
All’inizio del Seicento, il marchese Vincenzo Giustiniani – futuro collezionista delle opere del Caravaggio – redasse un elenco dei vari generi pittorici, ordinandoli per importanza; all’interno di questa lista, la rappresentazione di una natura morta veniva posta in quinta posizione, ben al di sotto dei quadri di figura, che invece erano considerati il vertice dell’arte pittorica.
Se è vero che fu poi lo stesso Caravaggio, come in parte vedremo, a far ricredere Giustiniani, è anche vero che per lungo tempo le nature morte e in particolare i quadri floreali sono stati considerati un tema minore nel campo della produzione artistica, quasi un esercizio di stile affidato ai giovani per affinare le tecniche in vista di future e più impegnative realizzazioni.
Ciononostante, e soprattutto dall’Ottocento romantico in poi (che rappresentò un generale avvicinamento, non solo in ambito pittorico, alla bellezza e alla purezza della natura), alcuni dei più grandi pittori della nostra storia si sono misurati con questo genere di rappresentazione, a volte con risultati più che egregi, come dimostrano certi quadri di Dürer, Manet, van Gogh, Cezanne, Klimt ed altri artisti che vedremo più in dettaglio.
All’interno di una vastissima produzione che copre diversi secoli, abbiamo quindi scelto 19 quadri floreali che ci sembravano particolarmente famosi e significativi, utili per tracciare una sorta di storia del genere: vediamoli insieme.
Indice
1. Jan Brueghel il Vecchio – Vaso di fiori
La mela non cade mai troppo lontano dall’albero, dice un famoso proverbio. Eppure non sempre è così: sono piuttosto frequenti anzi anche in campo artistico i casi in cui i figli rinnegano i padri e si allontanano dal loro stile, scegliendo strade nuove ed autonome.
Prendiamo la famiglia Brueghel, forse la più importante nell’ambito della pittura fiamminga a cavallo tra Cinquecento e Seicento.
Se il capostipite Pieter Brughel il Vecchio preferiva grandi scene in cui rappresentava un’umanità grottesca e il figlio primogenito Pieter il Giovane ne imitò per molto tempo lo stile – salvo poi orientarsi principalmente su scene infernali –, il secondo figlio Jan Brueghel il Vecchio preferì di gran lunga i paesaggi e le nature morte.
Questo lo rese uno dei migliori interpreti di questo genere d’arte del suo tempo, tant’è vero che all’epoca venne ricordato come Brueghel dei velluti o Brueghel dei fiori.
Portare la fantasia nella natura morta
Amato e protetto in Italia soprattutto dal cardinale Federico Borromeo, la sua arte fu in un certo senso l’altra faccia della medaglia della natura morta seicentesca.
Se infatti Caravaggio rappresentava canestri di frutta di un realismo quasi disarmante, Brueghel preferiva tele più in linea coi canoni stabiliti, in cui la rappresentazione – come nel caso che abbiamo scelto – di un vaso di fiori serviva semplicemente a dare varietà e sollievo sia al pittore che al committente.
I suoi quadri, insomma, non avevano nessuna presunzione di rivaleggiare con le rappresentazioni umane e sacre, alle quali di fatto si sottomettevano.
Ciononostante, Jan Brueghel il Vecchio fu decisamente il maestro più efficace del suo tempo nel mettere in scena i fiori, che componeva in fogge fantasiose ed equilibrate.
Sembrava quasi aver trasportato nel suo genere preferito quell’illimitato gusto per l’eccesso e la varietà (oltre che per il lusso morigerato, alla maniera dei calvinisti) che contraddistingueva la pittura fiamminga del Cinquecento.
2. Vincent van Gogh – Girasoli
Facciamo ora un salto in avanti arrivando a fine Ottocento, un periodo in cui – tra simbolismo e impressionismo – i fiori cominciarono ad assumere un ruolo importantissimo, come crocevia da un lato della luce che su di essi si rifletteva, dall’altro delle passioni e delle angosce dell’uomo moderno.
Era questa, tra l’altro, un’ottica che lo stesso Freud avrebbe fatto propria nell’interpretazione dei sogni e dei loro simboli.
Il primo, o quantomeno il più importante, pittore che dedicò interi quadri a fiori usati per descrivere le proprie angosce fu probabilmente l’olandese Vincent van Gogh, che tra il 1887 e il 1889 utilizzò sovente i girasoli per esprimere quel senso di morte che di lì a poco l’avrebbe portato al suicidio.
