
Nato negli anni ’70, come derivazione del blues rock, del progressive e dell’hard rock, il metal è un genere che mantiene ancora oggi una buona vitalità, ma che ha avuto il suo momento di picco nei primi anni ’80. In quell’epoca ormai lontana, infatti, varie band salirono improvvisamente le classifiche, imponendo un nuovo standard. E tra questi, il gruppo principale era forse quello dei Metallica.
La band, formatasi a Los Angeles nel 1981, conquistò rapidamente la scena thrash metal. D’altronde, aveva molto da offrire. I testi colpivano senza remore, né paura di censure; le chitarre suonavano all’impazzata; il suono usciva potente dagli amplificatori. L’album d’esordio, Kill ‘Em All, datato 1983, era già stato una promessa importante, con brani come The Four Horsemen e Seek & Destroy. A metà degli anni ’80 li si aspettava dunque al varco.
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James Hetfield, Lars Ulrich e soci confermarono le attese. Nel 1984 uscì infatti Ride the Lightning, che li pose all’attenzione mondiale. Due anni più tardi fu la volta di Master of Puppets, il loro lavoro più maturo, che convinse la critica. Tra il 1988 e il 1991, poi, arrivarono …And Justice for All e Metallica, che li fecero balzare ai vertici delle classifiche. Permettendo anche loro di monetizzare tutto il seguito costruito negli anni.
Da lì in poi, secondo molti dei fan della prima ora, qualcosa si ruppe. Load, ReLoad e i loro seguiti non hanno più saputo catturare la magia di quegli anni. D’altro canto, i tempi erano cambiati e i componenti erano invecchiati. Ma il bello della musica è che si può sempre vivere nel passato. E che se qualche giovane curioso si affaccia sulla scena metal oggi e desidera recuperare i classici, quelli sono lì ad aspettarlo. Ma quali sono le canzoni più belle dei Metallica? Quali le prime da recuperare? Ecco le nostre scelte.
Indice
For Whom the Bell Tolls
Da Ride the Lightning (1984)
Come detto, Ride the Lightning fu l’album che probabilmente cambiò tutto, nella carriera dei Metallica. Il primo singolo estratto dal disco fu Creeping Death, che ha lottato fino all’ultimo per entrare in questa lista. A nostro avviso sono però più significativi gli altri due brani del disco che abbiamo scelto, For Whom the Bell Tolls e Fade to Black. Il primo, in particolare, fu scelto come secondo singolo promozionale e si ispirava palesemente all’omonimo romanzo di Ernest Hemingway, tradotto in italiano col titolo di Per chi suona la campana.
Il brano comincia con una poderosa introduzione di Cliff Burton al basso, un’introduzione che lo stesso Burton aveva composto molto tempo prima di entrare nella band e aveva suonato in diverse occasioni fin dalla fine degli anni ’70. Come saprete, Burton avrebbe poi trovato la morte solo un paio d’anni più tardi, in un’assurda carambola che, in Svezia, coinvolse il bus sul quale la band stava viaggiando. Oggi quel brano è diventato uno dei più famosi della band, che non ha mai smesso di suonarlo nei concerti. Usato da molte squadre sportive americane per caricarsi prima della partita, ha un importante retrogusto antimilitarista che la rende una delle più interessanti canzoni contro l’assurdità della guerra.
Fade to Black
Da Ride the Lightning (1984)
Fade to Black partiva quando For Whom the Bell Tolls finiva, alla traccia numero 4 di Ride the Lightning. E proprio il numero 4 è fondamentale, in questo caso. A partire da questo album in poi, infatti, la band americana si rese conto che la propria cifra stilistica imponeva un’alternanza di lento e veloce, di sommesso e di urlato. E, all’interno di un album, proprio la quarta posizione fu da quel momento in poi riservata a una canzone più lenta ed intimista delle altre. Come dimostrano, oltre a Fade to Black, anche One, The Unforgiven e altri brani.
Anche questa canzone divenne un singolo, nonostante si trattasse di una ballata, tipologia di canzone non proprio tipica dell’heavy metal. D’altro canto, lo stesso Hetfield, autore del testo e della melodia, ha confessato più volte che Fade to Black fu scritta durante un periodo di grande depressione. E che parla di suicidio, un tema che costò alla band parecchie grane da parte dei soliti censori. Ciononostante, la progressione della canzone, il suo alternare strofe da ballata e parti centrali più sostenute, la fecero subito amare ai fan.
