
Il razzismo dovrebbe essere una vecchia storia, di quelle che i nonni raccontano ai nipotini per sottolineare il progresso tra una generazione e l’altra. In realtà ogni scusa è buona per fare marcia indietro, soprattutto se a volte ciò che accade nel mondo non incoraggia alla tolleranza e anzi istiga a fare di tutta l’erba un fascio. Fortunatamente, per quanto riguarda lo schiavismo nei confronti dei neri, possiamo affermare che è acqua passata.
Se si pensa alla storia statunitense, i due fenomeni sono strettamente legati: in alcuni momenti si succedono come in una macabra staffetta, in altri si mescolano tanto da non capire nemmeno dove finisce il primo e comincia il secondo. Gli Stati in cui la schiavitù affonda le sue radici più profonde sono quelli del Sud, dove le persone di origine africana venivano forzate a lavorare nelle piantagioni. Questa situazione di sfruttamento, esistente dagli ultimi decenni del ‘700, si protrasse fino al 1865, quando il XIII emendamento spense la guerra civile.
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Anche se ufficialmente abolito, lo schiavismo aveva sollevato un insormontabile muro tra bianchi e neri: l’idea che alla differenza di colore dovesse corrispondere una diversità di diritti permase fino agli anni ’60 del Novecento, ma il razzismo non è ancora scomparso. Vediamo insieme cinque romanzi su questi temi, alcuni addirittura scritti da chi ha subito direttamente gli orrori dello schiavismo e i pregiudizi del razzismo.
Indice
Solomon Northup – 12 anni schiavo
Il sogno della libertà che mantiene viva la speranza
Quando un uomo nasce schiavo forse non dà peso alla sua misera condizione, perché non pensa ne esistano altre a cui ambire: la libertà è qualcosa di troppo lontano per poterla afferrare. La situazione cambia per un uomo libero che viene catapultato nel tunnel della schiavitù, come accadde a Solomon Northup, che nei suoi dodici anni di prigionia resistette alle torture più spietate.
12 anni schiavo (1853) è l’autobiografia che Northup scrisse e pubblicò una volta libero. I ricordi dei maltrattamenti subiti erano ancora vividi nella sua mente: ciò gli consentì di fornire una testimonianza forte e dettagliata. Il lettore può così facilmente percepire il rancore verso i due uomini che l’hanno ingannato e ridotto in catene, il sollievo di trovare inizialmente un padrone gentile, la paura per il secondo e il disgusto nei confronti del terzo e della sua brutalità smisurata.
[wpzon keywords=”12 anni schiavo” sindex=”Books” sort=”relevancerank” listing=”3″ country=”it” descr=”0″ col=”3″]Sospiravo la libertà, ma avevo intorno al corpo la catena dello schiavo, e non c’era modo di scrollarmela di dosso.
Northup dipinse anche un quadro particolareggiato sui vari aspetti della vita delle vittime dello schiavismo. Spese molte righe per raccontare di Patsey, una compagna di sventura ripetutamente oltraggiata da Edwin Epps e umiliata dalla moglie dell’uomo. Per quanto fosse scoraggiato, Northup non si arrese mai. Quando incontrò l’abolizionista che lo mise in contatto con la famiglia, aveva tentato diverse volte di fuggire, ma nel profondo sapeva che avrebbe riassaporato la libertà e avrebbe lottato per evitare ad altri quel triste destino.
Harper Lee – Il buio oltre la siepe
L’indignazione di due bambini davanti ad un’evidente ingiustizia
Autrice de Il buio oltre la siepe, Harper Lee scelse il 1960 come data di pubblicazione del suo romanzo, un anno in cui la gente aveva cominciato a rendersi conto delle enormi discrepanze tra chi differiva nel colore della pelle. La scrittrice statunitense prese un’altra decisione tattica: ambientò la sua opera negli anni ’30, quando il razzismo aveva raggiunto il suo apice, come dimostra anche il successo dalle teorie di Hitler.
I protagonisti sono due fratelli bianchi, Scout e Jem Finch, orfani di madre e figli di un avvocato. La tranquillità estiva della città in cui vivono viene interrotta da uno scandalo: Tom Robinson, uomo di colore, è accusato di aver violentato una ragazza bianca. I due ragazzi, assistendo al processo, capiscono immediatamente che l’innocenza dell’uomo non sarebbe mai venuta a galla. Anche se giovani, fratello e sorella si rendono conto che l’unica colpevolezza di Robinson è avere la pelle scura, quindi approfondiscono le indagini e scoprono che l’aggressore della ragazza non è altri che suo padre, il quale cercherà di ucciderli.
[wpzon keywords=”il buio oltre la siepe” sindex=”Books” sort=”relevancerank” listing=”3″ country=”it” descr=”0″ col=”3″]Harper Lee trovò un modo originale per mostrare l’evidente disumanità del razzismo, ovvero lo descrisse attraverso gli occhi dei suoi protagonisti che, in quanto giovani e ingenui, rappresentavano la bocca della verità. Soprattutto, mostrò come nelle loro menti pulite da ogni pregiudizio non avesse alcun senso la giustificazione del “perché è nero”.
