Cinque tra i più bei film di Alfred Hitchcock (e la storia della sua filmografia)

Alfred Hitchcock, la sua filmografia e i suoi film più belli

Ogni generazione ha, probabilmente, il suo regista di riferimento. A cavallo tra gli anni ’70 e gli ’80 c’è stato George Lucas; negli ’80 Steven Spielberg; nei ’90 James Cameron. E poi Peter Jackson, Christopher Nolan, e in futuro chissà chi altro. Tra gli anni ’50 e ’60 il regista capofila di tutto il movimento cinematografico americano, quello che non sbagliava un colpo al botteghino, era invece Alfred Hitchcock.

Il maestro del brivido era nato a Londra nel 1899 e aveva cominciato a girare i primi film in patria a partire dal 1922. Nel 1939, poche settimane prima dello scoppio della Seconda guerra mondiale, decise di trasferirsi in America, dove lo aspettavano i fondi per sviluppare al meglio il proprio stile.

Tra il 1940 e il 1976 diresse 30 pellicole, molte delle quali sono oggi considerate dei capolavori del cinema mondiale. Film come Rebecca – La prima moglie, L’ombra del dubbio, L’altro uomo, L’uomo che sapeva troppo o Gli uccelli, solo per citare quelli che non sono riusciti ad entrare nella nostra cinquina, sono stati studiati ed amati da milioni di persone.

Ma quali sono le pellicole più belle della filmografia di Alfred Hitchcock? Quali quelle che un neofita deve assolutamente recuperare e da cui è meglio partire?

Scegliere solo cinque film non è facile, ma ci abbiamo provato, tenendo conto sia dei titoli che hanno avuto maggior influenza sul cinema successivo, sia dell’evoluzione dello stile di Hitchcock. Ecco le nostre scelte.

 

1. Notorious – L’amante perduta

Al suo arrivo a Hollywood, Alfred Hitchcock diresse subito Rebecca – La prima moglie, aggiudicandosi l’Oscar per il miglior film. Questo gli permise di lavorare immediatamente con grande libertà, di scegliersi i soggetti e gli attori, di costruire i film a propria immagine e somiglianza.

E Notorious, datato 1946, fu quello in cui forse per la prima volta emersero tutti insieme gli elementi più caratteristici della sua poetica.

La trama era quella di una spy-story legata al clima della guerra appena conclusa. La giovane Elena (interpretata da Ingrid Bergman) era la figlia di una spia tedesca che, per riscattarsi, accettava di lavorare per il governo americano.

Per questo si recava in Brasile e sposava un suo vecchio corteggiatore, nazista anch’egli, Alessio (Claude Rains). A farle da spalla, una spia americana, T.R. Devlin (Cary Grant, al secondo di quattro film con Hitchcok).

Lo stile di Hitchcock

Lo stile del regista emerge nella sceneggiatura, nelle scene, nelle riprese. Celebri i piani sequenza, il dettaglio della tazzina da caffè e della chiave della cantina, ma anche il bacio prolungato tra la Bergman e Grant che destò scandalo, le inquadrature delicate e interminabili sulla protagonista bionda, il rapporto edipico dell’antagonista con la madre.

Insomma, tutto Hitchcock alla massima potenza, in un maestoso bianco e nero. Non a caso, questo divenne in fretta il film più amato della Nouvelle Vague francese.

 

2. La finestra sul cortile

Se Notorious aveva stuzzicato i palati dei giovani critici europei (mentre in America era stato ritenuto un semplice film da botteghino), La finestra sul cortile li sconvolse del tutto.

Il film del 1954, interpretato da James Stewart, Grace Kelly, Thelma Ritter e Raymond Burr, è infatti forse il capolavoro assoluto di Hitchcock, per la capacità di mettere insieme diversi piani di lettura.

Il primo, il più banale, è quello del thriller: un fotografo costretto su una sedia a rotelle osserva dalla finestra di casa sua quello che ritiene essere un omicidio e decide di indagare facendosi aiutare dalla bella fidanzata e dalla sua infermiera.

La grande metafora del cinema

Il thriller – teso e mozzafiato come solo Hitchcock sapeva fare – è però solo un lato della medaglia. Dall’altra parte c’è la metafora. Il protagonista Jeff, che dalla sua finestra usa l’obiettivo della macchina fotografica per spiare i vicini, non è altro che il simbolo dello stesso spettatore, del suo voyeurismo, della sua immedesimazione nella storia.

