Stanno per tornare, a quanto pare, gli Esami di Stato “vecchio stile”, cioè gli esami conclusivi del corso di Istruzione secondaria superiore che erano in vigore prima della pandemia. Quelli che, nella parlata di tutti i giorni, vengono ancora chiamati Esami di maturità, usando la vecchia dizione stabilita addirittura da Giovanni Gentile.
Esami che, dopo una serie addirittura esagerata di modifiche e aggiustamenti, sembravano essersi stabilizzati appena prima che la pandemia venisse a sconvolgere tutto: due prove scritte – la prima di italiano, la seconda della materia di indirizzo – e una orale basata principalmente su un percorso elaborato dallo studente a partire da uno spunto proposto dalla Commissione.
Tappa obbligata
Ma, al di là del contenuto delle varie prove, da sempre quest’esame è considerato un momento di passaggio, una tappa della propria maturazione, addirittura secondo alcuni il momento in cui si entra veramente nell’età adulta.
Ovvio quindi che ognuno lo viva in un modo tutto suo, con le sue paure, le sue speranze, le sue illusioni e frustrazioni. Ma al di là dei casi singoli, ci sono anche i freddi dati che ci consentono di fotografare almeno in parte la situazione scolastica del nostro paese, tra cambiamenti sociali ed economici e rimasugli del passato che fatichiamo a lasciarci indietro.
Per questo abbiamo colto l’occasione per analizzare alcune delle più interessanti statistiche sugli esami di maturità elaborate dal Ministero e dai vari organismi preposti, in modo da capire qualcosa in più sull’argomento.
Ovviamente, ci siamo basati sui dati pre-2020, precedenti cioè alla pandemia, perché gli ultimi sono stati anni particolari. Ecco cosa ne è uscito.
Indice
1. Ammessi e bocciati
I dati sugli scrutini
Andiamo un po’ indietro nel tempo, dunque, e affidiamoci alle statistiche per l’anno scolastico 2012/13, che presentano vari punti di interesse.
Prima di tutto bisogna dire che il rischio più grosso – per chi teme la bocciatura – è rappresentato dallo scrutinio effettuato dai propri docenti per decidere chi viene ammesso a sostenere le prove e chi invece dovrà ripetere l’anno.
Non ammessi e promossi
Infatti il 4,5% degli studenti dell’ultimo anno (quasi 1 su 20, quindi in media circa uno studente per classe) non viene ammesso all’esame, mentre tra quelli che arrivano a presentarsi davanti alla Commissione ben il 99,1% ottiene l’agognato diploma, segno che a quel punto la bocciatura è considerata un caso eccezionale.
D’altro canto, l’abitudine – confermata da questi risultati – sembra da anni essere quella di bloccare prima chi non sembra avere i requisiti per superare l’esame, senza mandare allo sbaraglio gli studenti davanti a una Commissione esaminatrice che è formata per la maggior parte da membri esterni alla classe e alla scuola.
La regione che ammette con maggior facilità all’esame è la Campania (97%), quella più severa la Sardegna (89,9%); le regioni in cui ci sono meno bocciati all’Esame sono le Marche (0,4%) e il Trentino-Alto Adige (0,5%).
In ogni caso la maggior selezione – come è giusto che sia – non viene effettuata in quinta, ma al primo anno di corso, con il 16,8% di fermati, quota che poi scende progressivamente fino ad arrivare al 9% delle classi quarte e al già citato 4,5% delle quinte.
2. Gli stranieri alla prova della maturità
Come cambiano le nostre classi
Un altro dato più che interessante, sul quale ci piace spendere qualche parola, è quello che riguarda gli alunni stranieri. Se infatti fino a pochi anni fa la presenza di studenti senza la cittadinanza italiana era un fenomeno tutto sommato piuttosto ristretto e limitato in massima parte alla Scuola Primaria, oggi le cose sono notevolmente cambiate.
Secondo i dati del MIUR tra il 2000 e il 2013 gli stranieri iscritti alle nostre scuole superiori sono decuplicati, passando dai 18mila del 2001 ai 175mila del 2013 (sono aumentati anche alla Primaria, ma con un ritmo molto meno sostenuto, passando da 62mila a 276mila).
