
Qualche giorno fa vi abbiamo presentato alcune delle più celebri battute sull’amore e sul sesso di Woody Allen, uno che di assurdità e comicità dell’esistenza se ne intende parecchio; e tra i film che abbiamo utilizzato per parlarvene c’era anche Crimini e misfatti, pellicola di gran successo al momento dell’uscita anche se oggi in buona misura dimenticata, come molte di quelle realizzate all’epoca del rapporto con Mia Farrow.
In quel film, Allen interpretava il ruolo di un documentarista impegnato a girare un filmato su un comico televisivo (Alan Alda), un tipo piuttosto gretto e viscido che però, all’inizio, dava una sua definizione della comicità che oggi ci torna a fagiolo: la comicità, diceva nell’intervista, è tragedia più tempo, cioè ogni grande disgrazia, se guardata da lontano, diventa irrimediabilmente comica.
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La frase, in realtà, probabilmente non è di Woody Allen, bensì di un altro grande cabarettista americano, Lenny Bruce; ma in ogni caso, tutta la carriera sia di Bruce, sia di Allen dimostra come tra ridere e morire ci sia una differenza lievissima, come tra la comicità e il lutto; e quella lievissima differenza è data semplicemente dal tempo.
Per questo noi oggi ci accingiamo a presentarvi cinque tra le morti più assurde e divertenti verificatesi nella storia: non per mancanza di rispetto dei morti, ma perché è passato così tanto tempo dai fatti che vi illustreremo che questi eventi così strani non potranno non strapparvi una risata.
Indice
1. Eschilo
Il gravissimo problema della calvizie
Mentre per le morti che vi presenteremo nei prossimi punti della nostra cinquina possiamo garantire una certa misura di autenticità – anche se in certi casi le ipotesi in piedi sono più d’una, dato che all’epoca non esistevano autopsie vere e proprie e solo raramente i cadaveri vengono riesumati per togliersi una curiosità biografica –, per la prima delle nostre morti assurde invece dobbiamo affidarci pienamente alla leggenda, una leggenda però così paradossale da non poter evitare di finire in questo articolo.
Eschilo, come probabilmente già saprete, fu uno dei più importanti tragediografi greci, e anzi cronologicamente il primo dei grandi autori di tragedie: vissuto tra Atene e la Sicilia tra il VI e il V secolo a.C., combatté a Maratona e Salamina prima di dedicarsi alla scrittura di drammi attraverso cui innovò profondamente il teatro greco, introducendo ad esempio il dialogo (in precedenza si presentava in scena un solo attore per volta) e limitando l’ingerenza del coro.
Ma in questo momento a noi interessa di più la sua morte: secondo quanto ci racconta lo storico romano Valerio Massimo, che nella sua opera Factorum et dictorum memorabilium libri IX raccolse varie leggende e aneddoti riguardanti grandi uomini del passato sia latino che greco, Eschilo sarebbe morto a causa di una tartaruga.
La leggenda infatti riferisce che un’aquila – o più probabilmente un avvoltoio barbuto – fece cadere dall’alto una tartaruga per spezzarne il guscio e poterne così mangiare l’interno, secondo una pratica usata spesso da quegli animali, ma, invece di mirare a un sasso, ingannato dalla pelata di Eschilo il rapace indirizzò la tartaruga sulla testa del drammaturgo, frantumandogli il cranio.
Se la leggenda fosse vera, dimostrerebbe senza tema di smentita che la calvizie, seppure in certi casi affascinante, è davvero un bel problema.
2. Tycho Brahe
Quando “scappa da morire”
Che i più grandi fisici della storia ogni tanto si concedessero qualche stranezza l’abbiamo già detto in lungo e in largo, soprattutto quando vi abbiamo presentato le vite di personaggi come Erwin Schrödinger, Paul Dirac o Percy Williams Bridgman.
Pochi sanno che però queste stranezze non sono riscontrabili solamente nei tempi recenti, ma che già nel passato, agli albori della fisica moderna, la genialità era solita associarsi a elementi di paranoia, fissazione o ossessione.
