Cinque tra le donne più forti della storia

Cleopatra in un dipinto di Alexandre Cabanel

La storia, si sa, è stata fatta per lungo tempo dai maschi, e ancora oggi quando ci si trova a studiare su un manuale che ricapitola i principali eventi della storia dell’umanità ci si imbatte praticamente sempre e solo in figure maschili. D’altra parte, è inevitabile: per molto tempo le donne sono state escluse non solo dal potere, ma anche dalla letteratura, dall’istruzione, dalle scienze, dalle professioni, e la loro impronta sulla storia non può che essere, a causa di questo, più debole.

Ciò non toglie, però, che nonostante tutti i tentativi degli uomini di egemonizzare la scena, alcune donne nel corso della storia siano riuscite ad emergere e in un certo senso a rubare il palcoscenico al “sesso forte”.

Si tratta quasi sempre di donne dotate di una particolare forza d’animo e di volontà, “lady di ferro” che hanno combattuto tutta la vita per vedersi riconosciute le opportunità che per i colleghi maschi erano invece quasi scontate.


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Di alcune di queste donne forti abbiamo parlato anche noi in passato, sia concentrandoci sulle più importanti manifestanti del movimento femminista, sia presentando alcune potenti donne dell’economia attuale.

Oggi però vorremmo lasciare spazio alla storia e quindi compiere con voi un salto nel passato, per individuare cinque figure femminili che hanno manifestato più carattere e fermezza di molti uomini.

 

1. Cleopatra

La donna che tenne Roma sotto scacco

Partiamo da lontano, o, meglio, dall’antichità. La prima grande figura di donna capace di conquistare il potere (e tenerlo) e di far inchinare ai propri piedi gli uomini più valenti del globo è sicuramente quella di Cleopatra, regina d’Egitto.

Nata ad Alessandria nel 69 a.C. e lì morta nel 30 a.C., fu l’ultima regina del regno tolemaico e l’ultimo membro di quella dinastia; la sua morte, anzi, fu un evento talmente epocale che gli storici successivi hanno deciso di prenderla simbolicamente come data della fine dell’ellenismo, visto che da quel momento in poi sarebbe sorto, in tutto il suo splendore, l’Impero romano.

Cleopatra interpretata da Elizabeth Taylor

Il suo nome completo da regnante era Cleopatra VII e, contrariamente a quanto solitamente si pensa, non era stata educata a parlare egiziano ma greco: il suo regno, infatti, era un tipico regno ellenistico ed era culturalmente legato più al mondo ellenico che a quello egiziano; la lingua locale era infatti considerata troppo volgare per essere usata a corte.

Cleopatra però decise di non attenersi all’etichetta e imparò, da adulta, anche l’egiziano, per potersi relazionare direttamente col popolo; un rapporto sul quale, tra l’altro, forte di una certa eloquenza e di indubbio fascino, basava gran parte delle sue fortune.

Il regno e i conflitti

La scelta linguistica non fu però l’unico segno della sua grandezza sia politica che intellettuale: salì al potere a 18 anni, alla morte del padre, come co-reggente del fratello minore (e marito, secondo la legge egiziana) Tolomeo IV; quando questi, qualche tempo dopo, tentò però di spodestarla, Cleopatra radunò un esercito e fece scattare una guerra civile.

Da questo conflitto, che la vedeva enormemente in svantaggio, Cleopatra uscì con un po’ di fortuna e con molto ingegno: il fratello fece infatti l’errore di far uccidere Gneo Pompeo – che si era rifugiato in Egitto per scappare da Cesare – nel maldestro tentativo di ingraziarsi il più potente uomo di Roma, ma suscitando invece lo sdegno del condottiero.

Cleopatra in un dipinto di Alexandre Cabanel

Cleopatra approfittò della situazione presentandosi al cospetto di Cesare (tra l’altro nascosta all’interno di un tappeto che doveva essere donato al leader romano, per evitare i sicari del fratello) e guadagnandone, col suo fascino, l’alleanza.

Divenuta amante di Cesare, dal quale ebbe anche un figlio, si trasferì per un paio d’anni a Roma, fino alla morte di questi. Tornata ad Alessandria d’Egitto, ebbe modo di incontrare Marco Antonio, che si innamorò perdutamente di lei nonostante fosse già sposato con la sorella di Ottaviano.

I due ebbero tre figli, si sposarono e cominciarono ad effettuare grandi conquiste in Oriente, destando la preoccupazione di Roma; Ottaviano riuscì a convincere il senato a muovere guerra contro i due, guerra che si concluse col suicidio di Cleopatra, che secondo la leggenda si fece mordere da un aspide.

