
Capita di tanto in tanto che qualcuno, deluso magari da alcune piccole magagne dell’attualità, si scagli contro i mali della democrazia, elogiando i tempi in cui, invece, a governare le sorti dei paesi erano sovrani illuminati, capaci di approntare riforme decisive senza doverle discutere col popolo ignorante. Sono discorsi da bar, ovviamente, ma che nascono da una conoscenza della storia – e in particolare del dispotismo illuminato – tutto sommato abbastanza superficiale.
I despoti illuminati sono esistiti, e questo è un dato di fatto. E con la loro opera, in alcuni casi hanno sicuramente fatto il bene delle loro nazioni, portando sviluppo e prosperità. Ma spesso, davanti a questi pregi ci si dimentica dei ben vistosi difetti di quel sistema politico.
Che era, in primo luogo, una forma di assolutismo, e quindi non garantiva vere libertà al popolo. E che era troppo arbitrario, troppo basato sulla fortuna di trovarsi davanti un sovrano intelligente e al passo coi tempi e non un retrogrado ignorante e incapace di gestire lo stato.
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È indubbio, però, che i sovrani cosiddetti “illuminati” esercitano ancora oggi un certo fascino. Anche perché sono stati piuttosto rari e, quando li si incontra, è bene studiarli
Il diciottesimo secolo fu indubbiamente il loro secolo, influenzati com’erano dai filosofi francesi e in generale dall’illuminismo. Cerchiamo, allora, di ricordare insieme i principali esponenti di quella importante fase storica.
Indice
Premessa: cos’è il dispotismo illuminato?
Cerchiamo però prima di tutto di capire cos’è stato il dispotismo illuminato o, come a volte si dice, l’assolutismo illuminato. Con quest’espressione si intende una particolare forma di governo che si impose in varie zone d’Europa nel corso del ‘700.
Esso riguardò alcuni sovrani assoluti, alcuni re, cioè, che avevano nelle loro mani tutto il potere. Non era una novità: l’assolutismo in Europa era comparso già un secolo prima, trovando il suo massimo esponente nel re di Francia Luigi XIV, il Re Sole.
Attorno alla metà del XVIII secolo, però, parallelamente vari sovrani assoluti cominciarono a varare delle riforma innovative. Queste riforme erano direttamente ispirate ai principi dell’illuminismo: andavano a colpire la Chiesa cattolica e i suoi privilegi, riformavano il mercato in senso liberista, cercavano di uniformare le leggi.
Inoltre volevano, in genere, varare un sistema fiscale più equo, migliorare l’amministrazione dello stato, alleggerire le pene e vietare l’utilizzo della tortura. Cercarono di portare in porto molte di queste riforme, e a volte ci riuscirono. Vediamo come.
1. Carlo III di Spagna
Seguendo per quanto possibile una sorta di ordine cronologico, partiamo da Carlo Sebastiano di Borbone, nato a Madrid nel 1716 e morto nella stessa città nel 1788.
Figlio di Filippo V di Spagna – che era stato il primo Borbone a salire sul trono ispanico – e della parmigiana Elisabetta Farnese, nella sua vita fu Duca di Parma e Piacenza fino al 1735, re di Napoli e di Sicilia fino al 1759 e infine re di Spagna fino alla morte.
Tale spostamento di corti si deve al fatto che Carlo era in realtà il terzogenito del re – e succedette ai fratelli maggiori man mano che questi morivano prima di lui – e a nuove acquisizioni territoriali.
Un re riformista a Napoli e a Madrid
Le sue riforme le applicò soprattutto a Napoli e in Spagna, modernizzando entrambi i paesi. Nel sud Italia lasciò un’ottima impronta. In primo luogo, strappò quelle terre alla dominazione austriaca, riportandole all’indipendenza.
Poi, una volta affrancato dalle tutele di Madrid, scelse come collaboratori degli uomini provenienti dalla borghesia (come Bernardo Tanucci e Leopoldo de Gregorio). Cercò così di semplificare le ingarbugliate leggi del regno con l’elaborazione del Codice Carolino, mentre nel 1740 introdusse il catasto, che però si rivelò meno efficace del previsto.
