
Non c’è dubbio che Parigi sia la capitale della moda. Non solo perché nella metropoli francese sorgono alcune delle più importanti case e industrie del settore, ma anche perché chiunque voglia fare carriera come stilista prima o poi deve passare di lì. Ed è per questo che è importante studiare i più importanti stilisti francesi dell’ultimo secolo.
D’altra parte, anche le firme italiane, tedesche, americane e giapponesi sono di casa nelle passerelle di Parigi, come se i confini nazionali lì venissero annullati e contasse solo il buon gusto.
La capitale francese, però, non è solo ospitale con gli stranieri dotati di talento. Sa essere e diventare la patria anche dei giovani francesi che imparano a riconoscere lo stile e ad influenzarlo.
Così, anche solo a volerli elencare, sono moltissimi gli stilisti transalpini che partendo da quella città hanno lasciato un segno nella storia della moda.
Christian Dior, Hubert de Givenchy e gli altri
Si pensi, solo per parlare di quelli che abbiamo escluso dalla cinquina, a designer del calibro di René Lacoste, Christian Dior, Oleg Cassini, Hubert de Givenchy, André Courrèges e molti altri ancora.
Insomma, le firme francesi sono tante e prestigiose. Alcune arrivano dagli albori della moda, quando gli stilisti erano dei pionieri e combattevano contro mille pregiudizi. Altri da tempi più recenti. Riscopriamo la storia, i fallimenti e i successi dei cinque che ci sembrano più prestigiosi.
Indice
1. Coco Chanel
Nata nel dipartimento della Loira nel 1883 e venuta a mancare a Parigi nel 1971, Gabrielle Bonheur Chanel detta Coco è sicuramente la più celebre stilista francese di tutti i tempi. E forse non solo francese.
Di origini umilissime, passò gran parte della sua infanzia in un orfanotrofio, venendo avviata poco dopo a piccoli lavori di sartoria. La svolta arrivò nei primissimi anni del ‘900, quando conobbe il ricco Etienne de Balsan, che divenne suo amante e le prestò i soldi per aprire un primo negozio di cappelli.
Il secondo finanziatore di Chanel fu Boy Capel [1], il grande amore della sua vita, mai sposato a causa della differenza di rango sociale e morto prematuramente ad appena 38 anni d’età. Grazie al sostegno economico e ai consigli dell’inglese, la giovane stilista riuscì ad ampliare il suo mercato, passando ai vestiti.
Soprattutto dopo la fine della Prima guerra mondiale, infatti, lo stile imposto da Chanel iniziò ad avere un immenso successo. Uno stile che i suoi rivali – in particolare Paul Poiret e Elsa Schiaparelli [2] – definivano, non senza una certa spocchia, “poveramente lussuoso”.
Uno stile poveramente lussuoso
In effetti, Chanel si ispirò a linee tratte dalla vita quotidiana, alle divise dei marinai e alla moda maschile, oltre che, perfino, agli abiti delle suore [3]. Per questo le sue creazioni femminili furono rivoluzionarie, votate ad un’eleganza semplice e ad un’estrema comodità.
Le donne, d’altronde, stavano cambiando e non potevano più permettersi corsetti ingestibili ed abiti complicatissimi da indossare. La cliente di Chanel era, invece, una signora di sicuro molto abbiente, ma anche attiva, dinamica, che si concedeva pochi colori, sicura che bastassero il bianco e il nero a renderla elegante.
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L’estro di Chanel, che dal punto di vista degli abiti entrò in crisi nel secondo dopoguerra, si riversò anche su altri oggetti. Celebre il suo profumo, lo Chanel n°5, creato assieme al profumiere Ernest Beaux. Celebri sono però anche le sue borse, come la Chanel 2.55.
Dal punto di vista personale, lei stessa finì per alimentare il mito della propria vita, raccontando di volta in volta varie versioni discordanti del proprio passato.
