Cinque tra i più importanti registi americani viventi

Alcuni dei migliori registi americani viventi: da sinistra, Francis Ford Coppola, George Lucas, Martin Scorsese e Steven Spielberg

Cercare di scegliere i più importanti registi americani viventi è, sostanzialmente, un’impresa quasi impossibile. Gli Stati Uniti sono il paese in cui vengono prodotti più film, film che dominano da quasi un secolo il mercato. E, di fianco a prodotti puramente commerciali, convivono da sempre anche pellicole di qualità, in cui l’arte si mescola sapientemente ai generi. L’elenco dei registi a stelle e strisce è quindi lunghissimo. Solo citando quelli che, a malincuore, abbiamo dovuto lasciare fuori dalla cinquina, figurano cineasti del calibro di Clint Eastwood, George Lucas, Terrence Malick, David Lynch, David Cronenberg, Darren Aronofsky, Gus Van Sant, Paul Thomas Anderson, Woody Allen ed altri ancora.

Ce ne sono cinque che però, a nostro avviso, spiccano sugli altri, perché sono riusciti – magari anche solo in una certa fase della loro carriera – a segnare il cinema mondiale. Tre di questi sono maestri ormai non più nel fiore dei loro anni, visto che hanno cominciato a sfornare i primi capolavori negli anni ’70. Gli ultimi due, invece, sono emersi più di recente, a partire dagli anni ’90. E, lo diciamo per inciso e con un pizzico d’orgoglio, tra questi cinque ben tre sono italoamericani. Scopriamoli assieme.

 

Francis Ford Coppola

Dai successi de Il padrino e Apocalypse Now alla crisi degli ultimi anni

Francis Ford Coppola, uno dei maestri del cinema americano (foto del Guadalajara Cinema Fest via Flickr)Il più vecchio della nostra lista è Francis Ford Coppola. Nato a Detroit nel 1939, il regista è stato, assieme ai prossimi due che presenteremo, uno dei capofila della cosiddetta New Hollywood, quel movimento di cineasti che ha cambiato il modo di fare cinema in America a partire dagli anni ’70. Cresciuto a New York in una famiglia di musicisti, si appassionò al cinema fin da piccolo, esordendo nel settore nei primi anni ’60 come assistente di Roger Corman. I primi lavori furono così film a basso costo, anche se iniziò a farsi notare con le sceneggiature di Parigi brucia? e Questa ragazza è di tutti.

Buttati Bernardo! fu il suo primo film importante, in grado di fruttargli la prima nomination agli Oscar, mentre nel 1969 uscì Non torno a casa stasera, con James Caan e Robert Duvall. Il primo Oscar arrivò per la sceneggiatura di Patton, generale d’acciaio, ma la svolta è datata 1972, quando la Paramount gli affidò la direzione del primo film della saga de Il padrino. La pellicola fu un successo clamoroso, che arrivò ad incassare più di un miliardo di dollari, facendo di Coppola il regista più interessante della sua generazione. Seguirono subito altri capolavori come La conversazione e soprattutto Apocalypse Now, in cui la sua mano si vide in maniera ancora più forte.

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I film degli anni ’80 non convinsero sempre la critica. Il migliore è forse Rusty il selvaggio con Mickey Rourke e Matt Dillon (attore con cui lavorò anche in I ragazzi della 56ª strada). Negli anni ’90 ritornò però in auge con Dracula di Bram Stoker, seguito qualche anno più tardi dal discreto L’uomo della pioggia. Le pellicole più recenti sono il dimenticabile horror Twixt e il drammatico Segreti di famiglia con Vincent Gallo.

Anche se i lavori cinematografici di Coppola si sono fatti negli ultimi anni più rari e meno convincenti, la sua eredità è stata in parte raccolta da membri della sua famiglia. La figlia Sofia, ad esempio, è una regista di successo, avendo diretto Lost in Translation, Il giardino delle vergini suicide e Marie Antoinette, mentre il nipote Nicolas Cage è una delle star più pagate di Hollywood.

 

Martin Scorsese

La vita degli italoamericani e le collaborazioni con De Niro e DiCaprio

Martin Scorsese nel 2010 (foto di Siebbi via Ipernity)Se sono ormai passati vari anni dai grandi capolavori di Coppola, Martin Scorsese è invece un regista che continua a sfornare ottimi film con grande costanza. Nato nel 1942 a New York, anch’egli da una famiglia italoamericana, crebbe a Little Italy, vivendo a stretto contatto con le gang malavitose ma anche con l’aria religiosa che si respirava nel quartiere. Dopo aver accarezzato l’idea di diventare prete, iniziò a studiare cinematografia e presto si trasferì a Los Angeles, cominciando a collaborare anch’egli con Roger Corman. A quel punto aveva già diretto il suo primo film, Chi sta bussando alla mia porta?, ma nel 1973 poté dirigere la pellicola che gli avrebbe cambiato la carriera: Mean Streets – Domenica in chiesa, lunedì all’inferno.

