Cinque strane e buffe regole del baseball

Le più strane regole del baseball

Il baseball è uno degli sport americani più noti, forse addirittura il più amato negli Stati Uniti, ma, come per quanto riguarda il football, rappresenta spesso un’incognita per gli italiani. Nonostante decine di film, serie tv e perfino fumetti che hanno più volte affrontato l’argomento, infatti, molti stentano a capire le regole del baseball, considerate troppo astruse.

In realtà, quelle fondamentali sono piuttosto semplici. La partita si gioca in nove inning, cioè nove turni di battuta per entrambe le squadre.

Il turno di battuta termina quando si registrano tre out, cioè quando o il battitore incassa tre strike, o una battuta viene presa al volo dalla difesa, o la palla arriva prima dell’attaccante ad un difensore posto sulla base. Il punto si segna quando si riesce a compiere tutto il giro delle basi fino a giungere a casa base.

Poi ci sono tutta una serie di regole secondarie (il lanciatore deve lanciare all’interno di un rettangolo ideale compreso tra le ginocchia e il polso del battitore, se si batte la palla oltre i confini del campo si registra un home run, si possono “rubare” le basi e così via), ma il succo è sostanzialmente questo.

È vero però che, accanto a queste regole tutto sommato logiche e comprensibili, ne esistono anche di curiose, buffe o a tratti anche assurde.

Regole che si sono aggiunte nel corso degli anni o hanno resistito al passare del tempo, visto che il baseball è probabilmente anche lo sport professionistico di squadra più antico del mondo. Vediamone insieme cinque.

 

1. Divieto di sputo

Come avrete forse intuito, il ruolo più delicato nel baseball è quello del lanciatore. Dalla sua capacità di non far battere gli avversari dipende la tenuta difensiva della squadra, e un suo crollo – fisico o mentale – può portare, nel giro di pochissimi lanci, a subire dei parziali anche talmente gravosi da determinare l’esito della gara.

In una situazione del genere, due sono le reazioni naturali: da un lato, si suda; dall’altro, si tenta in tutti i modi di portare a casa il risultato.

Burleigh Grimes, lanciatore degli anni '10, mentre passa la saliva sulla palla
Burleigh Grimes, lanciatore degli anni ’10, mentre passa la saliva sulla palla

Agli albori del gioco, i lanciatori cercavano di unire queste due cose nella famigerata spitball, letteralmente “palla-sputo”: cioè rendevano la palla umida e scivolosa in tutti i modi possibili, sputandoci sopra, passandosela sulla fronte sudata, toccandola con le mani piene di sostanze untuose.

Lo scopo era di rendere più difficile la battuta, anche se spesso diventava più complesso anche il lancio.

Ed è vietato anche asciugarsi il sudore

Nel 1920 la Major League Baseball, la lega americana, decise di vietare le spitball. Per questo oggi un lanciatore espressamente non può “leccarsi la mano” o asciugarsi il sudore e poi toccare direttamente la palla. Deve prima asciugarsi sulla divisa.

Mariano Rivera, colto dalle telecamere mentre sputa sulla palla
Mariano Rivera, colto dalle telecamere mentre sputa sulla palla

Ciò non toglie che qualcuno tenti comunque di fare il furbo, salvo poi venir svergognato dalle telecamere e, spesso, sospeso dalla lega.

 

2. La palla nel berretto

La difesa, però, non è fatta solo dal lanciatore e dal suo ricevitore, ma anche dai compagni che controllano le basi e dagli esterni, cioè i giocatori che si occupano della parte di campo compresa tra il diamante e le recinzioni.

Il compito di questi ultimi, in particolare, è quello di recuperare le palle battute più lontane, magari, possibilmente, al volo, in modo da eliminare il battitore ed essere più rapidi nel servire i compagni.

Il berretto dei New York Yankees

Il prendere al volo una palla non è però sempre facile. Spesso bisogna correre per mettersi in posizione, calcolare la traiettoria, resistere al riflesso del sole e alla paura di sbagliare, ma soprattutto riuscire ad acchiappare la palla senza lasciarsela scivolare via dal guantone.

In certi casi, sarebbe addirittura più facile togliersi il berretto, capovolgerlo e aspettare che la palla ci entri da sola. Peccato però che questa pratica sia vietata.

Se un difensore cerca deliberatamente di prendere o toccare la palla o con il cappello o con la maschera (può essere il caso del ricevitore) o anche solo lanciando il guantone, vengono automaticamente assegnate tre basi alla squadra in attacco.