Dopo alcuni quadri con girasoli recisi ed appassiti realizzati a Parigi nel 1887, l’anno successivo si spostò ad Arles, nel sud della Francia, dove dipinse sette variazioni sul tema dei girasoli in un vaso, quadri che oggi hanno una quotazione spaventosa.
Sono ospitati, d’altra parte, da alcuni tra i più prestigiosi musei del mondo (il Van Gogh Museum di Amsterdam, la National Gallery di Londra e la Nuova Pinacoteca di Monaco di Baviera, solo per fare qualche esempio).
Per abbellire la stanza di Paul Gauguin
Lo scopo fondamentale con cui vennero dipinti era quello di addobbare la camera che van Gogh stava preparando per l’amico Paul Gauguin, che avrebbe dovuto raggiungerlo ad Arles di lì a pochi mesi.
Avevano quindi uno scopo decorativo e vennero realizzati in un momento di cauto ottimismo nella vita del pittore olandese, ma il progetto fu presto disatteso, a causa della decisione di Gauguin di spostarsi a Tahiti e alle sempre più frequenti crisi mentali di van Gogh.
Ad ogni modo, mentre dipingeva questi quadri – come si evince dalle lettere che scriveva al fratello – l’olandese era felice come raramente gli era sembrato di essere e cercava di trasmettere questa felicità tramite il colore giallo e la luce, così traboccante in questi quadri.
Alcuni però hanno trovato – e secondo noi non a torto – nella scelta di colori così forti e ruvidi, un presagio di quell’inquietudine – per il momento sopita, ma non del tutto – che sarebbe presto scoppiata nella vita di van Gogh.
3. Claude Monet – Le ninfee
Come detto, van Gogh realizzò una serie relativamente corposa di quadri dedicati ai girasoli, ma il pittore che più di tutti legò la propria carriera a un fiore specifico fu probabilmente l’impressionista Claude Monet.
Già nelle prime fasi della propria attività il pittore francese aveva studiato i riflessi della luce sulla natura e in particolare sui fiori, come dimostra il celebre I papaveri che abbiamo annoverato tra i più bei “piccoli” quadri impressionisti, ma è soprattutto nell’ultima parte della sua vita che la passione per certi fiori divenne praticamente un’ossessione.
Nel 1883 il pittore, allora quarantatreenne, decise di trasferirsi a Giverny, un paesino non molto distante da Parigi, in cui creò un giardino alla maniera giapponese, sviluppato attorno a uno stagno in cui fece crescere ninfee, rose, iris, tulipani, campanule, gladioli e una vegetazione molto ricca, piena di salici piangenti e glicini.
Questo stesso stagno, da quel momento in poi, divenne il soggetto principale dei suoi quadri e dal 1899 in particolare cominciò a dedicarsi alle ninfee, ritratte a tutte le ore del giorno e da diverse prospettive fino al 1926, l’anno della morte che lo colse proprio nella sua tenuta di Giverny.
I fiori tra cielo e acqua
D’altronde, Monet non era nuovo allo studio dello stesso soggetto a diversi orari, come dimostrano le molte tele dedicate alla Cattedrale di Rouen.
Ma su questo tema acquatico concentrò tutti i suoi ultimi sforzi, nonostante i problemi agli occhi dovuti alla cataratta, lasciando a volte interdetti i critici che in certi casi giudicarono la sua scelta come un errore.
Ma Monet, imperterrito, continuò nel suo lavoro, sicuro di poter cogliere, tramite quei fiori posti sull’acqua, i giochi di luce col cielo che nello stagno veniva riflesso e comunicare coi colori e l’uso veloce degli stessi proprio quelle impressioni che erano state alla base del suo lavoro e di quello di tutta la corrente impressionista.
4. Georgia O’Keeffe – Papavero
Dopo aver visto i principali esponenti europei della pittura floreale, avviciniamoci ai nostri tempi e spostiamoci negli Stati Uniti.
Nel nostro continente, infatti, il trionfo delle avanguardie portò a un generale disinteresse verso le nature morte, sostituite spesso dalla rappresentazione dei nuovi paesaggi urbani, delle innovazioni tecnologiche o, astrattamente, dei dissidi dell’animo umano.
Fortemente influenzato dal cubismo fu anche il movimento artistico americano del precisionismo, un movimento che tramite le forme geometriche sintetizzate da Picasso e Braque tentava di riprodurre in maniera iperrealistica il nuovo paesaggio industriale statunitense.
Una corrente sviluppatasi negli anni Venti, che presto però dimenticò l’influenza cubista, orientandosi verso una raffigurazione quasi fotografica della realtà.