 

2. Giovanna d’Arco

Pulzella d’Orléans e condottiera di eserciti

Cleopatra fu indubbiamente una grande politica e una donna dall’incredibile fascino, ma non fu mai una guerriera, ruolo che nell’antichità (e molto spesso anche nell’età moderna) non competeva alle donne.
L’eccezione più vistosa a questa regola è rappresentata da Giovanna d’Arco, una ragazza che da sola seppe guidare un esercito e risollevarne le sorti, pagando anche con la vita la sua intraprendenza.

Nata nel 1412 a Domrémy, in Lorena, Giovanna ebbe una fanciullezza tranquilla e devota, anche se la sua terra era devastata dalla Guerra dei cent’anni, che opponeva da una parte la Francia (o quel che ormai ne rimaneva) e dall’altra l’Inghilterra e la Borgogna.

La celebre statua di Giovanna d'Arco a Parigi

Queste ultime due potenze da qualche anno sembravano nettamente in vantaggio dal punto di vista militare e pronte per sferrare l’attacco decisivo, che avrebbe potuto portare all’annessione definitiva di gran parte del territorio francese all’Inghilterra.

Già a 13 anni, però, secondo la sua stessa testimonianza Giovanna cominciò a sentire delle voci, attribuite a Santa Caterina, a Santa Margherita e all’Arcangelo Michele: per questo rifiutò il fidanzato che la famiglia le aveva trovato, si mantenne casta e nel giro di poco tempo decise di presentarsi all’erede al trono francese, Carlo VII, per offrirgli l’aiuto divino contro gli inglesi.

Il carisma

Dopo averla sottoposta all’esame di vari teologi e soprattutto non avendo più nulla da perdere, Carlo decise di dare il suo assenso alla missione della fanciulla che in quel momento aveva appena 17 anni: la ragazza arrivò nell’assediata Orléans e col suo carisma convinse i soldati a cambiare stile di vita.

Mandò via le prostitute, vietò i saccheggi e le violenze, proibì la bestemmia ed impose la preghiera due volte al giorno sotto lo stesso gonfalone.

Qui, agendo come un’invasata e completamente incurante dei rischi a cui andava incontro, la ragazza riuscì a trascinare la popolazione e l’esercito, che col suo esempio ritrovò vigore e riuscì a sconfiggere gli assedianti.

La fine sul rogo

Da lì cominciò l’avanzata dell’esercito francese, che, infervorato da Giovanna – e sfruttando la paura che ormai serpeggiava irrazionale tra gli inglesi –, riuscì a riconquistare molte delle posizioni perdute.

Clamorosa fu la vittoria nella battaglia di Patay (dove però la “pulzella”, com’era stata soprannominata, pianse a lungo per la violenza e il numero enorme di morti inglesi), mentre il vero trionfo si raggiunse a Reims con l’incoronazione di Carlo.

Giovanna d'Arco catturata dagli inglesi

Dopo quell’evento l’entusiasmo da parte della corte nei confronti delle iniziative della ragazza si raggelò, e lei si espose ad iniziative sempre più personali: durante una di queste fu catturata dai borgognoni, che poi la vendettero agli inglesi.

I nemici non esitarono a processarla per eresia, in un procedimento minato dalle numerose irregolarità che la portò sul rogo nel maggio del 1431, a 19 anni d’età.

 

3. Elisabetta I

La regina vergine ma risoluta

Ritorniamo ora, con le prossime due donne della nostra lista, sul versante dei regnanti. Al di là di Giovanna d’Arco, che rappresenta purtroppo più l’eccezione che la regola, alle donne infatti era normalmente preclusa qualsiasi possibilità non solo di fare “carriera”, ma anche solo di esercitare una forma di potere.

Solo le regine, laddove la via dinastica permetteva anche l’accesso delle donne al trono (e non avveniva dappertutto), potevano farsi un nome e dimostrare sul campo il loro valore.

Elisabetta I, regina d'Inghilterra

Di regine di questo tipo ce ne sono state varie. Oltre alle due che abbiamo alla fine scelto, avremmo potuto inserire Eleonora d’Aquitania (resa celebre al grande pubblico dal dramma Il leone d’inverno), Isabella I di Castiglia (quella di Cristoforo Colombo) o Caterina de’ Medici (ricordate la notte di San Bartolomeo?).

Ma anche Maria Teresa d’Austria (una delle grandi figure del dispotismo illuminato), Vittoria del Regno Unito o la ancora vivente Elisabetta II: tutte donne che segnarono il loro tempo, mantenendo il potere con forza, astuzia e fermezza. Come le due che alla fine abbiamo scelto: Elisabetta I d’Inghilterra e Caterina II di Russia, per certi versi le prime di questa cerchia.

