Cinque tra i film di fantascienza più belli di sempre

La guida ai migliori film di fantascienza di tutti i tempi

Quello della fantascienza è un genere connaturato all’età contemporanea. Per quanto fossero presenti già in epoca moderna e a volte addirittura antica esempi di storie in cui lo sviluppo scientifico veniva esagerato a fini narrativi, è chiaro che la più ampia diffusione di questo genere è avvenuta infatti a partire dalla fine dell’Ottocento, quando il trionfo del progresso e del Positivismo portarono vari autori a riflettere sui rischi e le possibilità della tecnica.

A livello cinematografico tutto questo si è riflettuto con un lieve ritardo. Se è vero, infatti, che già Georges Méliès aveva abbozzato dei film visionari come Viaggio nella Luna del 1902, è anche vero che è stato solo dopo la Seconda guerra mondiale che il genere è decollato, anche perché permetteva di incanalare le fobie nei confronti della guerra atomica in storie che all’apparenza potevano apparire distanti e sognanti.

Tra gli anni ’50 e ’70

Certo, la fantascienza degli anni ’50, al cinema come nella neonata televisione, era spesso ancora ingenua, a basso costo e di bassa qualità, ma le cose sarebbero presto maturate. Già un paio di decenni dopo, infatti, anche i grandi autori – cresciuti spesso guardando quei film – iniziarono a dedicarsi al genere e a renderlo immortale.

Proprio per questo, abbiamo selezionato cinque pellicole che, dalla fine degli anni ’60 ad oggi, hanno contribuito enormemente a ridefinire non solo la fantascienza, ma più in generale tutto il linguaggio cinematografico; crediamo che grossomodo possiate convenire sulle nostre scelte, ma, prima di cominciare, ci sembra il caso di citare almeno qualche escluso eccellente come Metropolis del 1927, i film di Spielberg a cavallo tra gli anni ’70 e ’80 come Incontri ravvicinati del terzo tipo e E.T., oltre ai primi due capitoli della saga di Terminator. Ma procediamo coi cinque che abbiamo inserito nella lista.


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2001: Odissea nello spazio

Il capolavoro che ha ridefinito la fantascienza e il cinema

La locandina italiana originale di 2001: Odissea nello spazioNon potevamo che partire da qui, da 2001: Odissea nello spazio di Stanley Kubrick, il film che in un certo senso ha fatto diventare maggiorenne la fantascienza. Come abbiamo accennato e come abbiamo tra l’altro scritto anche altrove, negli anni ’50 e ’60 la science fiction era considerata un genere minore, in cui magari qualche talento poteva anche emergere ma da cui non c’era da aspettarsi granché; erano storie d’azione e di paura, create per eccitare gli animi giocando anche sulle fobie più profonde della società americana.

A rivoluzionare il tutto ci pensarono appunto Kubrick e Arthur Clarke, il soggettista e co-sceneggiatore, che crearono un film epico, inquietante e visionario, carico di messaggi filosofici ma allo stesso tempo scientificamente ineccepibile.


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La storia raccontata nel film partiva dalle origini dell’umanità e si spinge fino all’anno 2001, allora un futuro relativamente remoto. Nella prima parte la macchina da presa seguiva la vita di alcuni ominidi, che cambiava clamorosamente quando gli esseri scoprivano un misterioso monolite nero, che sembrava dare loro la capacità di usare gli strumenti per la caccia e la difesa; poi ci si spostava al 1999, con la scoperta sulla Luna di un altro monolite, sepolto da tempo in modo apparentemente non casuale.

Sulla Discovery One

Infine, l’azione principale si svolgeva appunto nel 2001, con una astronave – la Discovery One – diretta verso Marte per indagare in qualche modo sul monolite. Quest’ultima missione, però, si tingeva rapidamente di rosso.

