Cinque tra i più importanti stilisti americani

Alla scoperta dei più importanti stilisti americani

Ci sono dei settori in cui è innegabile che l’Italia occupi una posizione di grande prestigio, e non certo da oggi: la cucina, l’arte, la moda. Settori – tutti questi – in cui però negli ultimi decenni il primato dell’Italia, o comunque della vecchia Europa, è stato insidiato da nuovi contendenti. Oggi si affacciano alla ribalta chef provenienti dalla Gran Bretagna o dal Giappone, che fino a trenta o quarant’anni fa non avremmo neppure considerato. O artisti da paesi con una tradizione molto incerta nel settore. Non deve quindi sorprendere che anche nel campo della moda, dove il made in Italy ha sempre dominato la scena, la concorrenza si sia fatta spietata.

Stati Uniti, Giappone, in parte la stessa Gran Bretagna sono i nuovi rivali dei marchi italiani (e di quelli francesi). Rivali che spesso hanno la freschezza di chi parte da zero, e così facendo può più facilmente innovare, cambiare, sperimentare.

Anche solo limitandoci al campo americano, non stupisce quindi che la scena sia occupata sì da alcuni vecchi mostri sacri, ma che i giovani quarantenni e cinquantenni possano conquistare la scena e le passerelle, facendosi rapidamente un nome.


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Ma quali sono, ora come ora, i più importanti stilisti americani? Abbiamo cercato di isolarne cinque, tenendo conto dei marchi che con maggior forza si sono imposti negli anni ma anche delle leve più recenti.

 

1. Ralph Lauren

Dalle cravatte alle auto di lusso

Il nome di Ralph Lauren lo conoscete di sicuro tutti, perché la sua linea di abbigliamento è una delle più popolari del mercato. Ma la carriera di Lauren è stata finora molto lunga e non certo semplice.

Nato a New York – e per la precisione nel Bronx – nel 1939, lo stilista si chiama in realtà Ralph Lifshitz. Le sue origini sono bielorusse e i suoi genitori erano ebrei aschenaziti immigrati negli Stati Uniti.

Ralph Lauren, uno dei decani della moda americana

Ralph ebbe un’educazione in linea con la sua origine, e proprio alla scuola talmudica cominciò per la prima volta a confezionare cravatte per i suoi compagni di corso.

Negli anni ’60 trovò quindi impiego in una compagnia che realizzava cravatte, anche se le sue idee per rinnovare il campionario non venivano prese in considerazione. Ispirandosi ai capi indossati anni prima da Douglas Fairbanks, un divo da lui particolarmente amato, nel 1966 iniziò a produrne in proprio.

Il marchio Polo e il decollo

I primi finanziamenti importanti iniziarono ad arrivare già l’anno successivo e lui decise di accompagnare i suoi prodotti col marchio “Polo”. L’azienda decollò con gli anni ’70, quando dalle cravatte passò alle magliette.

Iniziò così a collaborare col cinema, occupandosi dei costumi di film entrati nell’immaginario come Il grande Gatsby (la versione con Robert Redford) e Io e Annie.

Tra gli anni ’80 e ’90 il suo marchio si espanse in tutto il mondo, tanto da essere quotato in borsa e fatturare miliardi di dollari ogni anno. Un successo maturato negli anni, quindi, che ha portato molti soldi nelle casse della società e di Lauren in particolare.

Soldi usati per scopi filantropici – Lauren è uno dei principali finanziatori americani per la ricerca contro il cancro – ma anche per costruire una collezione di auto di lusso tra le più preziose del mondo, spesso ospitata anche in musei internazionali.

 

2. Calvin Klein

Julian West e i jeans

È di origini ebraiche e newyorkesi un’altra grande firma della moda statunitense, ovvero Calvin Klein. Figlio di un immigrato ungherese e di una figlia di dentisti austriaci, Klein è nato anch’esso nel Bronx nel 1942.

Fin da piccolo capì qual era la sua vocazione, tanto che frequentò la High School of Art and Design e poi si immatricolò – senza però diplomarsi – al Fashion Institute of Technology di New York. Dopo aver fatto la gavetta presso un sarto vecchia maniera e aver lavorato in vari negozi della Grande Mela, lanciò la sua prima compagnia nel 1968.

Calvin Klein nel 2011 (foto di David Shankbone via Wikipedia)
Calvin Klein nel 2011 (foto di David Shankbone via Wikipedia)

La svolta lavorativa arrivò quando venne scoperto da Julian West, un anziano attore e giornalista di nobili origini, rampollo di una ricca famiglia ebrea russo-francese. Questi si era stabilito a New York negli anni ’30, diventando nel giro di poco tempo fashion editor delle riviste più importanti del settore, Vogue e Harper’s Bazaar.

Fu lui, negli anni ’70, a incoraggiare e promuovere l’astro nascente di Klein. Apprezzato per la linea pulita dei suoi abiti, Klein divenne uno stilista delle star, prima di arrivare al successo mainstream principalmente grazie alla sua linea di jeans.

Le finanze e l’Italia

Dal punto di vista personale, Klein è un finanziatore del Partito Democratico e un amante dell’Italia, dove tra l’altro ha sposato la sua seconda moglie (da cui ha però ora divorziato). Continua a guidare saldamente la sua azienda, che, oltre ad abiti, produce oggi anche profumi, gioielli e orologi.

La proprietà della società, comunque, è da tempo nelle mani di PVH, compagnia americana che controlla anche il marchio Tommy Hilfiger.

 

3. Vera Wang

L’ex pattinatrice che disegna abiti da sposa

Dopo due stilisti dal percorso molto simile come Ralph Lauren e Calvin Klein, passiamo ad un’altra newyorkese, ma dalla carriera e dalle origini molto diverse. Vera Wang non ha infatti antenati ebrei ma cinesi, essendo figlia di due immigrati asiatici che si trasferirono nella Grande Mela negli anni ’40.

