Cinque straordinari e classici cartoni di Topolino

Topolino nel cartone

Oggi la tv ha aumentato a dismisura l’offerta, rendendoli un fatto quotidiano e perfino banale, ma c’è stata un’epoca pionieristica in cui i cartoni animati erano un evento che i bambini attendevano per settimane e che, di conseguenza, rimaneva impresso a lungo nelle loro menti.

Sto pensando, in particolare, ai venticinque anni compresi tra l’avvento del sonoro nei cinema, nel 1927, e la comparsa della televisione, nei primi anni ’50; venticinque anni in cui nacque il cinema come lo conosciamo oggi, in cui si formarono gli studios hollywoodiani che tanto peso avrebbero avuto nella cultura popolare occidentale, in cui gli spettatori si innamorarono dei grandi divi, soffrirono e sperarono assieme a loro, ma venticinque anni in cui anche i cartoni animati divennero delle vere e proprie opere d’arte.

Fu infatti in quel venticinquennio che Walt Disney riuscì a produrre i primi lungometraggi animati, a partire dal celeberrimo Biancaneve e i sette nani, ma anche in cui si perfezionò la forma del cortometraggio che all’epoca era lo standard per i cartoni: nacquero personaggi fondamentali dell’animazione a stelle e strisce come Bugs Bunny, Daffy Duck, Tom & Jerry e soprattutto Topolino, Paperino, Pippo, Pluto e gli altri componenti della banda Disney.

Proprio Topolino, creato nel 1928, è probabilmente il personaggio-simbolo di quegli anni, anche perché nella sua serie esordirono altri animali destinati a grande fortuna sul grande e sul piccolo schermo, oltre che nei fumetti.

Scopriamo quindi insieme i migliori cartoni animati dedicati a Topolino, partendo dagli inizi e arrivando fino ai giorni nostri.

 

Steamboat Willie

La nascita del tipo dalle grandi orecchie

Sono passati quasi 87 anni – e svariate riforme della legge americana del copyright, indispensabili per prolungare i diritti della Disney su quei personaggi – dalla prima proiezione di Steamboat Willie, il cartone animato che segnò l’esordio di Topolino, Minni e Gambadilegno nel mondo dello spettacolo USA.

Nonostante non fosse in assoluto né la prima avventura del topo (ne erano stati prodotti altri due cartoni muti, che però non erano stati per il momento distribuiti nei cinema), né il primo cartone con l’audio sincronizzato, Steamboat Willie fu accolto con grande calore dal pubblico americano, che lo considerò il primo prodotto di una nuova era: un’era in cui i cartoni animati della durata di pochi minuti potevano portare al cinema ed emozionare grandi e piccini, e in cui quegli stessi cartoni potevano trasformarsi pian piano in vere e proprie opere d’arte.

La collaborazione tra Walt Disney e Ub Iwerks

Gli autori principali di quello che all’epoca era indubbiamente un capolavoro furono due: da un lato Walt Disney, dall’altro Ub Iwerks. Disney – che la leggenda vuole avesse creato il personaggio di Topolino in treno, mentre tornava in California dopo aver perso quello che fino ad allora era stato il suo personaggio principale, Oswald il coniglio – codiresse la pellicola, la produsse assieme al fratello Roy e assunse i responsabili del sonoro, oltre a doppiare le (poche) parti parlate; Iwerks invece si occupò dei disegni e dell’animazione, coordinando la parte più creativa dell’impresa.

In quegli otto minuti si vedeva così Topolino che, dopo l’iniziale apparenza in cui lo si poteva ritenere capitano di una barca a vapore sul Mississippi, si rivela nient’altro che un mozzo di bordo (e probabilmente in origine doveva essere un ritratto dell’allegro ottimismo degli afroamericani che appunto svolgevano questo mestiere) un po’ maltrattato dal vero capitano, Pietro Gambadilegno. In seguito tirava sulla barca anche Minni e si doveva confrontare con un fastidioso pappagallo, che finiva poi per gettare in mare.

La prima, celebre apparizione di Topolino in Steamboat Willie

 

Pulitori di orologi

Con Paperino e Pippo

Facciamo ora un salto in avanti di quasi dieci anni e portiamoci al 1937. Molta acqua era passato sotto ai ponti dell’animazione: i cartoni col sonoro sincronizzato erano ormai diventati normalità, e anzi si avanzavano progetti sempre più arditi in cui la musica orchestrale si innestava all’interno delle trame dei cartoons; ma soprattutto era arrivato il colore, che aveva fatto il suo esordio nel 1935 all’interno de Il concerto bandistico, altro acclamato cortometraggio prodotto da Walt Disney e diretto però da Wilfred Jackson, visto che nel frattempo Ub Iwerks aveva lasciato lo studio.