Il supercomputer che governava l’astronave, HAL 9000, per paura di essere disattivato, in un lento ma micidiale progredire, uccideva infatti uno ad uno i membri dell’equipaggio, fino a quando il comandante David Bowman non finiva, dopo essere stato in orbita attorno a Giove, in una stanza arredata in stile Impero, in cui diventava un’entità superiore chiamata Bambino-delle-Stelle (il tutto sulle note non casuali del nicciano Così parlò Zarathustra di Richard Strauss).

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Guerre stellari

Senza dimenticare L’impero colpisce ancora

Il poster del 1977 di Star WarsSe Kubrick aveva ridefinito il lato filosofico del genere fantascientifico (che era presente già da tempo, ma mai era stato sviluppato in quelle proporzioni), George Lucas avrebbe ridefinito, una decina d’anni più tardi, il suo lato avventuroso.

Guerre stellari – o, come viene chiamato ora, Star Wars: Episodio IV – Una nuova speranza – uscì infatti nelle sale cinematografiche nel 1977, inaugurando una delle saghe più proficue della storia del cinema e incantando milioni di spettatori, che per la prima volta si appassionavano alle vicende di veri avventurieri spaziali animati da nobili ideali ma anche, in molti casi, dalla ricerca del profitto e del potere.

Come entrare nel mito

Già quella prima pellicola aveva molti elementi per entrare nel mito: effetti speciali fino ad allora solo sognati, una storia di viaggio, maturazione e scontro tra bene e male che si ricollegava all’estetica fantasy, un clima epico che lasciava aperta la strada a molte altre storie che d’altronde Lucas aveva già in mente di raccontare.

Ma il fascino della saga non si deve solo al film che le ha dato il via, bensì anche ai suoi seguiti e prequel, o quantomeno ad alcuni di essi. L’impero colpisce ancora, ad esempio, si pone forse addirittura su un livello qualitativo superiore al suo predecessore, e merita quindi di essere ricordato in questa lista.

La storia, nel secondo capitolo, prendeva infatti una piega più matura e cupa, con la scoperta da parte di Luke Skywalker della vera identità di Darth Vader/Dart Fener, l’ibernazione di Ian Solo e la comparsa di Yoda, il guerriero Jedi dal linguaggio particolarissimo.

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Alien

E il suo sequel Aliens – Scontro finale

La locandina di "Alien", film tra i più spaventosi di sempreQuando abbiamo parlato di 2001: Odissea nello spazio, abbiamo fatto cenno all’inquietudine che quel film riusciva a comunicare nelle sequenze in cui HAL metteva in atto il proprio piano; una inquietudine che aveva tutte le caratteristiche del thriller – che già da anni si era mescolato alla fantascienza tradizionale – ma anche di qualcosa di più cupo e terribile, quasi un presagio dell’horror.

E questo filone fu infatti pienamente indagato qualche anno più tardi, quando fece la sua comparsa sul grande schermo, nel 1979, Alien del britannico Ridley Scott. Il film, che uscì grazie al grande successo che le pellicole di fantascienza stavano ottenendo in quegli anni, rappresentava infatti un netto cambio di tendenza.


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Mentre Guerre stellari, Incontri ravvicinati del terzo tipo e, poco dopo, E.T. lavoravano per mostrarci un futuro e delle razze aliene da accogliere con un certo entusiasmo, perché portatrici di novità che potevano tramutarsi in speranze, Scott mise in scena il terrore puro che l’ignoto poteva celare.

Il lavoro di Giger e Rambaldi

Il film – che in realtà era debitore nei confronti di molte pellicole degli anni ’50 e ’60 e perfino dell’italiana Terrore nello spazio di Mario Bava – si basava sulla storia claustrofobica dell’equipaggio di una astronave che si trovava infettato e minacciato da un oscuro alieno, un orribile xenomorfa ispirato allo sceneggiatore Dan O’Bannon dai disegni dello svizzero H.R. Giger, che poi avrebbe ricreato il mostro per il film assieme al nostro Carlo Rambaldi.