Questo amore per la dissimulazione, tra l’altro, rischiò di costarle caro durante la Seconda guerra mondiale. Durante quel drammatico periodo si legò a spie sia naziste che alleate nel tentativo – per la verità molto ingenuo – di trovare una strada per la pacificazione, ma in realtà rischiando di essere processata lei stessa come spia.
2. Pierre Cardin
È francese d’adozione, ma italiano di nascita, invece, il secondo grande stilista del nostro elenco, Pierre Cardin.
Nato nel 1922 col nome di Pietro Cardin in provincia di Treviso [4], emigrò con la famiglia in Francia ad appena due anni d’età. I suoi genitori avevano infatti perso, con la Prima guerra mondiale, buona parte dei loro possedimenti.
Si formò come sarto negli anni ’30, e durante la guerra ebbe modo di fare esperienza in varie città francesi. Dopo il 1945 si stabilì a Parigi, lavorando anche per la grande stilista italiana Elsa Schiaparelli.
Fu, quello, un periodo carico di fermenti e di occasioni lavorative per il giovane che si apprestava a diventare uno dei migliori sarti della capitale.
Dall’Italia all’alta moda francese
Dopo essersi proposto allo spagnolo Cristobal Balenciaga, trovò lavoro presso Christian Dior, aiutandolo a portare alla ribalta il suo New Look che tanto successo ebbe tra la fine degli anni ’40 e i primi anni ’50.
Forme geometriche unisex
Risale al 1950 la fondazione della propria casa di moda, che nel giro di pochi anni cominciò a farsi conoscere e apprezzare sia in Francia che all’estero. Gli elementi caratteristici degli abiti di Cardin erano l’attenzione alla modernità, e in particolare all’epoca spaziale, e la predilezione per forme geometriche neutre, unisex.
Questo gusto d’avanguardia, però, non si scontrò più di tanto con gli affari, visto che anzi Cardin fu il primo a rompere gli schemi e a produrre anche delle collezioni pensate direttamente per i grandi magazzini.
A partire dagli anni ’70 e ’80 ha ampliato i suoi affari investendo anche all’esterno della moda. Ad esempio ha acquisito la celebre serie di ristoranti Maxim’s, oltre a varie ville in cui tiene festival culturali di diverso genere. Inoltre ha riversato parte dei suoi guadagni nell’elettronica, soprattutto in Estremo Oriente.
3. Yves Saint Laurent
Se Coco Chanel è stata la prima stilista capace di liberare il corpo femminile e di dargli un nuovo stile adatto alla nuova epoca, Yves Saint Laurent è stato sicuramente il suo erede. Un erede che proveniva da tutt’altro retaggio.
Nato nel 1936 nell’Algeria francese, crebbe negli agi di una famiglia abbiente. Fin da piccolo, però, gli affari gli erano sembrati qualcosa di distante, preferendo dedicarsi ai disegni per i vestiti per la madre e per le sorelle. Una passione che, appena finita la scuola, cercò di trasformare in lavoro, trasferendosi a Parigi.
Preso sotto l’egida di Christian Dior, nel giro di pochi anni riuscì a maturare uno stile personale, certo influenzato dal maestro ma anche molto originale.
Quando Dior venne a mancare, nel 1957, fu quindi scelto, giovanissimo, come direttore artistico della casa di moda, venendo subito lanciato nell’Olimpo dei grandi.
Lo shock del 1960
A frenarne le sue aspirazioni, però, fu l’annus horribilis 1960. Costretto ad arruolarsi nell’esercito impegnato nella Guerra d’Algeria, visse come uno shock – lui, omosessuale – il nonnismo dei commilitoni. Ricoverato in ospedale per esaurimento nervoso, gli venne anche praticato l’elettroshock. In più, Dior lo licenziò in tronco.
Da Dior al proprio marchio
Riuscì, lentamente, a riprendersi, anche intentando causa al suo vecchio datore di lavoro per violazione dei termini contrattuali. Col denaro ottenuto dalla vittoria in tribunale poté aprire la propria casa di moda, che nel giro di pochi anni divenne la più innovativa del mercato.