E questa fu proprio la tendenza di Georgina O’Keeffe, forse la maggior esponente del precisionismo, che a partire proprio dalla fine degli anni Venti cominciò a soggiornare con sempre maggior frequenza nel New Mexico, dedicando molte tele alla riproduzione di elementi naturali locali, in primo luogo i fiori.
L’epoca della precisione fotografica
Particolarmente riusciti, in questo senso, sono i suoi quadri dedicati ai papaveri, come il Papavero realizzato nel 1927 (e conservato al Museo di Belle Arti di St. Petersburg, in Florida) che vi proponiamo qui sopra.
Un quadro in cui il realismo è talmente intenso – nell’uso soprattutto del colore e delle gradazioni dello stesso – da non poter non richiamare alla mente la precisione fotografica che veniva raggiunta in quegli stessi anni (ma in bianco e nero) dal marito stesso della O’Keeffe, quell’Alfred Stieglitz che, quasi di venticinque anni più vecchio di lei, era stato uno dei padri della fotografia americana.
Una rappresentazione fedele della realtà che però non nega il lato simbolico dell’elemento floreale, nel quale alcuni critici non a caso hanno intravisto – rifacendosi a Freud e non solo – una metafora della sessualità femminile.
5. Andy Warhol – Fiori
Cercando di tirare le somme su quanto scritto finora, si può dire che la rappresentazione dei fiori in pittura ha attraversato un percorso che da mero elemento decorativo li ha portati, nel corso del tempo, al simbolico compito di portatori di luce e colori in contrasto o in accordo con l’animo umano.
E questo compito è stato svolto fino a che lo sguardo oserei dire quasi scientifico di Georgia O’Keeffe non ha di colpo esaurito quello che i fiori dipinti potevano dire per l’uomo moderno.
E se i fiori, in sé e per sé, non hanno più nulla da dire, essi si trasformano in un elemento pop, un tratto del nostro immaginario collettivo che può essere preso in mano e stravolto allo stesso modo di come si fa con la foto di un divo hollywoodiano.
Non a caso, l’ultimo punto della nostra cinquina iniziale lo dedichiamo a Andy Warhol, che soprattutto tra il 1964 e il 1970 (ma qualcosa del genere aveva provato a proporlo anche a fine anni Cinquanta, e il tema sarà poi in parte ripreso nei primi anni Ottanta) realizzò varie tele dedicate ai fiori.
Utilizzò, nel farlo, quella tecnica che abbiamo già visto altrove e che consisteva nella riproduzione serigrafica di una fotografia sopra alla quale Warhol stendeva il colore a tinte piatte e molto forti, creando quell’effetto che da lì in poi sarebbe stato etichettato appunto come “pop”.
La pop art e la morte dell’arte
Il fiore, ormai spogliato di ogni elemento che lo contraddistingue e spesso colorato con toni irreali, diventa quindi un’icona, tornando ad essere un elemento puramente decorativo come era all’inizio del nostro percorso.
È però ormai un’icona autoreferenziale, che riflette in un certo senso sul suo stesso mito e passato attraverso un lungo percorso di acquisizione di senso e di perdita dello stesso.
Se l’arte – come l’avevamo conosciuta fino ad allora – era morta e sepolta, i fiori di Warhol ne erano la grottesca immagine che si appende sulla lapide del defunto.
Altri 14 famosi quadri di fiori, oltre ai 5 già segnalati
Il genere del quadro floreale è stato praticato a lungo e lungo diverse epoche. Ecco perché è quindi indispensabile allargare un po’ la panoramica, arrivando ad includere alcuni altri quadri, oltre ai cinque che abbiamo già segnalato. Eccoli, molto velocemente.
Ambrosius Bosschaert – Natura morta di fiori (1614)
Jan Davidsz de Heem – Vaso di fiori (1645)
Rachel Ruysch – Natura morta con fiori su una lastra di marmo (1716)
John Constable – Fiori in un vaso di vetro (1814)
Katsushika Hokusai – Ciuffolotto e fiori di ciliegio piangenti (1834)
Pierre-Auguste Renoir – Fiori in un vaso (1866)
Mary Cassatt – Lillà in una finestra (1880-1883)
Edouard Manet – Fiori in un vaso di cristallo (1882)
Vincent van Gogh – Iris (1889)
Gustav Klimt – Girasole (1907)
Piet Mondrian – Amarillide (1910)
Odilon Redon – Vaso bianco con fiori (1916)
Emil Nolde – Peonie e iris (1936)
Alex Katz – Rose rosse con blu (2001)
E voi, quale quadro di fiori preferite?
Aggiungerei i fiori di Van Huysum.
Tutti molto belli, in particolare quello ritrovato e esposto agli Uffizi