Di più: mentre alle superiori negli ultimi sei anni gli iscritti italiani sono calati al ritmo dell’1% ogni anno, gli stranieri aumentano di percentuali comprese tra il 6 e il 10%.
Le scuole preferite dagli stranieri (ormai sempre più anche di seconda generazione) sono ovviamente gli Istituti tecnici e i professionali, ma è in forte ascesa anche il Liceo Scientifico, che attira quasi il 15% degli studenti che non hanno la cittadinanza italiana ma sono nati in Italia.
Il caso dell’Emilia Romagna
Le regioni con una maggior presenza di stranieri alle superiori sono l’Emilia Romagna (dove le classi col 30% di alunni stranieri superano il 10% del totale), l’Umbria, la Liguria e la Lombardia, mentre per quanto riguarda le nazioni di provenienza dominano Romania, Albania e Marocco, che da sole coprono quasi il 50% degli studenti stranieri; più staccate Cina, Moldavia, Filippine e poi via via tutte le altre.
Ma come vanno poi questi studenti alla maturità? Il tasso di diploma degli stranieri è lievemente inferiore a quello degli italiani (98,3% contro il 99,1% già citato), ma di una percentuale talmente bassa che, viste le difficoltà linguistiche e culturali che in certi casi si possono registrare, il dato sembra più un successo che una sconfitta.
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Inoltre gli stranieri nati in Italia “vanno meglio” di quelli nati all’estero, ottenendo nel 9,1% dei casi una valutazione superiore al 90 (mentre gli immigrati nati all’estero si attestano al 7,2%).
3. Il numero decisivo: il voto
Quale punteggio è lecito attendersi
Ma con che voto ci si può aspettare di uscire da questi Esami? O, meglio, qual è il voto che più frequentemente si registra su base nazionale? Ancora una volta viene in nostro soccorso il Ministero, fornendoci quantomeno una statistica “a fasce”.
Il voto più comune è quello compreso tra il 61 e il 70, cioè quello che contraddistingue una sufficienza piena: nel 2013 infatti il 30,6% dei “maturandi” ha ottenuto questa valutazione, in lieve calo rispetto all’anno precedente, quando la percentuale era arrivata al 31,7%.
Al 60 secco arriva il 9,3% degli alunni – anche questo dato in calo rispetto al 10,1% del 2012 – per un totale del 41% di alunni che non riescono a superare il 70 su 100: in pratica, in una classe “tipo” di 20-25 alunni, tra gli 8 e i 10 studenti avranno in media un voto compreso tra il 60 e il 70.
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Un’altra buona percentuale è quella di chi si attesta tra il 71 e l’80: il 28,5% degli studenti sia nel 2013 che nel 2012 ha infatti ottenuto questo punteggio.
I risultati sopra all’80 sono di conseguenza riservati a pochi: il 18,1% (contro il 17,4% dell’anno precedente) ha ottenuto una valutazione compresa tra 81 e 90; l’8% tra 91 e 99; il 4,8% ha raggiunto il 100, mentre solo lo 0,7% ha conseguito anche la lode.
I centini
Le regioni più “generose” nell’assegnare i 100 punti sono la Calabria (dove ben l’8,1% degli alunni ci arriva, quasi il doppio di quanto avviene nella media nazionale), la Puglia, le Marche, la Sicilia e l’Umbria, mentre le lodi fioccano più spesso in Puglia e Umbria (1,6%, più del doppio rispetto al resto d’Italia), Marche, Emilia Romagna, Abruzzo e Basilicata.
Come probabilmente già saprete, il voto dell’Esame dipende da una serie di diversi punteggi: il credito scolastico (basato sulla media-voti del triennio) fornisce fino a 40 punti, le due prove scritte danno al massimo 40 punti, la prova orale può concedere 20 punti e infine sono disponibili 5 punti di bonus, a seconda dei criteri stabiliti dalla Commissione.
