
Di film sullo sport, nel corso degli anni, ne sono stati realizzati parecchi. Alcuni hanno sottolineato l’aspetto drammatico delle varie vicende sportive, altri l’hanno buttata in ridere. Alcuni hanno seguito il cammino verso la vittoria di una squadra che non sembrava avere nessuna carta in regola per potercela fare, altri hanno mostrato le crisi e le difficoltà dei campioni già affermati.
Film universali
Tra tutti questi, però, ci sono dei film che emergono con particolare forza. Film che, pur parlando di uno sport ben preciso, assumono quasi un tono universale, trascendendo le regole del singolo gioco e parlando della lotta tra l’uomo e se stesso. Pensiamo a film come Million Dollar Baby o The Wrestler, o pellicole dissacranti come Major League – La squadra più scassata della lega. Perfino l’italiano L’allenatore nel pallone, pur con tutti i suoi difetti, potrebbe forse rientrare in questa categoria.
A questo filone ci pare appartengano anche i cinque film che abbiamo scelto per la nostra lista. I primi tre, quelli più vecchi, si concentrano su sport non di squadra, come il biliardo e la boxe. Gli ultimi, quelli più recenti, invece indagano le dinamiche del team e il rapporto tra atleti – professionisti sempre più pagati – e i loro procuratori. Eccoli.
Indice
Lo spaccone (1961)
Paul Newman e il biliardo
Il genere del film sportivo è stato uno dei primi ad emergere. Hollywood ha infatti manifestato molto presto un interesse verso le storie che raccontavano l’ascesa, ed eventualmente la caduta, di grandi campioni. Solo per menzionare qualche esempio, si possono citare Il campione di King Vidor, che nel 1931 si aggiudicò due Oscar, o L’idolo delle folle del 1942, dedicato alla stella del baseball Lou Gehrig.
Fu però solo nel secondo dopoguerra, quando arrivò l’epoca d’oro di Hollywood, che questi film cominciarono a fare il giro del mondo. E uno dei più belli e più famosi di quegli anni fu indubbiamente Lo spaccone. Uscito nel 1961, vedeva dietro alla macchina da presa Robert Rossen. Ovvero un regista che già aveva fatto esperienza nel settore grazie a Anima e corpo, un bel film ambientato nel mondo della boxe.
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Il vero mattatore di Lo spaccone, però, era il suo protagonista, Paul Newman. L’attore allora era al vertice più alto della sua carriera. Nel 1957 aveva ottenuto un Golden Globe come miglior debuttante. Nel 1959 era poi arrivata la prima nomination agli Oscar con La gatta sul tetto che scotta. Lo spaccone gli permise di sfoderare il suo lato più arrogante ma allo stesso tempo fragile, e conquistare il cuore delle spettatrici di mezzo mondo.
Arrogante e fragile
La storia era quella di Eddy Felson, prodigioso giocatore di biliardo dal carattere burrascoso. Dopo aver racimolato soldi in incontri di scarso livello, il giocatore arrivava a scontrarsi con un campione, Minnesota Fats. E ne veniva sconfitto proprio a causa della propria debolezza caratteriale. Ma il giovane uomo non tardava a prendersi la rivincita.
Il film ebbe un successo clamoroso e ottenne ben 9 nomination agli Oscar, portando però a casa solo due statuette. La storia de Lo spaccone però entrò nell’immaginario, tanto che 25 anni più tardi, nel 1986, Martin Scorsese decise di dirigerne un sequel. Uscì così Il colore dei soldi, un altro bel film in cui un Newman più maturo si confrontava con un giovane Tom Cruise.
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Rocky (1976)
Un pugile italoamericano in cerca di un futuro
Il pugilato ha sempre affascinato i registi. È uno sport nobile e allo stesso tempo brutale, in cui il valore individuale si misura a suon di pugni. Ed è uno sport pieno, soprattutto nei suoi anni di gloria, di storie di sconfitta e redenzione. Come racconta anche Rocky, il film che, nel 1976, ha rilanciato la passione del cinema per questo sport.