Basta guardare, per fare un esempio, alla biografia di Tycho Brahe, uno dei principali fautori della Rivoluzione scientifica, astronomo a cui – nel tentativo di conciliare copernicanesimo e sistema tolemaico – si devono i fondamentali studi che avrebbero portato, poco dopo, il suo allievo Giovanni Keplero a formulare le fondamentali leggi sul moto dei pianeti.
Nato e cresciuto in Danimarca, durante l’età adulta Tycho Brahe passò gran parte del suo tempo chiuso prima nel favoloso laboratorio d’osservazione che il re Federico II di Danimarca e Norvegia aveva voluto donargli e poi in uno analogo a Praga, ma la sua adolescenza non era stata altrettanto dedita allo studio.
Già a vent’anni, infatti, aveva perso parte del setto nasale per un duello con un altro studioso nato da un litigio attorno alla questione di quale dei due fosse il matematico di maggior talento.
Le buone maniere fanno male
La morte di Brahe, avvenuta a 55 anni, è però legata più alle buone maniere che ai duelli: secondo quanto riferì il suo allievo Keplero, durante un banchetto tenuto a Praga iniziò ad avere problemi alla vescica, ma rifiutò più volte di alzarsi per andare a urinare perché sarebbe stato percepito come un gesto maleducato.
Così gli scoppiò letteralmente la vescica e appena tornato a casa, non riuscendo più ad urinare se non con grandissimo dolore, fu preda della febbre e del delirio, morendo pochi giorni dopo.
Nel corso dei secoli sono state avanzate varie congetture, soprattutto riguardo ad un possibile avvelenamento di mercurio da parte degli emissari del re di Danimarca o dello stesso Keplero, ma una recentissima riesumazione (nel 2012) ha appurato che la causa di morte è proprio imputabile al problema alla vescica.
3. Francesco Bacone
Il martire della scienza e il pollo nella neve
Non molto più onorevole fu la morte di Francesco Bacone, altro grande nome dell’epoca della Rivoluzione scientifica. Nato a Londra nel 1561, sir Francis Bacon fu uomo politico di prim’ordine nell’Inghilterra di Elisabetta I e Giacomo I, ma mentre si dedicava alle cariche pubbliche e all’avvocatura trovò anche il tempo di coltivare una forte passione per la filosofia e le scienze sperimentali, cose forse considerate secondarie durante la sua vita ma che gli hanno dato fama imperitura dopo la morte.
Empirista radicale, elaborò un metodo d’indagine scientifica che col tempo avrebbe ceduto il passo a quello – più completo – elaborato da Galileo Galilei più o meno negli stessi anni, ma che sulle prime sembrò estremamente prolifico ed efficace.
Lo stesso Bacone si applicò a dimostrarne i pregi tramite una serie di osservazioni che, in un modo piuttosto curioso, gli costarono anche la vita nel 1626, a 65 anni d’età: secondo il racconto di prima mano di John Aubrey – uno scrittore coevo in genere considerato poco affidabile ma che in questo caso traeva le informazioni da Thomas Hobbes, amico personale di Bacone – nell’inverno del 1626 il filosofo stava viaggiando in carrozza verso la sua residenza assieme al medico di corte e, ragionando sulla neve, pensò che forse poteva essere usata per conservare il cibo.
Per questo fermò la carrozza e si precipitò nella casa di una contadina, comprando un pollo e subito rivestendolo di neve.
Il contatto prolungato col ghiaccio, però, lo fece ammalare di polmonite in pochi giorni e spirare nella sua residenza, venendo descritto da Aubrey come un martire del metodo sperimentale. Lasciò tutti i suoi averi ai servi, perché nel frattempo aveva diseredato la propria giovane moglie, della quale aveva scoperto un tradimento.