Un mostro a cui – assieme alla sua nemesi Ellen Ripley (interpretata da Sigourney Weaver) – sarebbero stati dedicati anche vari sequel, tra i quali non si può non menzionare Aliens – Scontro finale, che merita di stare allo stesso livello del film da cui ha preso spunto per la qualità della regia (questa volta affidata a un James Cameron reduce da Terminator) e per la tensione che sapeva creare nello spettatore.

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Blade Runner

Le molte versioni dell’altro capolavoro di Ridley Scott

La locandina di Blade Runner, uno dei film di fantascienza più belli e famosi di sempreFirmato ancora una volta da Ridley Scott è anche il quarto film del nostro elenco, l’ultimo che abbiamo preso da quel periodo d’oro per la fantascienza che è stato il decennio compreso tra il 1976 e il 1986: stiamo parlando di Blade Runner, pellicola che tra l’altro aveva per protagonista un altro degli eroi di quel decennio, Harrison Ford.

Uscito nel 1982 con anche la partecipazione di Rutger Hauer, Sean Young e Daryl Hannah, il film si ispirava ad un romanzo di Philip K. Dick, Il cacciatore di androidi, a volte tradotto anche come Ma gli androidi sognano pecore elettriche?, più fedele all’originale inglese: la storia, abbastanza nota, è ambientata in un futuro distopico in cui gli androidi vengono creati per essere utilizzati come forza-lavoro, ma a volte fuggono e finiscono per essere cacciati da appositi blade runner.


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Proprio un ex poliziotto impegnato in un’ultima missione di questo tipo, Rick Deckard, rimaneva coinvolto nel triste caso di Roy Batty e dei suoi compagni, finendo anche per innamorarsi di una replicante e comprendendo meglio quel tipo di vita di cui forse anche lui poteva far parte.

Il finale andato nelle sale nel 1982 era tutto sommato ottimistico, ma in questi trent’anni sono usciti vari finali alternativi, dal director’s cut (l’unico che insinua il dubbio che Deckard sia egli stesso un replicante) ad altri tagliati per esigenze televisive o di altro tipo. In tutto si contano la bellezza di sette versioni diverse, alcune delle quali proiettate in varie fiere senza il consenso di Scott.

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Matrix

La nuova fantascienza della realtà virtuale

Matrix, il celebre film con Keanu Reeves dai pesanti risvolti filosoficiConcludiamo con un film più recente (anche se ormai non più di tanto, visto che è del 1999) ma che ha lasciato decisamente il segno sul cinema degli ultimi vent’anni: Matrix di Andy e Lana Wachowski.

Se, infatti, i film che abbiamo visto finora erano tutto sommato o di impianto classico, o legati al massimo ad atmosfere cyberpunk, qui si è ormai compiuto un salto in avanti non indifferente, con il completo passaggio alla realtà virtuale e a tutto ciò che essa comporta, sia in termini di straniamento della realtà che di difficoltà nel distinguere ciò che è vero da ciò che è illusione creata dalla tecnologia.

Registi e interpreti

Un dilemma risolto – almeno in questo primo capitolo della trilogia – in maniera molto elegante dai Wachowski, che hanno trovato poi in Keanu Reeves, Laurence Fishburne, Carrie-Ann Moss e Hugo Weaving degli ottimi e adattissimi interpreti delle loro visioni.

La bellezza di Matrix, però, non sta solo nell’impianto che potremmo definire filosofico e narrativo della pellicola; a lasciare ancora più il segno, infatti, è stata l’estetica del film, con la rappresentazione testuale “a cascata” della matrice con caratteri verdi su fondo nero, con l’effetto speciale del bullet time, con i lunghi impermeabili di pelle nera indossati costantemente da Neo e soci.

Peccato solo che in questo caso i sequel – due, usciti entrambi nel 2003: Matrix Reloaded e Matrix Revolutions – non siano stati all’altezza del primo film, eccedendo nei riferimenti escatologici e nella complessità della trama.

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