La genesi della pellicola ha una storia molto particolare. Sylvester Stallone era, all’epoca, un giovane attore squattrinato. Era apparso in varie pellicole, ma sempre con ruoli estremamente secondari, e spesso non venendo neppure accreditato nei titoli di coda. Partecipava però a numerosi provini. Durante uno di questi ne approfittò per proporre a due produttori un copione che aveva scritto. La storia che vi veniva raccontata era quella di un pugile italoamericano che non riusciva a sfondare, vagamente ispirato alla vita dello stesso Stallone.
Sylvester Stallone, attore e sceneggiatore
Ai produttori il copione piacque, e iniziarono già ad immaginare Robert Redford o Burt Reynolds nel ruolo del protagonista. Stallone, però, rifiutò di vendere lo script a meno che non fosse lui stesso il protagonista. Alla fine i produttori cedettero alle richieste dell’attore. Imposero però un budget estremamente contenuto, poco convinti che il film avrebbe sfondato. In realtà avvenne esattamente il contrario. Costato 1 milione di dollari, ne fruttò 225. Vinse anche tre Oscar, compreso quello di miglior film (davanti a Taxi Driver e Tutti gli uomini del presidente).
Nel film, a Rocky viene offerta l’opportunità di sfidare Apollo Creed, campione del mondo dei pesi massimi. Nonostante si tratti di un incontro d’esibizione, il cui esito è scontato a favore del campione, Rocky si allena forsennatamente e riesce ad impegnare duramente l’avversario. Alla fine perde ai punti, ma riesce a farsi un nome.
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Toro scatenato (1980)
Ascesa e caduta di Jake LaMotta
Quando abbiamo iniziato questa lista, parlando de Lo spaccone, abbiamo citato Martin Scorsese. Il regista italoamericano si è infatti lungo tutta la carriera spesso occupato di storie di vincenti “fuori dalle righe”. Che fossero mafiosi o truffatori, pazzi o drogati, Scorsese ha spesso indagato i meccanismi che innalzano un uomo sugli altari e subito dopo lo gettano nella polvere. Per questo, sul finire degli anni ’80, decise di dirigere un sequel de Lo spaccone. Ma sempre per questo, qualche anno prima, aveva realizzato Toro scatenato.
Il film si concentrava, tra l’altro, su uno sportivo che divenne poi attore, e che proprio in Lo spaccone aveva fatto una breve apparizione. Si trattava del pugile italoamericano Jake LaMotta, campione del mondo dei pesi medi tra la fine degli anni ’40 e l’inizio dei ’50. Basandosi sulla sua autobiografia, Scorsese ne ricostruì la storia assieme agli sceneggiatori Mardik Martin e Paul Schrader (regista, quest’ultimo, di American Gigolò e sceneggiatore di Taxi Driver).
Robert De Niro e Joe Pesci
Soprattutto, volle due interpreti eccezionali. Il primo, nel ruolo di LaMotta, fu Robert De Niro, capace di fornire un’interpretazione così convincente da conquistare un Oscar. Il secondo fu Joe Pesci, che non riuscì a convertire la sua nomination ma convinse anch’egli i critici.
La storia di LaMotta, d’altronde, è piena di alti e bassi, trionfi e cadute. Mentre vinceva il titolo mondiale, la sua vita privata andava a rotoli, minata dalla sua pazzesca gelosia e dalla violenza che manifestava anche nei confronti del fratello-manager. Protetto dalla mafia e allo stesso tempo venduto ad essa, pieno di debiti e inguaiato con la giustizia, finiva per rimanere profondamente solo, ma ancora, in un certo senso, desideroso di grandezza, come dimostrano i monologhi in camerino in attesa di esibirsi sul palco, durante la vecchiaia.