Alla base del suo stile c’era il rifiuto della torre d’avorio in cui la moda tendeva a rinchiudersi, e l’attenzione invece agli abbigliamenti più umili, rivisitati in chiave moderna. In questo filone si deve inserire anche la trasposizione di abiti tipicamente maschili (lo smoking, il trench, il blazer) per le donne.
Inoltre fu il primo a creare commistioni tra pittura e moda, creando collezioni influenzate dai grandi maestri dell’arte del Novecento.
Assorbiti da Gucci
Ormai al vertice del settore, con musei che gli dedicavano, ancora vivente, mostre in tutto il mondo, alla fine degli anni ’80 Saint Laurent decise di vendere il suo marchio. Il tutto, continuando però a disegnarne la collezione di alta moda.
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Oggi la casa non esiste più, essendo stata assorbita dalla nostra Gucci, che comunque continua ad utilizzarne il logo. Saint Laurent, invece, è scomparso nel 2008 a causa di un tumore al cervello.
Ha comunque lasciato al suo compagno, Pierre Bergé, un patrimonio assai consistente e una collezione di opere d’arte tra le più ricche del mondo. Basti pensare che quando Bergé l’ha messa all’asta ne ha ricevuto la cifra record di 342 milioni di euro [5].
4. Jean-Paul Gaultier
Dopo i grandi maestri dei primi anni del ‘900 e dell’immediato dopoguerra, passiamo ai tempi più recenti. E lo facciamo con due stilisti che, seppure più giovani, hanno già lasciato un segno nel settore. Il primo è Jean-Paul Gaultier, nato nel 1952 nei sobborghi di Parigi.
La sua formazione fu anticonvenzionale. Non frequentò infatti alcuna scuola di design, ma riuscì comunque a farsi conoscere nell’ambiente inviando i suoi bozzetti a decine di stilisti. A notarlo fu proprio Pierre Cardin, che nel 1970, appena Gaultier fu maggiorenne, lo assunse come assistente.
E anticonvenzionale fu, fin da subito, anche il suo gusto in fatto di moda. Man mano che Cardin gli lasciava spazio, Gaultier infatti cominciava a farsi conoscere come un innovatore e un provocatore, guadagnandosi in breve l’etichetta di enfant terrible della moda francese.
Le sue collezioni, infatti, mescolano influenze della strada ed allegria, tanto è vero che anche i suoi capi più formali non mancano di esibire un qualche segno distintivo e originale. Inoltre, i suoi abiti hanno fin da subito manifestato una potenza tali da renderli, in alcuni casi, delle icone del loro tempo.
Da Madonna al cinema
Questo è tanto più vero quando si vanno ad esaminare le collaborazioni che Gaultier ha messo in campo con il cinema e l’industria discografica. Il designer parigino ha, ad esempio, curato in più occasioni il look di Madonna, disegnandone anche il celeberrimo reggiseno a cono che tanta parte ha avuto nella costruzione dell’immagine anni ’90 della cantante.
Al lavoro con le star
Inoltre si è occupato dei capi per Marilyn Manson, Kylie Minogue e altri performer. Sul grande schermo, ha collaborato con Luc Besson, Pedro Almodóvar ed altri ancora. Inoltre, egli stesso ha assaporato una brevissima carriera come cantante con il singolo How to Do That, uscito nel 1988 [6].
A partire dalla metà degli anni ’80 ha accentuato le provocazioni anche in passerella. Dopo aver promosso, anche con una certa insistenza, l’uso del kilt tra gli uomini, ha infatti fatto sfilare tutte le categorie di persone che di solito sono lontane dall’ambiente, come gli anziani, i sovrappeso e gli iper-tatuati.
Tra il 2003 e il 2010, inoltre, è stato il direttore creativo di Hermès, nota casa di moda specializzata nell’uso della pelle. Oggi produce una sua linea di capi d’abbigliamento, sia d’alta moda che prêt-à-porter, oltre a svariati profumi.