Alex Haley – Radici
La forza dei ricordi e la volontà di non dimenticare
Nel 1976 Alex Haley pubblicò il suo romanzo, Radici, frutto di anni di indagini e ricerche. Il titolo sintetizza perfettamente il contenuto del libro: l’autore ripercorre tra queste pagine la storia della sua famiglia, risalendo fino a Kunta Kinte, l’antenato venuto al mondo in Gambia nel 1750. Era una ragazzo immerso nella vita e nelle tradizioni del suo villaggio e aveva 16 anni quando si addentrò nel folto della foresta per non tornare più, inghiottito dalle tenebre dello schiavismo.
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Condotto in America, Kunta Kinte non si abituò mai alla sua nuova vita e tentò spesso di fuggire. Condivise i ricordi della sua terra natale con la figlia Kizzy, la quale fu presto venduta all’asta per aver aiutato un amico a scappare. Il suo nuovo padrone bianco abusò di lei, lasciandola gravida e ricoprendola di umiliazione. Per il figlio George e il nipote Tom la situazione migliorò: nel frattempo si era conclusa la guerra civile e loro erano stati emancipati.
[wpzon keywords=”radici haley” sindex=”Books” sort=”relevancerank” listing=”3″ country=”it” descr=”0″ col=”3″]Alex Haley nacque tre generazioni più tardi e si assunse l’incarico di stendere per iscritto l’antico racconto di famiglia, tramandato oralmente per vari secoli. Intraprese anche un viaggio in Gambia dove, grazie alle indicazioni di Kunta Kinte, riuscì a rintracciare i suoi parenti e, malgrado tutto, a sentirsi finalmente a casa.
Isabel Allende – L’isola sotto il mare
La schiavitù dei neri e l’infelicità interiore dei bianchi
Ambientato tra i Caraibi e la Louisiana di fine Settecento, L’isola sotto il mare è un romanzo della cilena Isabel Allende che, muovendo i fili della protagonista Zarité, decise di trattare il tema della schiavitù non solo come condizione riservata alle persone di colore, ma anche come penitenza per i padroni bianchi. La loro è una prigionia interiore, vissuta all’interno di una cella edificata dalle loro stesse mani, guidate dalla smania di dominare e manipolare gli altri.
La protagonista del romanzo, soprannominata Teté, lavora per Toulouse Valmorain, un uomo che possiede varie piantagioni, anche se la sua attrazione nei confronti della giovanissima schiava lo convince a metterla al servizio della moglie. La donna, delirante dopo il parto, morirà ponendo fine ad una lunga agonia alla quale solo la fedele Teté ha potuto assistere. Sarà proprio lei a prendersi cura del neonato Maurice e della figlia Rosette, frutto degli abusi del padrone.
[wpzon keywords=”l’isola sotto il mare allende” sindex=”Books” sort=”relevancerank” listing=”3″ country=”it” descr=”0″ col=”3″]Isabel Allende pubblicò l’opera nel poco lontano 2009, per riproporre un argomento che non si estinguerà mai, optando per un finale lieto, ma che lascia il lettore con l’amaro in bocca. Teté sarà costretta a sopprimere il suo amore per Gambo, si ritroverà ad allontanarsi da Maurice e dovrà seppellire Rosette. La conquistata libertà risulterà quindi l’unico barlume di luce nel mezzo di un’esistenza circondata dalle tenebre della sofferenza.
Kathryne Stockett – The Help
Il coraggio di saper raccontare ciò che tutti tacciono
The Help (2009) è un romanzo ambientato nel 1962, nel cuore delle mobilitazioni per l’assegnazione dei pieni diritti alle persone di colore. L’attenzione dell’autrice si focalizza esclusivamente su personaggi femminili dal carattere forte, in particolare marca la differenza tra le domestiche nere al servizio delle padrone bianche. Queste ultime sono ipocrite a tal punto da organizzare una beneficienza per migliorare le condizioni dei bambini africani, continuando d’altro canto a peggiorare quelle delle loro governanti.
Appena laureata e fresca di studi, Skeeter è invece la “mosca bianca” che, alimentata dai propri ideali e decisa a diventare una scrittrice, frequenta le domestiche delle sue ricche amiche per convincerle a raccogliere in un libro le loro esperienze al servizio delle famiglie bianche. Le nere, inizialmente restie e diffidenti, accetteranno di affidare le loro memorie alla stampa dopo essersi rese conto che gli abomini verso quelli della loro razza aumentavano a dismisura.
[wpzon keywords=”stockett the help” sindex=”Books” sort=”relevancerank” listing=”3″ country=”it” descr=”0″ col=”3″]L’opera è percorsa dalla comicità: lo si percepisce soprattutto nei racconti delle domestiche Aibileen e Minny, che abbracciano un tono ironico per sdrammatizzare la loro situazione. Dall’altro lato, la nota comica alleggerisce la tragicità degli eventi che sconvolgono la vita dei personaggi. Ognuno di loro ha una storia e la racconterà spiegando ogni “perché” al momento giusto. La raccolta di Skeeter riuscirà finalmente a dare sfogo alle voci che la gente si ostinava ad ignorare.