Era quindi l’ottobre 1937 quando arrivò nelle sale un cartone che aveva tutte le carte in regola per entrare nella leggenda: e ci entrò davvero, visto che Pulitori di orologi è ancora oggi uno dei più acclamati prodotti di quegli anni, spesso riproposto pure in televisione durante il periodo natalizio. Protagonisti, oltre a un Topolino ormai perfettamente delineato nella figura (erano presenti i guanti e le scarpe tipiche, anche se gli occhi venivano ancora disegnati alla maniera degli anni ’30), erano anche Pippo e Paperino, che da pochi anni avevano assunto dei caratteri ben definiti.

Il lavoro di Wolfgang Reitherman

La trama prevedeva che i tre, responsabili di una sorta di impresa di pulizie, si occupassero della torre di un orologio, mettendosi a lucidare e pulire tutti gli ingranaggi ma finendo presto per rimanerne vittime: così tra botte, ticchettii e meccaniche inattese si scatenavano una serie di gag comiche di grande impatto, che sfruttavano anche le caratteristiche a quel tempo già ben note dei personaggi, come l’iracondia di Paperino, la sbadataggine di Pippo e l’altruismo di Topolino.

Prodotto da Walt Disney e distribuito dalla RKO, che in quegli anni si era aggiudicata l’esclusiva dei corti della Disney, il film fu diretto da Ben Sharpsteen – uno dei collaboratori storici di Walt, in seguito coregista anche di Pinocchio e Dumbo – e vide tra gli animatori pure quel Wolfgang Reitherman che faceva parte dei cosiddetti Nine Old Men, cioè gli animatori storici dello studio: Reitherman, in particolare, era un tedesco naturalizzato che passò alla Disney tutta la carriera e che divenne forse il principale erede di Walt, dirigendo tutti i film della Disney usciti nel periodo tra la morte del fondatore e il proprio pensionamento.

Topolino nel cartone "Pulitori di orologi"

 

Il piccolo sarto coraggioso

Protagonista di una fiaba tradizionale

Sempre al periodo d’oro degli anni ’30 che aveva trovato il suo culmine con l’uscita di Biancaneve e i sette nani appartiene anche Il piccolo sarto coraggioso, cortometraggio lanciato nei cinema alla fine di settembre del 1938, sempre per la distribuzione della RKO. Due sono gli elementi degni di nota a livello produttivo: da un lato, il tono fiabesco che era già apparso varie volte – anche se in maniera saltuaria – nei lavori della Disney ma che qui evidentemente cerca di sfruttare l’onda lunga del lungometraggio sui nanetti, uscito appena un anno e mezzo prima; dall’altro, la nomination all’Oscar che il corto si seppe guadagnare, nomination che però non si convertì visto che il premio fu agguantato da un altro cartone della Disney, Il toro Ferdinando.

Il piccolo sarto coraggioso era tratto da una fiaba omonima dei fratelli Grimm ed era di conseguenza ambientato nel Medioevo europeo, con Topolino e Minni intenti a ricoprire le due parti principali della fiaba: il primo, infatti, era il piccolo sarto di un villaggio che, per una serie di equivoci, veniva ritenuto un eroe in grado di uccidere giganti a profusione; Minni, invece, era la bella principessa, figlia di quel re che incaricava proprio Topolino di andare ad uccidere o quantomeno a sottomettere il potente gigante che minacciava il regno.

Frank Tashlin tra l’animazione e Jerry Lewis

Vinta la paura grazie alla bellezza della futura fidanzata, Topolino partiva quindi all’avventura, riuscendo ad avere la meglio sul gigante grazie al suo talento da sarto e ad un po’ di fortuna, tanto che sul luogo in cui era riuscito a compiere l’impresa veniva costruito addirittura un parco giochi (vecchia fissa di zio Walt).

Il corto fu diretto da Bill Roberts e scritto da Jack Kinney e Frank Tashlin; quest’ultimo, che all’epoca aveva appena venticinque anni, vantava già un passato da animatore in diversi studios (aveva lavorato alla Warner Bros, per Ub Iwerks e per vari indipendenti) e come autore di fumetti, ma sarebbe diventato celebre soprattutto nel dopoguerra, quando passò al cinema con attori in carne ed ossa, dirigendo varie pellicole sia della coppia Dean Martin-Jerry Lewis, sia del solo Lewis.