In quel film recitavano due attori destinati a lavorare a lungo, e proficuamente, col regista newyorkese: Harvey Keitel e Robert De Niro. Gli anni ’70 si conclusero con una serie ininterrotta di capolavori: arrivarono infatti Alice non abita più qui, Taxi Driver, New York, New York (forse il meno convincente del gruppo) e Toro scatenato, con cui ottenne la prima nomination agli Oscar e ai Golden Globe.

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Da quel punto in poi poté concedersi di alternare film più “di cassetta” ad altri più personali. In tutti era presente, però, una ricerca artistica, a volte pienamente riuscita (ed apprezzata dalla critica), altre volte magari dall’esito più incerto. Tra i film più interessanti degli anni ’80 si segnalano Re per una notte e Fuori orario, mentre L’ultima tentazione di Cristo suscitò alla sua uscita vivaci polemiche. Nel decennio successivo raggiunse il suo apice con Quei bravi ragazzi, Casinò e Cape Fear – Il promontorio della paura.

In tempi più recenti, da apprezzare i film realizzati assieme a Leonardo DiCaprio, come Gangs of New York, The Aviator, The Departed – Il bene e il male, Shutter Island e The Wolf of Wall Street. Paradossale, però, che nonostante questa gran mole di capolavori Scorsese abbia portato a casa un solo Oscar per il miglior regista (nel 2007, con The Departed). Un po’ meglio è andata ai Golden Globe, con tre premi più uno alla carriera. Nel suo palmares, comunque, anche una Palma d’oro a Cannes e un Leone d’oro alla carriera a Venezia.

 

Steven Spielberg

Tra fantascienza e commozione

Steven Spielberg, uno dei registi americani di maggior successo di ogni epoca (foto di Romain Dubois via Wikimedia Commons)Il terzo grande regista della Nuova Hollywood, anche se di diversa estrazione e di diversi interessi, è Steven Spielberg. Nato a Cincinnati nel 1946 da una famiglia di origini ebraiche, il futuro regista crebbe soffrendo per le assenze del padre e per gli insulti razziali dei coetanei, trovando rifugio nei sogni e nel cinema. Dopo alcuni filmati amatoriali, riuscì a venire a contatto col mondo del cinema e della televisione, esordendo con alcuni progetti a basso costo, tra cui anche un episodio della serie TV del tenente Colombo.

La svolta arrivò nel 1971, quando gli affidarono un film per la TV, Duel, con solo 10 giorni di tempo per realizzarlo. Spielberg riuscì a portare a termine il compito in 13 giorni, tempo comunque impressionante, e soprattutto ne ottenne una pellicola talmente buona che in Europa fu proiettata direttamente nei cinema. Da lì poté così passare al cinema vero e proprio, prima con Sugarland Express e poi soprattutto con Lo squalo, che riuscì dal nulla a conquistare tre Oscar e ad incassare più di 400 milioni di dollari, stabilendo vari record. Confermò il suo talento con Incontri ravvicinati del terzo tipo, mentre il successivo 1941 – Allarme a Hollywood fu un mezzo flop.


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Gli anni ’80, però, furono decisamente il decennio di Spielberg. Subito, nel 1981, uscì I predatori dell’arca perduta, il primo film della saga di Indiana Jones che è anche un omaggio alla letteratura d’azione che leggeva da bambino. Subito dopo arrivò E.T. – L’extraterrestre, capolavoro che commosse il mondo e rivoluzionò il modo di fare fantascienza, mettendo anche in luce il tema ricorrente dell’infanzia e della difficoltà di comunicazione tra bambini ed adulti. Altre prove convincenti arrivarono con Il colore viola e L’impero del sole.

In quegli anni, tutto quello che toccava sembrava trasformarsi in oro. Così anche le pellicole a cui lavorò come semplice produttore o sceneggiatore incontrarono grande successo, sia tra il pubblico che tra i critici. Tra queste bisogna menzionare Poltergeist – Demoniache presenze, Gremlins, Ritorno al futuro, I Goonies e Chi ha incastrato Roger Rabbit.

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Negli anni ’90, nonostante qualche mezzo passo falso, realizzò forse i suoi film più belli, come Schindler’s List e Salvate il soldato Ryan, oltre ad alcuni blockbuster come la saga di Jurassic Park. Negli ultimi anni ha intensificato la sua attività di produttore con la Dreamworks, ma ha continuato a tornare dietro alla macchina da presa con una certa regolarità: negli ultimi anni hanno convinto soprattutto Prova a prendermi, Lincoln e Il ponte delle spie.

