
La letteratura inglese è da secoli una delle più importanti a livello mondiale, grazie ai capolavori sfornati da autori che si sono affermati durante i secoli. Shakespeare gode senz’altro di una considerazione smisurata, ma in realtà sono tanti i nomi degni di nota: Keats, Dickens, Joyce… la lista potrebbe essere interminabile. Certo è che ognuno di loro ha dato il proprio contributo, volontariamente o in maniera indiretta, a segnare un’epoca, rivoluzionare uno stile, dare vita ad una precisa linea di pensiero.
Da non sottovalutare è tuttavia il ruolo letterario ricoperto dalle donne in Inghilterra a partire dal XVIII secolo.
Proprio in questo paese, infatti, diverse figure femminili riuscirono ad affermarsi nell’ambito della letteratura, cosa che non accadde invece negli altri Stati emergenti dell’epoca. Non tutte poterono però godere del successo che riscontrarono le loro opere, a causa di diversi motivi.
Innanzitutto perché alcuni romanzi vennero pubblicati dopo la morte delle autrici stesse, in altri casi perché il buon esito dell’opera fu ostacolato dalla mentalità fortemente maschilista che condannava ogni donna osasse occuparsi di professioni estranee a quelle domestiche.
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Ciononostante, diverse donne si dedicarono comunque alla produzione letteraria, una produzione tanto brillante da garantire loro una fama estesasi fino ai giorni nostri. Vediamo quindi cinque tra le ladies della letteratura inglese.
Indice
1. Jane Austen
L’autrice di Orgoglio e pregiudizio
«Scrissero come scrivono le donne, non come scrivono gli uomini». In questa frase Virginia Woolf allude a due delle donne di cui leggeremo e una è proprio Jane Austen. Conosciuta soprattutto per essere l’autrice di Orgoglio e pregiudizio, in realtà i romanzi da lei scritti e ultimati furono in tutto sei, due dei quali pubblicati dopo la sua morte prematura avvenuta nel 1817.
Come anticipa la citazione della Woolf, Jane Austen mette in scena nelle sue opere un universo unicamente femminile: le protagoniste vengono introdotte nel bel mezzo della loro vita quotidiana e la ricerca di un buon marito è al centro delle loro preoccupazioni.
Il tono ironico dell’autrice ci accompagna attraverso le vicende che ostacolano la felicità delle eroine, dipingendo un quadro dettagliato della società dell’epoca.
Decisione della Austen fu quella di rimanere nell’ombra. “By a lady” è la firma che spesso sceglie per le sue opere, come se volesse sottolineare la sua natura: si sentiva una donna e nient’altro, tanto comune da non doversi nemmeno identificare.
2. Charlotte Brontë
Jane Eyre e i risvolti autobiografici
Diversamente da Jane Austen, Charlotte Bontë preferì utilizzare uno pseudonimo maschile anziché restare nell’anonimato, così si firmò in due romanzi e in una raccolta di poesie come Currer Bell. Jane Eyre è il suo più celebre capolavoro, in cui tra l’altro è tanta la corrispondenza tra la protagonista che dà il nome all’opera e l’autrice stessa.
Charlotte nacque nel 1816 nella famiglia di un pastore protestante. Iniziò così gli studi in un istituto per figli di ecclesiastici e le pessime condizioni di quella struttura vennero successivamente descritte nel suo romanzo.
Anche Charlotte, esattamente come il suo personaggio d’invenzione, lavorò come istitutrice, mentre il suo innamoramento per un professore divenne il tema centrale di altri due libri.
Ciò che emerge dagli scritti della Bontë è la frustrazione causata dalle delusioni ricevute: era consapevole dell’inferiorità del suo sesso, ma sapeva anche di non potersi pronunciare al riguardo. Fece quindi parlare Jane Eyre al posto suo, ma l’indignazione della protagonista viene poi premiata con il lieto fine di cui l’autrice non poté godere.
3. Emily Bontë
Il difficile successo di Cime tempestose
Nata due anni dopo la sorella Charlotte, Emily Brontë è la seconda autrice a cui allude Virginia Woolf. Come Jane Austen, lei non cercava notorietà: scriveva per lo più per diletto personale, componendo poesie in un quaderno che conservava segretamente.
Fu la sorella maggiore a trovarne gli scritti e, accortasi della sua bravura, la convinse a pubblicarli. Emily accettò con riluttanza e scelse per sé lo pseudonimo Ellis Bell con cui firmò nel 1847 il suo unico romanzo, Cime tempestose.
Sebbene scrisse in piena età vittoriana, Emily Bontë inserì nel suo capolavoro elementi che rimandano al romanzo gotico. Nel periodo immediatamente successivo alla pubblicazione, l’originalità di Cime tempestose fu per lo più offuscata dal successo di Jane Eyre.
Quasi tutti coloro che focalizzarono la loro attenzione sul romanzo, lo ricoprirono inoltre di critiche negative definendolo immorale.
Pochi quindi si resero immediatamente conto della genialità di Emily Bontë e solo una rivalutazione postuma permise a Cime tempestose di ricoprire un ruolo di rilievo nella letteratura anglosassone.
4. George Eliot
Contro l’ipocrisia dell’età vittoriana
Mary Anne Evans poteva godere di una buona posizione sociale, tanto che l’utilizzo di uno pseudonimo da parte sua non era strettamente necessario. Ciononostante, scelse di firmarsi come George Eliot dapprima per soddisfazione personale, poi per esigenze legate agli scandali provocati dalla sua vita privata.
Nacque nel 1819 e sviluppò il suo talento in piena età vittoriana. Sebbene fosse malvista e pesantemente criticata dalla società dell’epoca, molti furono i fattori che le garantirono comunque il successo: l’agiatezza economica della famiglia, la relazione con G.H. Lewes e il sostegno della regina Vittoria.
La svolta nella sua carriera avvenne nel 1851, quando divenne la vicedirettrice di una rivista propagandistica, ma il suo primo romanzo venne pubblicato nel 1859. Nelle sue opere criticò l’ipocrisia della società in cui viveva allo stesso modo in cui quest’ultima l’aveva condannata per le sue scelte di vita.
Così i sogni dei protagonisti di Middlemarch vengono ostacolati dalla mentalità conservativa dell’epoca, mentre la Maggie Tulliver de Il mulino sulla Floss è infangata dai giudizi di chi la reputa immorale. George Eliot invece non permise mai ai pettegolezzi di avere la meglio sulla sua vita.
5. Virginia Woolf
Critica letteraria e scrittrice
Nel suo saggio Una stanza tutta per sé Virginia Woolf prese in considerazione tutte e quattro le autrici precedenti evidenziandone la grandezza letteraria, a volte pienamente espressa e in altri casi soffocata.
La Woolf (1882-1941) si dedicò sempre alla scrittura: produsse articoli di giornale, critiche letterarie, saggi e romanzi. Partecipò anche attivamente alla vita politica, sostenendo movimenti femministi come quello delle suffragette.
Il tema della lotta per la parità dei sessi è infatti il filo conduttore delle sue opere: non solo ne discute in due trattati, ma tra le righe dei suoi romanzi emergono il suo sdegno per un mondo dominato da uomini e la speranza di un futuro miglioramento.
Morì suicida nel 1941, ma il suo successo era ormai inarrestabile: dopo un periodo di giudizi sprezzanti, fu rivalutata negli anni Settanta grazie alla diffusione dei movimenti femministi, che ne imitarono l’esempio.
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