Una visione che non è mai chiara, ma sempre incerta, misteriosa, quasi onirica, e comunque passata attraverso lo strumento meccanico. Le ore in sedia a rotelle di Jeff diventano quindi ore di studio della vita e soprattutto dei matrimoni in crisi che tanta parte avevano nelle storie di contorno del regista inglese.

 

3. La donna che visse due volte

Gli anni ’50 furono il periodo d’oro di Hitchcock. Non che il londinese non avesse diretto grandi film anche prima; ma in quel decennio il regista vedeva finalmente riconosciuto il suo talento.

Amato dal pubblico e dalla più giovane critica europea (mentre l’establishment continuava a snobbarlo), mise a segno uno dopo l’altro una serie di colpi memorabili.

La donna che visse due volte (Vertigo, in originale) arrivò nei cinema nel 1958: fu in origine un flop, ma nel giro di pochi anni divenne uno dei suoi film più studiati.

Il tema del doppio

La trama era complessa e mescolava tra loro il tema della vertigine, dell’inconscio e del doppio, senza trascurare un’allegoria sul ruolo del regista. Il poliziotto Scottie (ancora James Stewart) si dimetteva dopo un tragico inseguimento sui tetti di San Francisco e la morte di un collega.

Veniva quindi contattato da un vecchio compagno di scuola, che gli chiedeva di pedinare la giovane e bella moglie (Kim Novak), ossessionata da un’antenata – a cui somigliava moltissimo – morta suicida alla sua stessa età.

Scottie accettava l’incarico e si innamorava della donna, ma a causa delle sue vertigini non poteva impedirne il suicidio. Ripresosi dal trauma, sembrava però ritrovare la stessa donna in una commessa dal fare misterioso.

 

4. Intrigo internazionale

I tre ultimi film della nostra cinquina uscirono uno dopo l’altro tra il 1958 e il 1960, e segnarono il picco della carriera di Hitchcock. Dopo La donna che visse due volte fu infatti il turno di Intrigo internazionale, mentre l’anno successivo arrivò nei cinema Psyco.

Nel secondo di questi film, di cui parliamo ora, si tornava di nuovo sul tema dello spionaggio e ancora una volta il ruolo di protagonista veniva affidato a Cary Grant, uno degli attori-feticcio del regista.

Il film presentava il solito innocente ingiustamente accusato. Per uno scambio di persona, il pubblicitario Roger Thornhill veniva infatti creduto un agente segreto e rischiava più volte la vita. Il suo tentativo di discolparsi lo portava, per una serie di circostanze, anche ad essere accusato di omicidio e a doversi dare alla macchia.

Nel mentre, una donna molto bella e ambigua (Eva Marie Saint) sembrava aiutarlo, salvo poi finire lei stessa nei guai.

Di nuovo Cary Grant, di nuovo lo spionaggio

Al di là della trama, che riprende alcuni dei cliché cari a Hitchcock, il film è memorabile per le sue scene.

Celeberrima, ad esempio, è quella dell’attacco aereo contro Cary Grant, totalmente priva di musica e di dialogo, in pieno giorno, eppure angosciante e maestosa.

 

5. Psyco

Il registro dei film di Hitchcock era spesso ironico e allusivo. Intrigo internazionale si concludeva con i due protagonisti finalmente liberi di amarsi, mentre un treno entrava in una galleria, ma anche Caccia al ladro presentava qualche strizzata d’occhio sessuale.

D’altro canto, quasi tutti i film inglesi del regista erano stati contrassegnati sì da tensione, ma anche da un profondo humour. Quest’ironia, però, mancava in alcune pellicole più cupe, come La donna che visse due volte, di cui abbiamo già parlato.

E come Psyco, un film basato su una storia vera che fu anche il suo maggior successo commerciale.

La storia, che certo conoscete già, è quella di una donna che ruba una quantità di denaro e trova rifugio, durante la fuga, in un isolato motel. A dirigere la struttura è il giovane Norman Bates, che accudisce una madre molto strana e malata, che però sembra macchiarsi anche di alcuni omicidi.

Il film perfetto

Anche qui, però, la trama – che pure sconvolse la critica e il pubblico, creando il primo capolavoro horror – è per Hitchcock solo un pretesto. Come spiegò a François Truffaut nel corso di alcune celebri interviste, il suo scopo era creare il film perfetto.

Cioè riuscire ad emozionare e spaventare il pubblico non tanto tramite una storia, ma tramite le inquadrature, il montaggio, la fotografia, la colonna sonora. Missione completamente riuscita.

 

Segnala altri bei film di Alfred Hitchcock nei commenti.

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