 

3. Lanciatore troppo lento

Come detto, il lanciatore ha il compito delicatissimo di “sfidare” il battitore che si trova davanti, lanciandogli palle curve o veloci pur di non farlo battere.

Quando il battitore manca la palla e questa è ritenuta “buona” dall’arbitro, si registra uno strike (e con tre strike il battitore è eliminato e la difesa ottiene uno dei tre out necessari a concludere quella parte dell’inning).

Il lanciatore nel baseball

Se invece l’arbitro ritiene che la palla sia stata lanciata fuori da quel già citato rettangolo ideale e la palla fosse troppo esterna (e il battitore non ha cercato di colpirla), si registra un ball. Al quarto ball viene regalata alla squadra in attacco una base.

C’è un caso, però, in cui il lanciatore può regalare involontariamente un ball, ed è quando è troppo lento.

Sembra strano, visto che siamo abituati a film in cui i lanciatori sembrano cincischiare per ore, ma in realtà, se le basi sono libere, la regola prescrive che non ci si metta più di 20 secondi ad effettuare il lancio.

 

4. Vietato sorpassare

Concentriamoci ora sulla squadra in attacco. Mettiamo il caso che un battitore sia anche un buon corridore e che vada in battuta quando la prima base è già occupata da un suo compagno di squadra, ben più lento di lui.

Colpisce molto forte, mandando la palla in una zona priva di difensori, e comincia quindi a correre a tutto spiano, convinto di poter guadagnare varie basi. Dopo la prima, però, gli potrebbe capitare di trovarsi davanti il proprio lento compagno.

Un corridore corre verso la base nel baseball

Cosa potrà fare, in questo caso ipotetico ma non rarissimo (è avvenuto anche recentemente in una partita tra Dodgers e Giants), il nostro corridore?

Può superare il proprio compagno e andare a conquistare una base prima di lui? La risposta per il regolamento è no. Se ciò avvenisse comunque, il compagno superato sarebbe automaticamente dichiarato out.

Leggi anche: Cinque ruoli del baseball (anche in inglese)

C’è però anche una parziale eccezione alla regola: se il corridore che sta avanti si infortuna durante la corsa e c’è il tempo materiale per farlo (nel caso, ad esempio, di un home run), l’allenatore può chiedere che venga sostituito nella corsa verso la successiva base da un compagno della panchina.

 

5. Non esagerare col catrame

24 luglio 1983, Yankee Stadium, New York. Regular season della MLB. Si affrontano i New York Yankees, padroni di casa, e i Kansas City Royals. Siamo al nono e ultimo inning, con gli Yankees in vantaggio per 4-3.

Due giocatori dei Royals sono stati già eliminati e la partita è prossima alla chiusura. Basta che il lanciatore elimini l’ultimo battitore e per i padroni di casa sarà vittoria.

In battuta, per i Royals, va George Brett, la stella della squadra, da dieci anni a Kansas City (e ci rimarrà per altri dieci, concludendo lì la carriera) e da otto stagioni consecutive convocato fisso all’All-Star Game. Piazza un home run con una base già occupata e questo significa due punti che portano i Royals a condurre 5-4.

Toccherebbe a New York cercare di reagire, ma dalla panchina si alza l’allenatore Billy Martin, che chiede all’arbitro di controllare la mazza di Brett, invocando la regola del catrame.

La curiosa storia del Pine Tar Game

Di cosa si tratta? Ebbene, nel regolamento della MLB c’è una vecchia regola, mai abrogata, che prescrive che su una mazza non possa essere applicato catrame di pino per una lunghezza superiore ai 18 pollici. E Brett l’aveva infranta, visto che il catrame era molto più esteso.

Il catrame di pino (pine tar in inglese) viene usato per facilitare la presa del battitore sulla mazza e il controllo del colpo sulla palla ma, a quanto dicono gli esperti, non crea particolari danni alla difesa. La stessa regola era vetusta e quasi mai veniva applicata.

Gli arbitri comunque diedero ragione all’allenatore di New York e partita vinta agli Yankees, mandando su tutte le furie George Brett.

Ma la questione non finì lì. I Royals fecero ricorso e dopo vari tentennamenti della lega ottennero di poter rigiocare la parte finale dell’ultimo inning. Quello scorcio di partita si giocò il 18 agosto e i Royals vinsero 5-4, stavolta ufficialmente1.

Note e approfondimenti

  • 1 Se volete approfondire, qui potete leggere un riesame di tutta la questione sul sito ufficiale della MLB.

 

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