La salita al trono

Elisabetta I nacque nel 1533, figlia di Enrico VIII re d’Inghilterra e di Anna Bolena, sua seconda moglie riconosciuta dalla Chiesa anglicana (che lo stesso Enrico aveva fondato) ma non dalla Chiesa cattolica, che non aveva voluto annullare il precedente matrimonio con Caterina d’Aragona.

La sua infanzia non fu molto felice: Anna Bolena fu mandata a morte da Enrico, che sposò via via altre donne, mentre Elisabetta perse lo status di figlia legittima, come già era successo alla sua sorellastra Maria.

Un altro ritratto di Elisabetta I d'Inghilterra

Quando infine Enrico morì, al trono salì il fratellastro maschio, che però rimase in vita solo 6 anni; a quel punto regina divenne Maria che, sposa di Filippo II di Spagna, tentò di restaurare il cattolicesimo, rinchiudendo nel frattempo Elisabetta per paura di una congiura da lei capitanata.

Infine, anche Maria morì in pochi anni ed Elisabetta poté salire al trono nel 1558, nonostante la sua poltrona fosse fragile.

Da figlia illegittima poteva subire facilmente degli attacchi, anche se Filippo II per il momento preferì soprassedere, preoccupato che l’Inghilterra potesse cadere nelle mani della cugina di Elisabetta, Maria Stuarda, moglie dell’erede al trono di Francia.

Il lungo regno

Così Elisabetta regnò per 45 anni, barcamenandosi tra varie difficoltà: dovette affrontare alcune congiure di palazzo e di parte cattolica, che però sedò con grande fermezza (mandando anche a morte la cugina); rifiutò più volte le pressioni del Parlamento che la voleva sposata e madre per poter dare una successione alla dinastia.

Resistette al tentativo di invasione dell’Invincibile Armata spagnola quando, nel 1587, Filippo decise di vendicare la morte della cattolica Maria Stuarda e le razzie che le sue navi subivano da parte dei pirati inglesi.

Infine, sotto il suo regno si svilupparono enormemente la cultura e le arti, come dimostrano i casi di William Shakespeare, Christopher Marlowe e Francesco Bacone.

 

4. Caterina II

Sovrana-filosofa, ma anche mangiatrice di uomini

Se Elisabetta I è l’emblema della donna che, anche per mantenere la propria indipendenza e il proprio potere, decide di non legarsi sentimentalmente a nessun uomo (almeno in maniera ufficiale), Caterina II di Russia, nota come Caterina la Grande, fu invece una regnante che non aveva nessun timore nello sposarsi e nell’iniziare relazioni amorose, anche perché era lei che tirava le fila di quelle avventure.

Prussiana, nata nel 1729 da una famiglia di ottima educazione ma non di altissimo lignaggio, Sofia Federica Augusta (questo il suo vero nome, poi cambiato alla conversione alla chiesa ortodossa) fin da ragazzina riuscì a crearsi una certa fama nella buona società tedesca grazie al suo spirito arguto ed al suo orgoglio.

Caterina II di Russia

Per questo la zarina Elisabetta la scelse, quindicenne, come moglie per il nipote Pietro, erede al trono; un ragazzo che nel giro di qualche anno si sarebbe dimostrato incapace di detenere il potere.

Sofia, ormai ribattezzata Caterina, se ne accorse subito e riuscì a ingraziarsi vari potenti di corte, facendo comprendere che lei, a differenza del marito, avrebbe saputo guidare la Russia, forte della sua educazione coltivata sulle grandi opere degli illuministi francesi ed europei.

Così, quando il nuovo zar salì sul trono col nome di Pietro III, la congiura prese avvio e Caterina, aiutata dal suo amante Grigori Orlov, nel giro di appena sei mesi depose l’imperatore, lo fece imprigionare e uccidere, e prese il potere.

Le grandi riforme

Da Orlov Caterina ebbe un figlio, ma presto il militare fu rimpiazzato da altri favoriti e in particolare da Grigorij Potëmkin, che si occupò di colonizzare le zone dell’Ucraina e della Crimea recentemente strappate al dominio ottomano.

Ma più degli amanti, che gestiva con un certo savoir-faire, Caterina si guadagnò il soprannome de La Grande soprattutto per la sua politica e le riforme che varò.

Un ritratto di Caterina la Grande

Accanita lettrice, una volta giunta al potere cercò di attuare le riforme che erano state sognate dagli illuministi, da Diderot a Beccaria, da Voltaire a Montesquieu, tanto da essere considerata ancora oggi una delle più importanti figure del cosiddetto dispotismo illuminato.

Tra queste leggi, si ricordano la riforma del sistema giudiziario, la riforma dei governatorati (indispensabile per governare un territorio così ampio) e la creazione dei primi istituti di educazione anche femminili.