Vennero aggiunte alcune tasse anche per la chiesa e ne ridusse le immunità. Infine fece costruire alberghi dei poveri a Napoli e Palermo e sviluppò gli scavi archeologici; in generale è considerato uno dei sovrani migliori che il sud abbia mai avuto.
In Spagna non seppe sempre replicare i successi partenopei. In politica estera, infatti, si alleò con la Francia contro l’Inghilterra, ma uscì impoverito dal confronto, con la Gran Bretagna che si confermava la più importante potenza marittima.
In compenso, in politica interna attuò anche qui le sue riforme, con liberalizzazioni, l’organizzazione di una Lotteria nazionale ma anche l’aumento del carico fiscale. Furono inoltre espulsi i gesuiti e fondate nuove scuole, vennero ripopolate zone disabitate, fu indetto un censimento, fu limitato l’uso della pena di morte al solo esercito e venne vietata la tortura.
2. Maria Teresa d’Austria
A proposito di chiacchiere da bar: quando qualcuno dice che le donne non sarebbero in grado di governare, fatelo ripensare al Settecento europeo.
In un’epoca in cui le leve del potere erano ancora saldamente in mano agli uomini, in cui le regine si contavano sulle dita di una mano e in cui la loro autorevolezza era spesso messa in discussione, furono proprio le regine le principali autrici di riforme destinate a durare nel tempo. In questa cinquina, solo per fare un esempio, ce ne sono due: Maria Teresa d’Austria e Caterina II di Russia.
La prima nacque a Vienna nel 1717 e lì morì 63 anni dopo, nel 1780. Successe a suo padre, Carlo VI, usufruendo della Prammatica Sanzione che proprio lui aveva emanato poco prima della sua nascita.
Regnò su Austria, Ungheria, Boemia, Croazia, Parma e Piacenza, Milano e Mantova, ma non poté diventare imperatrice, titolo riservato ai maschi (fece comunque eleggere il marito).
Le riforme influenzate dal figlio, Giuseppe II
Cattolica convinta, non abbracciò il principio illuministico della tolleranza, ma cercò di ridimensionare il peso politico della chiesa, espellendo anche i gesuiti (che pure erano stati suoi educatori) e incamerandone i beni.
Tendenzialmente antisemita, varò legislazioni molto dure nei confronti della minoranza ebraica, che furono però notevolmente ammorbidite dal figlio Giuseppe II, anch’egli “illuminato”.
Dal punto di vista delle riforme, introdusse il catasto, impose le tasse anche al clero e alla nobiltà, razionalizzò la burocrazia. Inoltre diede impulso alla ricerca medica e promosse la vaccinazione, fece compilare un nuovo Codice, abolì la tortura, limitò l’uso della pena capitale e vietò la caccia alle streghe.
Inoltre istituì l’istruzione obbligatoria per i bambini dai 6 ai 12 anni. Molte di queste riforme furono varate col decisivo apporto di Giuseppe II che regnò assieme alla madre negli ultimi 15 anni della di lei vita ed era di idee più progressiste.
3. Federico II di Prussia
L’altro grande riformista tedesco della metà del Settecento fu Federico II di Prussia. Nato a Berlino nel 1712, ascese al trono nel 1740, in seguito alla morte del padre Federico Guglielmo I.
Nonostante la storia della corte prussiana sia piena di sovrani considerati guerrafondai e non sempre dotati di particolare acume, Federico fu uno dei sovrani più intelligenti ed acuti della sua epoca, tanto è vero che era soprannominato “il re filosofo”.
Questo non gli impedì, comunque, di guidare il suo esercito, trasformando in pochi decenni il suo stato da una piccola realtà regionale a una vera potenza europea.
Il re filosofo e guerriero
Già prima di assumere la corona aveva dato prova di attenzione alle correnti di filosofia politica allora in voga. Nel 1739 aveva infatti scritto l’Anti-Machiavelli, un trattato filosofico influenzato dall’illuminismo e dallo stoicismo che si era guadagnato la critica positiva di Voltaire.
Col filosofo francese si tenne a lungo in contatto, anche se ebbe pure qualche alterco, così come corrispose col compositore Johann Sebastian Bach, visto che lo stesso monarca era un abile suonatore. Probabilmente omosessuale, si sentiva un erede di Marco Aurelio, e si cagionò anche qualche guaio di salute volendo guidare in prima persona il suo esercito.