Master of Puppets
Da Master of Puppets (1986)
Se avessimo dovuto scegliere una sola canzone per rappresentare il contributo dei Metallica alla scena musicale, avremmo optato per Master of Puppets. Anche gli stessi componenti della band avrebbero forse fatto lo stesso, visto che la canzone è in assoluto quella che hanno suonato di più durante i concerti in trent’anni e passa di carriera. Singolo di traino dell’album omonimo che uscì nel 1986, il pezzo è stato interpretato in vari modi, anche come una metafora della politica moderna o come un riferimento all’opera di H.P. Lovecraft.
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In realtà, come James Hetfield ha spiegato, il tema principale è la droga, e come questa possa portarti a non essere più padrone di te stesso, ma una marionetta in mani altrui. Molto ampia, come in altri brani del periodo, la parte strumentale, che dal vivo è stata a volte incollata a quella di Welcome Home (Sanitarium), in una sorta di medley intitolato Mastertarium. Oggi viene eseguita, come omaggio, da decine di band nel mondo. Una popolarità confermata anche da un sondaggio organizzato dal giornalista Martin Popoff, secondo cui è risultata la seconda più bella canzone metal di sempre.
Enter Sandman
Da Metallica (1991)
I dischi che abbiamo presentato finora ebbero un ottimo riscontro tra la critica e gli appassionati, ma non sfondarono. Il metal era stato uno dei generi più rappresentativi del decennio, ma in un certo senso era rimasto confinato a una nicchia di fan. Fan agguerriti ma solo relativamente numerosi. Il grande pubblico continuava a ignorarlo, forse anche perché troppo estremo rispetto ai gusti dominanti. A cambiare le carte in tavola arrivò, nel 1991, Metallica, il black album della band di Hetfield e Ulrich. Un disco in cui bastò raddolcire in parte gli arrangiamenti e dare più linfa alla vena intimista per sfondare.
L’album arrivò in testa alla classifica negli Stati Uniti, in Gran Bretagna, in Australia, in Svezia, in Canada, in Germania e in decine di altri paesi, vendendo ben 25 milioni di copie. E il primo singolo estratto era anche la canzone di apertura, Enter Sandman. Il brano presentava una musica scritta a sei mani da Ulrich, Hetfield e Hammett, mentre del testo si era occupato il solo cantante. Un testo che evocava le paure notturne dei bambini, i loro incubi e le invocazioni a Sandman. Quest’ultimo è una tipica figura del mondo anglosassone, una sorta di omino del sonno che, se pregato, porta sogni felici. Il brano fu anche uno dei primi della band ad avere un video promozionale, che ottenne parecchi premi.
Nothing Else Matters
Da Metallica (1991)
Terzo singolo del black album fu un’altra canzone destinata a un successo imperituro, anche tra i non appassionati del genere: Nothing Else Matters. Questo brano si ricollega infatti ad altri tentativi fatti dal gruppo negli anni precedenti, che abbiamo esemplificato con Fade to Black. Il tentativo cioè di avventurarsi nel terreno – insidioso, per una band thrash metal – della ballata, che può risultare troppo “pop”. Ma se nelle canzoni degli anni precedenti il rischio era stato anestetizzato da un’alternanza tra lento e veloce, qui si fecero le cose sul serio.
Nothing Else Matters è quindi un pezzo che abbraccia del tutto gli stilemi della ballata, aggiungendoci un gusto sinfonico nell’arrangiamento. Ma rimane un brano dei Metallica, conservando quell’attitudine dark ed estrema, solo soffocata nelle note di una canzone triste. Secondo la leggenda, fu scritta da Hetfield mentre parlava al telefono con la sua fidanzata, e infatti il tema è proprio quello dell’amore anche se lontano. Lo stesso autore, però, non aveva pensato di includerla in un disco, considerandola troppo personale. Fu Ulrich, una volta sentito il brano, a convincerlo. E, a giudicare dal successo, fu una scelta saggia.