Inoltre intrattenne rapporti epistolari coi più grandi filosofi del tempo e fu da questi enormemente apprezzata, tanto da essere definita una sovrana-filosofa; scrisse, infine, perfino alcuni romanzi e delle commedie.

Il problema dei servi della gleba

Tanto splendore culturale e riformistico, però, si scontrava anche con la scarsa attenzione riservata alla servitù della gleba, ancora diffusissima in Russia tant’è vero che quella era la classe sociale più numerosa del paese.


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Non solo Caterina non ne migliorò la condizione, ma anzi i suoi progetti di colonizzazione delle nuove terre conquistate portarono ad emigrazioni coatte e a un netto peggioramento della vita di questi servi, che non a caso participarono in gran numero alla celebre rivolta del cosacco Pugačëv e a molte altre che si susseguirono in quegli anni.

 

5. Golda Meir

«L’unico vero uomo in Israele»

Volevamo concludere, infine, con una donna del Novecento, visto che in effetti il secolo da poco terminato è stato quello più importante per l’emancipazione del genere femminile: le donne hanno conquistato il diritto di voto, sono entrate nei parlamenti e nei governi, hanno ottenuto – certo non senza fatica, e non ancora del tutto – posizioni lavorative comparabili a quelle riservate agli uomini.

Moltissime sono le protagoniste che hanno avuto un ruolo in questo cammino: Emmeline Pankhurst che guidò le suffragette, Marie Curie che dimostrò che le donne potevano diventare grandi scienziate, Amelia Earhart che mostrò come le donne potessero anche volare, Eleanor Roosevelt che praticamente governò l’America per dodici anni assieme al marito.

Golda Meir, donna forte del Novecento

E ancora: Indira Gandhi che salì al potere in uno dei paesi più popolosi del mondo, Rosa Parks che diede un colpo mortale al razzismo americano, Corazón Aquino che fu la prima donna a diventare presidente di un paese asiatico, Margaret Thatcher che tenne nelle sue mani uno degli stati più ricchi del pianeta e molte altre ancora.

L’ultimo posto della nostra cinquina, però, abbiamo deciso di assegnarlo a Golda Meir, prima donna a diventare premier d’Israele (e terza leader donna al mondo dopo Sirimavo Bandaranaike dello Sri Lanka e la stessa Indira Gandhi) e capace di tenere in piedi il paese in un periodo di grande instabilità internazionale.

La carriera politica

Nata col nome di Golda Mabovič a Kiev nel 1898, crebbe in una famiglia molto povera, tanto è vero che cinque suoi fratelli morirono prima di raggiungere la maggiore età a causa della miseria. Per scappare dai pogrom la famiglia emigrò negli Stati Uniti, e qui la Meir ottenne la cittadinanza, si diplomò e si laureò, diventando insegnante.

Il futuro primo ministro e il marito si trasferirono quindi in Palestina nel 1921, entrando prima in un kibbutz e poi stabilendosi a Gerusalemme, dove la donna sarebbe entrata in varie organizzazioni sindacali e nel partito Mapai.

Golda Meir nel 1949

Nel corso degli anni ’30 e ’40 accrebbe di molto il suo ruolo e così nel 1948 fu una delle due sole donne a firmare la Dichiarazione d’Indipendenza di Israele che segnava la nascita del nuovo stato. Subito dopo divenne ambasciatrice di Israele a Mosca e, già nel 1949, Ministro del Lavoro, occupando un posto che in pochi anche all’interno del suo partito avrebbero voluto assegnato a una donna.

Fu in quel periodo che il primo ministro David Ben-Gurion la definì, con un’espressione poi divenuta proverbiale, «il miglior uomo al governo» e «l’unico vero uomo in Israele», per sottolinearne la fermezza. Negli anni successivi divenne anche Ministro degli Esteri, gestendo la crisi di Suez, e si ritirò per due volte dalla scena politica, anche per affrontare un linfoma.

Il ritorno

Ritornò in auge quasi controvoglia, richiamata dai compagni di partito che rischiavano di spaccarsi nello scegliere il nuovo leader, e così nel 1968, a 70 anni, divenne segretario generale del Partito Laburista, a cui seguì l’incarico di formare un nuovo governo che sarebbe rimasto in carica cinque anni.

Durante quel periodo la Meir affrontò sia la crisi delle Olimpiadi di Monaco, che portò al massacro degli atleti israeliani e di alcuni terroristi che li avevano sequestrati, sia la Guerra dello Yom Kippur che, dopo l’attacco a sorpresa di Egitto e Siria contro Israele, volse rapidamente a favore degli ebrei.

Ritiratasi definitivamente nel 1974, all’apice della sua popolarità in patria e all’estero (era, secondo i sondaggi, amatissima anche in America), sarebbe morta nel 1978.

 

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