Topolino e Minni ne Il piccolo sarto coraggioso

 

Canto di Natale di Topolino

Il ritorno sul grande schermo

Passiamo ora a tempi più moderni. La serie cinematografica dedicata a Mickey Mouse, come molte altre nel settore, fu interrotta nei primi anni ’50: la comparsa della televisione, infatti, stava rapidamente spostando i cartoni animati di breve durata dal grande al piccolo schermo, dove potevano arrivare direttamente in tutte le case. Per questo, Topolino scomparve per qualche tempo dai cartoni, continuando a vivere serenamente nei fumetti e comparendo di tanto in tanto in televisione in appositi special.

Un ritorno in grande stile all’animazione, in un cartone che vedeva il topo – e tutti gli altri animali antropomorfi della banda Disney – tra i protagonisti arrivò solo all’inizio degli anni ’80, quando alla Disney decisero di preparare un adattamento del Canto di Natale di Charles Dickens che recuperasse l’atmosfera di quei primi pionieristici cartoni, permettendo a vari personaggi sia di primo piano che di contorno di tornare in scena.

Zio Paperone come Ebenezer Scrooge

Nel 1983 – in Italia in abbinamento con la riedizione de Il libro della giungla – comparve quindi nelle sale il Canto di Natale di Topolino, un cortometraggio della durata di 26 minuti diretto da Burny Mattinson e sceneggiato dallo stesso Mattinson, oltre che da Tony Marino, Ed Gombert, Don Griffith, Alan Young e Alan Dinehart. Mentre Topolino interpretava il ruolo di Bob Cratchit, il malmesso impiegato dell’avaro Ebenezer Scrooge, il ruolo del protagonista toccava invece a Paperon de’ Paperoni, che proprio ispirandosi al personaggio dickensiano era stato creato.

La pellicola ricalcava piuttosto fedelmente la storia di Dickens: vi comparivano anche Pippo nel ruolo del fantasma di Jacob Marley, il Grillo Parlante, Willie il gigante e Pietro Gambadilegno in quello degli spiriti, Paperino a dare un volto a Fred, nipote di Ebenezer, e poi via via tanti altri personaggi. Oggi il cartone è presente in varie raccolte in DVD ed è stato inglobato anche all’interno de Il bianco Natale di Topolino, film per l’home video che fa da contenitore ad altre storie in parte nuove e in parte pescate dall’archivio disneyano.

Zio Paperone nel Canto di Natale di Topolino

 

Tutti in scena

Un omaggio all’animazione degli anni ’20

Se avete visto Frozen al cinema o se ne avete acquistato il DVD, probabilmente già conoscete l’ultimo cartone disneyano con Topolino protagonista, lo splendido Tutti in scena realizzato nel 2013, a 18 anni di distanza dal precedente esperimento, Topolino e il cervello in fuga. Il film, diretto da Lauren MacMullan (già al lavoro su I Simpson e King of the Hill), è il primo in assoluto in casa Disney a vantare una regia affidata esclusivamente a una donna.

Il punto focale del cortometraggio – che dura circa 6 minuti – non è però l’elemento femminile, quanto l’omaggio quasi commosso all’animazione degli esordi: il film infatti inizia in bianco e nero, cercando di replicare la ritmica e le gag dei vecchi cartoon prodotti da Walt Disney all’inizio della sua carriera, con tanto di personaggi degli anni Venti (Topolino, Minni e Gambadilegno disegnati come allora, ma anche Orazio, Clarabella e perfino Oswald il coniglio, finalmente ricomprato dalla Disney dopo molti decenni di “esilio”), filtri di invecchiamento e sfocatura e così via; ad un certo punto, però, l’azione diventa incredibilmente attuale perché Topolino e Orazio bucano letteralmente lo schermo, finendo nel nostro mondo e trasformandosi in personaggi 3D animati al computer, in grado anche di interagire con gli smartphone.

Il ritorno della voce di Walt

In una ridda di gag molto riuscite che giocano abilmente con le convenzioni del cinema e della stessa animazione, Topolino, Orazio e gli altri amici riescono a liberare Minni e a dare la giusta punizione al perfido Gambadilegno, mai così bistrattato, non risparmiandosi però neppure qualche strizzata d’occhio al pubblico dei più grandi.

Il cartone è stato molto apprezzato dalla critica e dagli spettatori, conquistandosi una nomination agli Oscar e un Annie Award. Da notare che gli omaggi ai vecchi cartoni non si limitano solo alle scene iniziali: mentre gli animatori lavoravano e recuperavano i modelli di character design risalenti agli anni ’20, i produttori sono infatti riusciti a ritrovare vecchio materiale audio di archivio con la voce di Walt Disney, che a quel tempo era il doppiatore ufficiale di Topolino, e a ricostruire una traccia audio per far sì che il topo tornasse magicamente ad avere la voce del suo originario creatore.

Fotogramma di Tutti in scena, recente e divertente cartone di Topolino

 

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