Dal punto di vista delle riforme, introdusse l’istruzione obbligatoria, rinnovò l’Accademia di Berlino (permettendovi, all’interno, un’estrema libertà d’opinione), fece preparare un Codice civile e un Codice di procedura, snellì i processi e vietò la tortura.
Il suo castello di Sanssouci divenne uno dei centri della cultura dell’epoca. Inoltre, in campo economico, sistemò il bilancio statale, favorì il sorgere dell’industria e allontanò i nobili dall’amministrazione. Inoltre, mise in pratica i principi di tolleranza religiosa.
4. Caterina II di Russia
L’altra grande regina del XVIII secolo fu senza dubbio Caterina II di Russia, nota anche come Caterina la Grande. Nata a Stettino nel 1729 col nome di Sofia Federica Augusta di Anhalt-Zerbst da una famiglia di lingua tedesca, fu data in sposa sedicenne al futuro Pietro III di Russia.
Questi salì al trono nel gennaio del 1762, all’età di 33 anni, dopo che il matrimonio con Caterina era già in piedi da parecchio tempo. Il suo regno fu però brevissimo, visto che la moglie lo fece destituire con un complotto ordito assieme alla Guardia Imperiale ed uccidere dopo appena 6 mesi passati sul trono.
Caterina era insomma una donna dotata di ben pochi scrupoli. Questo però non le impedì di essere una seguace dell’illuminismo tra le più accese che si fossero mai viste sulla scena dei regnanti europei.
La spregiudicata ammiratrice dei filosofi francesi
Appassionata lettrice delle opere di Voltaire, Montesquieu, Beccaria, Diderot (che ospitò e a cui versò per tutta la vita una rendita) e d’Alembert, era essa stessa una scrittrice, tanto è vero che produsse commedie, romanzi e memorie, che avevano intenti didattici ma servivano anche ad attaccare gli oppositori.
Le sue riforme, per quanto difficili da attuare in un paese come la Russia, furono varie. Divise il paese in province e distretti per migliorarne la gestione, aprì scuole e case di istruzione, fece costruire ospedali e promosse la sanità.
Inoltre fece edificare nuove città secondo principi razionali e migliorò le finanze statali. Non tutta la sua politica, però, fu coerente con questi ideali: ad esempio, finì per aumentare il numero dei servi della gleba e fece reprimere nel sangue molte proteste popolari.
5. Leopoldo II d’Asburgo-Lorena
Concludiamo ritornando sul casato degli Asburgo, che era quello più importante nell’Europa dell’epoca. Leopoldo II, nato a Vienna nel 1747 e lì morto nel 1792, era figlio di Maria Teresa e fratello minore di Giuseppe II, oltre che di quella Maria Antonietta che sarebbe andata in sposa a Luigi XVI, divenendo regina di Francia e venendo travolta dagli eventi della rivoluzione.
Divenne granduca di Toscana nel 1765, stabilendosi a Firenze e varando un programma di ampie riforme, che poté portare avanti solo fino al 1790, quando la morte di Giuseppe lo obbligò a spostarsi a Vienna per divenire imperatore.
Nella capitale dell’impero poté governare però solo per pochi mesi, visto che morì nel 1792, poco prima di compiere 45 anni.
In quelle settimane fece molto poco, anche perché le notizie che arrivavano dalla Francia, e che coinvolgevano in prima persona sua sorella, consigliavano moderazione. Riuscì comunque a pacificare ungheresi e boemi, calmando anche i Paesi Bassi austriaci dove si era in procinto di sollevarsi contro l’impero.
Firenze prima di Vienna
Bisogna quindi guardare alla Toscana per studiarne l’impeto riformatore. A Firenze, nei 25 anni di governo, promosse la bonifica di molte aree paludose, varò riforme liberiste (tra cui anche lo scioglimento delle corporazioni medievali) e migliorò il sistema fiscale, con la riscossione diretta delle imposte e l’introduzione del catasto.
Soppresse inoltre i conventi, ridusse il potere della chiesa e abolì vari vincoli antichi. Varò infine un Codice penale in cui si abolivano la lesa maestà, la tortura e soprattutto – primo in Europa – la pena di morte.
E voi, quale esempio di dispotismo illuminato preferite?