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Bull Durham – Un gioco a tre mani (1988)
Kevin Costner, Tim Robbins e Susan Sarandon
Passiamo ora, come preannunciato, agli sport di squadra. Ne vedremo due, che in America – patria dei film e di un certo gusto per la competizione – sono particolarmente amati, il baseball e il football americano. Per quanto riguarda il primo, di pellicole che meriterebbero di stare in questa lista ce ne sono parecchie. Pensate ad esempio a Il migliore con Robert Redford. O al già citato Major League. O al femminile Ragazze vincenti. Quello che però ci pare più rappresentativo dello sport in generale è Bull Durham – Un gioco a tre mani.
Il film è stato scritto e diretto nel 1988 da Ron Shelton, allora all’esordio dietro alla macchina da presa. Un regista che però si sarebbe da lì in poi specializzato in pellicole sportive, come dimostrano i successivi Chi non salta bianco è, sul basket, e Tin Cup, sul golf. Ma Bull Durham, per divertimento e intesa del cast, è probabilmente superiore a queste altre due prove.
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La storia è ambientata a Durham, cittadina che ha una squadra di baseball che gioca nelle leghe minori. Questa squadra assume l’esperto giocatore Crash Davis per fare da “chioccia” a un giovane lanciatore che pare particolarmente talentuoso, Ebby Calvin LaLoosh. Tra i due poi si intromette una donna, l’insegnante Annie Savoy, fanatica del gioco e della squadra. Una squadra che, dopo le iniziali difficoltà, inizia a racimolare vittorie e a far interessare alcuni osservatori.
I tre ruoli principali sono affidati ad attori che in parte erano già famosi, ma che da lì in poi avrebbero ottenuto un grande successo. Il più giovane è Tim Robbins, al primo ruolo da protagonista. Il suo mentore, poi, è Kevin Costner, in realtà più vecchio del suo collega di appena 3 anni. L’attore californiano aveva appena recitato in The Untouchables – Gli intoccabili e si preparava ad esordire alla regia con Balla coi lupi. Infine, il trittico veniva chiuso da Susan Sarandon, appena comparsa ne Le streghe di Eastwick e poco dopo protagonista di Thelma & Louise.
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Jerry Maguire (1996)
La storia di un procuratore sportivo
Come detto, chiudiamo la nostra lista con un film dedicato al football americano. Non tanto – o, meglio: non solo – a quello giocato, ma anche a quello che si vive al di fuori del campo. Il protagonista di Jerry Maguire è infatti un procuratore, ruolo che ha assunto un sempre maggior peso nello sport professionistico negli ultimi decenni.
A far partire il film è la decisione, però, di Maguire di cambiare vita. Invece di continuare a seguire tanti giocatori con un rapporto attento solo al profitto, decide di limitare i clienti, praticando però un approccio più etico. Questo gli costa il posto nell’agenzia di procuratori per cui lavora e lo obbliga a mettersi in proprio. Con, per il momento, un solo cliente: l’eccentrico Rod Tidwell, dotato di un talento grezzo ancora da confermare.
Un tema caro a Cameron Crowe
La storia, insomma, diventa quella di un uomo che cerca di ritrovare se stesso e di fondare dei rapporti più profondi, sia con il ragazzo di cui è procuratore, sia con la sua collaboratrice principale, Dorothy. Un tema caro, tra l’altro, al regista e autore della sceneggiatura, Cameron Crowe. Che un tema simile, al di fuori dell’ambito sportivo, l’avrebbe infatti affrontato anche in Quasi famosi e Elizabethtown.
Jerry Maguire, comunque, ha avuto un successo straordinario, sia al botteghino, sia per la capacità di entrare nell’immaginario collettivo. Basti dire che due frasi pronunciate nel film sono diventate quasi proverbiali. Stiamo parlando del «Show me the money» che il personaggio di Cuba Gooding jr. dice a Tom Cruise, e del «Mi avevi già convinta al “ciao”» di Renée Zellweger.
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