4. Adolfo Federico di Svezia
Il re che mangiò fino a morire
Se le morti di Tycho Brahe e Francesco Bacone – scienziati che vivevano ancora in una fase di passaggio dalle credenze medievali all’epoca della sapienza moderna – possono essere considerate almeno in parte il frutto delle scarse conoscenze dell’epoca, non si possono trovare grandi scuse riguardo al destino di Adolfo Federico, re di Svezia dal 1751 al 1771, morto nel pieno dell’età dei lumi.
Primo esponente della dinastia Holstein-Gottorp, è ricordato come un re di poco polso, ondivago nelle decisioni sia politiche che economiche, anche se dotato di buone qualità nell’ambito privato; ma è soprattutto per il modo in cui morì che ancora oggi gli svedesi mantengono vivo il suo ricordo.
Il 12 febbraio 1771 infatti il re decise di consumare un pasto come al solito molto lauto (tra le portate vi erano aragosta, caviale, crauti, aringhe affumicate e champagne), ma soprattutto non seppe resistere al dolce, facendosi portare ben quattordici porzioni della semla, un dolce tipico dei paesi scandinavi e baltici, servito in una ciotola di latte caldo.
Ovviamente, poco dopo aver finito il pasto iniziò ad aver problemi digestivi e nel giro di poche ore spirò, tanto è vero che da allora in poi i bambini svedesi lo ricordano come «il re che ha mangiato fino alla morte».
Suo figlio Gustavo III, dotato di maggior polso, seppe togliere potere al Parlamento e riconquistare alla corona una serie di privilegi che, dopo un periodo di forte parlamentarismo, fecero ritornare la Svezia all’epoca del dispotismo, anche se illuminato.
5. Grigorij Rasputin
Il mistico immortale
Le persone che abbiamo visto finora non si può dire che avessero la scorza particolarmente dura: per quanto le condizioni sanitarie e la medicina del tempo fossero molto arretrate, in buona parte furono vittime delle loro stesse debolezze, o verso l’etichetta, o verso le loro manie.
L’ultimo personaggio famoso morto in maniera assurda e strana è invece un uomo che, usando una terminologia da blockbuster americano, era decisamente “duro a morire”: Grigorij Rasputin, consigliere dei Romanov poco prima dello scoppio della Rivoluzione sovietica.
Nato in un villaggio siberiano nel 1869, già nell’infanzia acquisì la fama di “sopravvissuto”: i suoi genitori ebbero quattro figli prima di lui e altri tre dopo di lui che morirono tutti in fasce; a 8 anni d’età, poi, cadde in un torrente assieme al cugino e, mentre questi morì di polmonite, lui si salvò.
Avvicinatosi ad alcune sette ortodosse estremiste, acquisì fama di guaritore e di sciamano che gli consentirono di entrare, nei primi anni del Novecento, nell’ambiente di corte, soprattutto per curare l’emofilia del figlio dello zar, Aleksej.
In breve tempo divenne il prediletto della zarina e questo fece sì che molti esponenti della nobiltà e della borghesia di San Pietroburgo gli chiedessero di fare da intercessore nei confronti della famiglia reale, attirandogli molti amici ma anche molti nemici.
L’arrivo della guerra
Con lo scoppio della Prima guerra mondiale e la partenza dello zar per il fronte, il suo ruolo di principale e misterioso consigliere della zarina ne fece l’uomo più potente della capitale, capace di rovesciare governi da un momento all’altro, e per questo fu ordita una congiura contro di lui: durante una cena a casa del nobile russo Feliks Jusupov fu avvelenato col cianuro, ma resistette al veleno.
Allora i congiurati gli spararono al fianco con una pistola, ma anche questo non lo uccise; a quel punto gli spararono nuovamente, prima alla schiena e poi in fronte, e lo gettarono nel Moika. Quando il suo cadavere rinvenne, giorni dopo, dal fiume, venne effettuata un’autopsia che trovò acqua nei polmoni, segno che quando era stato gettato in acqua era incredibilmente ancora vivo.
E voi, quale morte assurda preferite?
Quella di Rasputin è una storia al limite della fantascienza AHAHAHAH Articolo molto interessante: è sempre bello leggere aneddoti curiosi come questi 🙂