Nata nel 1949, poté sfruttare la passione della madre per la dimensione internazionale – lavorava come interprete alle Nazioni Unite – per studiare storia dell’arte all’università sia a Manhattan che alla Sorbona di Parigi.

Vera Wang, forse la più importante tra le stiliste americane

Negli anni giovanili la sua principale aspirazione, però, non era quella di diventare una stilista. Pattinatrice su ghiaccio molto dotata, partecipò più volte ai campionati nazionali, cercando di entrare nella squadra olimpica.

Quando non riuscì nell’impresa, decise di riorientare le proprie speranze verso la moda, recuperando in breve il tempo perduto. Nel 1970 divenne senior fashion editor della rivista Vogue, acquisendo sempre maggior importanza all’interno della redazione.


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Quando il ruolo di direttrice venne lasciato libero da Grace Mirabella, la Wang venne a lungo considerata per prenderne il posto.

Da Vogue al design

Sulla poltrona più importante di Vogue finì però Anna Wintour, la donna a cui è ispirato il personaggio principale de Il diavolo veste Prada. La Wang decise quindi di lasciare la rivista e divenne direttore del design per Ralph Lauren.

Nel giro di poco tempo cominciò a disegnare i propri modelli, specializzandosi in costumi per pattinatrici e soprattutto in abiti da sposa. Oggi i suoi abiti sono tra i più indossati dalle star alle varie cerimonie degli Oscar e dei Golden Globe, mentre i suoi vestiti nuziali compaiono regolarmente in film e serie TV americane.

 

4. Tom Ford

Un designer con la passione per il cinema

Concentriamoci ora su due stilisti più giovani, il cui talento è emerso nel corso degli anni Novanta e Duemila. Il primo è Tom Ford, texano classe 1961, nato ad Austin e cresciuto tra i sobborghi di Houston e Santa Fe.

Dopo esperienze abbastanza tradizionali al liceo, nel 1979 si trasferì a New York, interessandosi a vari ambiti del vivere artistico. Omosessuale dichiarato, conobbe Andy Warhol ed altre personalità del Village, iscrivendosi anche alla Parsons School of Design e alla New York University.

Tom Ford col suo inconfondibile stile

Dopo qualche esperienza anche a Parigi, si è laureato nel 1986 e ha cominciato a collaborare con alcuni designer, fino a quando, nel 1988, non è stato assunto dalla Perry Ellis, sotto la supervisione di un giovane guru della moda come Marc Jacobs (di cui parleremo).

Pochi anni dopo è entrato in Gucci, società che allora non passava un buon periodo finanziario. In breve tempo ha scalato le posizioni e ne è diventato il direttore creativo, guidandone il rilancio a metà anni ’90. Questo clamoroso successo, legato anche ad un uso ardito della pubblicità, lo ha fatto entrare nel gotha della moda mondiale.

Abiti da uomo

Ha rilanciato poi anche l’etichetta Yves Saint Laurent, prima di lasciare la società e fondare il proprio marchio nel 2004. I suoi vestiti, soprattutto quelli per uomo, hanno ottenuto fin da subito un successo clamoroso e gli hanno aperto le porte del cinema.

Dopo una comparsata in Zoolander, dal 2008 si occupa infatti del look di James Bond. Ma è passato anche dietro alla macchina da presa: nel 2009 ha infatti sceneggiato, diretto e prodotto A Single Man, un film osannato dalla critica tratto da un romanzo da lui letto in gioventù e a tematica omosessuale.

 

5. Marc Jacobs

Il ragazzo prodigio che guida la moda americana di oggi

Il percorso di Tom Ford è per certi versi simile a quello di Marc Jacobs, che però ha avuto una carriera più fulminante del suo collega texano. Nato a New York, nel 1963, da una famiglia di origini ebraiche ma non osservante, Jacobs ha avuto un’infanzia abbastanza difficile, visto che suo padre è morto quando aveva appena 7 anni e sua madre soffriva di problemi mentali.

Cresciuto dai nonni, frequentò la High School of Art and Design e poi la Parsons School of Design. Proprio all’interno di questo prestigioso istituto riuscì a far vedere fin da subito il proprio talento, tanto che prima della laurea riuscì a disegnare e vendere le prime collezioni.

Marc Jacobs (foto di Ed Kavishe, fashionwirepress, via Wikipedia)
Marc Jacobs (foto di Ed Kavishe, fashionwirepress, via Wikipedia)

Dai maglioni cuciti a mano all’alta moda il passo fu estremamente breve. Già nel 1987 arrivò il Perry Ellis Award, uno dei premi più prestigiosi del settore, e Jacobs cominciò a lavorare – in posizioni di comando – all’interno della stessa Perry Ellis.

Nel 1993 lanciò la compagnia che porta il suo nome, ma la vera svolta arrivò nel 1997, quando fu assunto come direttore creativo della Louis Vuitton. Ha guidato il lato artistico della casa di moda francese fino al 2014, potenziandone il marchio in tutto il mondo e ottenendo mostre dai più prestigiosi musei.

La linea Marc

In anni più recenti ha lasciato, però, quell’incarico per lavorare a tempo pieno alla sua linea personale, sempre più redditizia. Oltre ai vestiti firmati Marc Jacobs, infatti, rende molto bene anche il marchio a prezzi più contenuti, Marc by Marc Jacobs, che l’ha portato ad aprire 200 negozi in più di 80 paesi.

Dal punto di vista personale è anch’egli un omosessuale dichiarato ed è ritenuto da Time una delle persone più influenti d’America.

 

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