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4. Dove è più difficile diplomarsi
Le regioni in cui i voti sono più bassi
Dopo avervi elencato le regioni che secondo la statistica sono più generose e “larghe di manica”, vediamo quelle in cui è invece più difficile uscire con bei voti dall’Esame di Stato.
Le regioni che hanno il maggior numero di punteggi sotto al 70 su 100 sono, nell’ordine, la Basilicata col 44,3%, la Lombardia col 44,1%, l’Abruzzo col 43,5%, il Lazio col 42,4%, la Sardegna col 41,1%, la Campania col 41,0%, la Valle d’Aosta col 40,9%, il Molise col 40,7%, la Sicilia col 40,4% e la Liguria col 40,3%.
La severità della Lombardia
D’altro canto, quelle che hanno il minor numero di voti sopra al 90 su 100 sono, ancora una volta nell’ordine, la Valle d’Aosta e la Lombardia col 9,5%, il Piemonte con l’11,7%, il Friuli Venezia Giulia, la Liguria e l’Abruzzo col 12%, il Trentino e il Veneto col 12,2%, il Lazio col 12,4%, la Sardegna col 12,5%, la Basilicata col 12,8% e la Toscana col 12,9%.
Infine, è quasi impossibile riuscire ad arrivare alla lode in Valle d’Aosta – dove nel 2013 non si è arrivati nemmeno allo 0,1% –, in Lombardia, Piemonte, Trentino, Veneto e Friuli Venezia Giulia.
Sommando e ponderando tutte queste statistiche, la Regione più severa risulta essere la Lombardia, seguita da Valle d’Aosta, Abruzzo, Basilicata e Lazio.
Quella più generosa invece è – e di gran lunga – la Calabria, seguita da Puglia, Marche, Umbria ed Emilia Romagna; Molise e Sicilia, infine, le due regioni più in linea con la media nazionale.
5. E dopo, università o disoccupazione
La scelta dei neodiplomati tra studio e lavoro
Un rapporto elaborato da AlmaDiploma fotografa in maniera piuttosto chiara quali sono le scelte intraprese da chi gli Esami di Stato li ha appena finiti e deve scegliere cosa fare della propria vita.
Tra il 2008 e il 2012 la percentuale di quelli che subito dopo il diploma decidevano di iscriversi all’università è infatti cresciuta con un buon ritmo, passando dal 56,6% degli studenti nel 2008 al 64,1% nel 2012.
Una tendenza chiaramente ben radicata nei licei ma che ha preso sempre più piede ormai anche negli Istituti tecnici e nei professionali, dove rispettivamente il 45,6% e il 25% degli alunni si iscrive a una Facoltà universitaria, spesso arrivando fino alla laurea.
Cercare lavoro
Meno confortanti le cifre per chi, invece, cerca subito lavoro: se nel 2008 il 27,7% dei diplomati trovava un lavoro nel giro di un anno mentre solo il 10,4% si dichiarava disoccupato, nel 2013 solo 15,4% poteva vantare un’occupazione mentre i disoccupati neodiplomati arrivavano al 16,2%.
A farne le spese soprattutto i diplomati dei professionali, dove addirittura il 41,6% di chi ha superato l’Esame di Stato non riesce a trovare lavoro, condizione che ovviamente si aggrava se il voto del diploma è al di sotto della media.
Infine, un ultimo dato interessante riguarda le intenzioni degli alunni, visto che AlmaDiploma ha infatti intervistato i maturandi prima e dopo l’esame, chiedendo loro se nel frattempo avevano cambiato idea sulla possibile iscrizione a un’università.
Mentre tra i liceali chi desiderava iscriversi poi l’ha effettivamente fatto e anzi circa la metà di quelli che dichiaravano di non volersi iscrivere ha cambiato idea, nei tecnici e nei professionali avviene esattamente il contrario, visto che chi non vuole iscriversi poi effettivamente non si iscrive all’università, mentre chi vorrebbe iscriversi è costretto spesso (in percentuali tra il 15% dei tecnici e il 29% dei professionali) a rinunciare, spesso per problemi economici.
E voi, quale statistica sugli esami preferite?