 

Joel e Ethan Coen

I fratelli che giocano coi generi

I fratelli Coen (foto di Georges Biard via Wikimedia Commons)Arriviamo alla seconda tranche dei nostri cinque registi coi fratelli Joel ed Ethan Coen, che dopo anni di lavoro oscuro hanno cominciato nell’ultimo decennio a raccogliere grandi riconoscimenti per la loro opera. Nati in Minnesota tra il 1954 e il 1957, i due fratelli hanno esordito nel mondo del cinema nei primi anni ’80, collaborando con l’amico Sam Raimi (che fu per un certo periodo anche loro coinquilino) al film La casa. Nel 1984 arrivò così il loro primo lavoro dietro alla macchina da presa (anche se normalmente Joel è accreditato come regista ed Ethan come produttore): la pellicola era il thriller Blood Simple, che aveva per protagonista Frances McDormand, poi moglie di Joel.

Il film ottenne un ottimo riscontro al Sundance Film Festival ed aprì ai due fratelli le porte della grande produzione. Arrivarono così Crocevia della morte e Barton Fink, mentre il grande pubblico si accorse di questi nuovi autori con Fargo, che vinse due Oscar e il premio per la miglior regia a Cannes (e da cui è stata tratta, recentemente, anche una interessante serie TV). Gli anni successivi furono carichi di successi, sia tra i critici che al botteghino: convinsero in particolare Il grande Lebowski e Fratello, dove sei?.

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Nel 2007, dopo un paio di film forse meno riusciti, i fratelli Coen diressero quindi Non è un paese per vecchi, un western cupo capace di conquistare quattro statuette agli Oscar, tra cui quelle al miglior film e per la migliore regia. Una consacrazione definitiva che era attesa da tempo, dopo svariate candidature e vari premi nei festival internazionali. Ben riuscito è anche il recente Il Grinta, mentre c’è grande attesa per il nuovo Ave, Cesare!, un omaggio alla vecchia Hollywood che uscirà quest’anno.

Da segnalare, infine, anche l’attività come sceneggiatori, che per molti anni i fratelli hanno svolto solo per i loro film ma che recentemente hanno aperto anche ad altri registi. Alle loro penne si devono, infatti, Unbroken di Angelina Jolie e il già citato Il ponte delle spie di Steven Spielberg.

 

Quentin Tarantino

Violenza e cinefilia

Quentin Tarantino al Festival di Berlino nel 2009 (foto di Siebbi via Wikimedia Commons)Concludiamo con l’ultimo grande maestro, Quentin Tarantino. Nato in Tennessee nel 1963, presto abbandonato dal padre, crebbe in California, appassionandosi fin da ragazzino ai B-movies e agli spaghetti western italiani. Dopo aver preso lezioni di recitazione, provò a realizzare un film assieme ai colleghi del videonoleggio in cui lavorava, ma il progetto – intitolato My Best Friend’s Birthday – naufragò dopo varie vicissitudini.

In compenso, sul finire degli anni ’80 riuscì a vendere la sua prima sceneggiatura, scritta assieme all’amico Roger Avary. Ne nacque il film Una vita al massimo, diretto da Tony Scott. Sempre nello stesso periodo, Oliver Stone acquistò un altro suo lavoro, Natural Born Killers, che portò sul grande schermo nel 1994. Mentre una sua terza sceneggiatura – Dal tramonto all’alba – veniva affidata a Robert Rodríguez, provò a passare dietro alla macchina da presa e ad esordire alla regia. Riuscì a farlo, nel 1992, con Le iene.


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Quel film fu un fulmine a ciel sereno. Presentato in vari festival indipendenti, guadagnò critiche entusiastiche e divenne immediatamente un film di culto. Questo attirò su Tarantino l’attenzione degli studios, che gli offrirono di dirigere progetti già avviati come Speed o Men in Black. Il regista italoamericano preferì però lavorare ad un proprio, nuovo copione. Nacque così Pulp Fiction, che si rivelò una sorpresa ancora più clamorosa del lavoro precedente e si aggiudicò la Palma d’oro a Cannes.

Nei film successivi Tarantino ebbe massima libertà, portando a termine progetti a volte maestosi e baciati da grande successo, a volte più estremi e capaci di dividere la critica. Tra i film più riusciti vanno sicuramente ricordati il doppio Kill Bill, Bastardi senza gloria e Django Unchained, il suo primo western. In attesa di The Hateful Eight, in uscita nel nostro paese tra pochi giorni.

 

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