5. Christian Louboutin
Se con Jean-Paul Gaultier abbiamo abbandonato i dettami tradizionali, ancora più in là dobbiamo spingerci con Christian Louboutin.
Parigino, classe 1962, Louboutin è infatti specializzato nelle calzature, tanto da essere considerato uno dei più importanti designer di scarpe da donna a livello mondiale. Scarpe che sono riconoscibili dalle linee ardite, dall’eleganza e, soprattutto, dalla suola rossa, che è ormai diventata un marchio di fabbrica.
Iniziò a disegnare giovanissimo, collaborando come esterno con varie case di moda. La prima svolta arrivò quando venne assunto da Roger Vivier, che gli offrì un incarico che sviluppò in lui la passione per le scarpe.
Da lì, sul finire degli anni ’80, cominciò a specializzarsi esclusivamente in quel settore, aprendo la prima boutique personale nel 1992. Inoltre, a dargli la spinta decisiva fu il già citato Jean-Paul Gaultier, che gli affidò la realizzazione delle scarpe da abbinare ai suoi vestiti.
Quando Jennifer Lopez dedica una canzone alle tue creazioni
Nel giro di pochi anni il suo nome divenne sinonimo di fascino e sensualità per i piedi femminili. Celebrità di tutto il mondo iniziarono a fare a gara nell’indossare le sue creazioni, facendogli contemporaneamente una grande pubblicità.
Tra le tante, vale la pena citare in questo senso cantanti come Victoria Beckham, Beyoncé, Christina Aguilera, Madonna e Lady Gaga e attrici come Katie Holmes, Eva Longoria, Sarah Jessica Parker e la sua compatriota Catherine Deneuve.
Una menzione a parte la meritano, infine, Blake Lively, amica personale, e Kate Moss, che indossò le sue scarpe al matrimonio. Senza dimenticare Jennifer Lopez, che ha addirittura inciso un brano intitolato Louboutins [7].
Attivo anche sul versante delle borse e, da poco, del make-up, Louboutin è ormai una celebrità della moda parigina.
Ma Louboutin è anche una celebrità che non si risparmia le provocazioni. Oltre ad un lato fetish, coltivato in realtà fin dall’inizio della carriera, si è lanciato negli ultimi anni in disegni sempre più arditi e tacchi sempre più vertiginosi. Eccessi che sono stati usati anche da David Lynch in una sua celebre mostra fotografica parigina [8].
E voi, quale stilista francese preferite?
Note e approfondimenti
[1] Il vero nome dell’uomo era Arthur Capel, aveva due anni più di Coco ed era famoso in patria come un buon giocatore di polo. Morì giovane, nel dicembre 1919, in un incidente d’auto. La leggenda vuole che le due C intrecciate del logo della casa di moda Chanel non indichino le iniziali di Coco, ma di lei e di Capel. ↑
[2] La Schiaparelli era una delle grandi dive della moda del tempo. Nativa di Roma, arrivò a Parigi nel 1922 dopo aver vissuto per qualche tempo a Londra. È oggi considerata l’ideatrice del “rosa shocking”. ↑
[3] D’altronde, l’orfanotrofio in cui aveva passato buona parte dell’infanzia era gestito proprio da suore. Di quella parte della sua vita si trovano notizie anche qui. ↑
[4] Qui potete leggere un recente articolo in cui, in occasione del suo compleanno, si ricordano le sue origini venete. ↑
[5] In questo articolo trovate qualche ulteriore informazione al riguardo. ↑
[6] Qui potete vedere l’originale videoclip che ne fu realizzato all’epoca. ↑
[7] Lo potete ascoltare, in versione live, qui, eseguito all’interno del programma americano So You Think You Can Dance. ↑
[8] Il visionario regista si è tra l’altro anche occupato di una campagna video per la casa di moda, che potete ammirare qui. ↑