
Ci sono dei decenni che, per motivi almeno in parte inspiegabili, vengono ricordati sempre con grande nostalgia. In America, ad esempio, hanno una vera e propria fissazione per gli anni ’50, come dimostrano centinaia di film, da American Graffiti a Ritorno al futuro. Dalle nostre parti, invece, due sono i periodi a cui ci si rivolge con uno sguardo agrodolce: i ’60 e gli ’80.
I grandi cambiamenti sociali
Gli anni ’60, d’altra parte, nel nostro paese sono stati anni di grande cambiamento. È stato il decennio in cui la società si è finalmente evoluta, ammodernandosi e proponendo in maniera massiccia la questione giovanile.
È stato il decennio in cui i monocolori DC hanno lasciato spazio al cosiddetto centro-sinistra, alla nazionalizzazione dell’energia elettrica, alla scuola media unica. In cui gli effetti del boom economico hanno finalmente cominciato a farsi sentire.
È stato anche il decennio, insomma, in cui i ragazzi italiani hanno cominciato a comprare i dischi e svecchiare il panorama musicale. In cui si sono aperti – in maniera definitiva – all’arrivo del pop e del rock, che si sarebbe concretizzato soprattutto nel decennio successivo.
Insomma, sono stati il decennio in cui la musica angloamericana, e più in generale la musica moderna, ha cominciato ad entrare a far parte delle nostre vite. In cui la cultura pop – anche attraverso film, TV e fumetti – si è diffusa in ogni ambito.
Ma quali sono state le canzoni che hanno venduto di più in quel periodo? Scremando le classifiche dai brani stranieri e dai loro adattamenti nella nostra lingua, ecco i cinque singoli italiani di maggior successo di quel decennio.
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Indice
1. Il cielo in una stanza
1960: Mina fa conoscere Gino Paoli
Nel 1960 Gino Paoli aveva 26 anni ed il suo nome era ancora sconosciuto nell’ambito della musica italiana. Nessuno – probabilmente neppure egli stesso – immaginava che sarebbe divenuto uno degli autori più importanti del decennio che stava iniziando.
Si era fatto le ossa a Genova assieme a tanti artisti che avrebbero poi sfondato. Stiamo parlando di cantanti e autori del calibro di Bruno Lauzi, Fabrizio De André, Umberto Bindi e Luigi Tenco [1]. I suoi primi dischi, però, erano andati praticamente invenduti.
D’altronde, non era neppure iscritto alla SIAE [2]. Infatti quando nel 1960 il paroliere Mogol propose una sua canzone a Mina, questa risultava ufficialmente depositata coi nomi di Mogol stesso e di Toang, pseudonimo dietro a cui si nascondeva il maestro Renato Angiolini.
Mina incise non senza qualche titubanza quella canzone che si intitolava Il cielo in una stanza e che avrebbe dominato la classifica dell’hit parade italiana del 1960. In poche settimane, quel brano divenne un classico della canzone italiana.
L’anno dopo sarebbe stata reinciso (e poi ridepositato alla SIAE col suo nome) da Gino Paoli, mentre nel corso degli anni è stato poi eseguito anche da Giorgia, Carla Bruni (per metà in francese e per metà in italiano), Franco Battiato, Massimo Ranieri, Morgan, Noemi, Giusy Ferreri, Gianna Nannini ed altri [3].
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2. Quando quando quando
1962: Tony Renis piazza il colpo che vale una carriera
Famosa non solo in Italia, ma anche e soprattutto all’estero – per via di diverse cover che ne sono state realizzate in varie lingue – è Quando quando quando, seconda canzone della nostra lista.
Il brano fu scritto da Alberto Testa per le parole e Tony Renis per la musica e da quest’ultimo presentato al Festival di Sanremo del 1962. Un Festival che fu in realtà vinto dalla coppia Domenico Modugno-Claudio Villa con la canzone Addio… addio…. Renis, invece, si piazzò quarto [4].
In Italia, come detto, la canzone toccò la vetta della classifica ma a fine anno fu solo il quarto singolo più venduto. Venne superato, infatti, da Pregherò di Celentano, Ogni giorno di Paul Anka e Stai lontana da me di nuovo di Celentano.
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Fu quindi soprattutto all’estero che il brano di Renis, allora appena ventiquattrenne, conobbe un successo travolgente. Oggi – contando le varie cover e traduzioni – è non a caso stimata essere la seconda canzone più venduta di ogni epoca, dietro solo a White Christmas di Bing Crosby e davanti, con largo vantaggio, pure a Nel blu dipinto di blu.
La versione alternativa più celebre è probabilmente quella di Pat Boone, che tradusse il testo in inglese mantenendo però in italiano la parola “quando”. Negli ultimi anni hanno lasciato una traccia importante però anche le versioni di Michael Bublé e Nelly Furtado e di Fergie e will.i.am. Senza contare che la canzone si sente anche nel film The Blues Brothers [5].
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3. In ginocchio da te
1964: Gianni Morandi sale in vetta
Gli anni ’60 non furono solo Mina – che di sicuro fu la voce femminile per eccellenza in quel decennio – e Tony Renis, che presto si sarebbe rivolto più al mercato estero che a quello italiano.
Li contrassegnarono anche due cantanti molto diversi tra loro, che rappresentavano in un certo senso le due facce della nuova musica giovanile del periodo. Da un lato c’era il viso d’angelo di Gianni Morandi, dall’altro il rock ribelle di Adriano Celentano.
Il principale successo del primo fu In ginocchio da te, canzone che balzò in testa alle classifiche nel 1964. E lo fece resistendo alla concorrenza di brani come Una lacrima sul viso, È l’uomo per me e Non ho l’età.
Classe 1944, Morandi aveva esordito nel 1962 incidendo Andavo a cento all’ora, che però avrebbe avuto successo solo successivamente.
Poco dopo aveva cominciato a far parlare di sé con Fatti mandare dalla mamma a prendere il latte. Fu però appunto solo con In ginocchio da te che si consacrò come un cantante da vetta della classifica.
Il brano vinse infatti il Cantagiro e vendette più di un milione di copie, rimanendo al primo posto per 17 settimane e battendo ogni record precedente.
Sull’onda di quel successo, sempre nel 1964 fu realizzato un musicarello, cioè un film infarcito di sue canzoni. Si intitolava proprio In ginocchio da te e fu sul set di quella pellicola che Morandi conobbe la sua prima moglie, l’attrice Laura Efrikian [6].
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4. Il silenzio
1964: la lingua internazionale della tromba
Su Il silenzio del trombettista Nini Rosso abbiamo già scritto qualcosa qualche tempo fa. E l’abbiamo fatto perché quel brano risulta essere uno dei singoli più venduti della storia della musica italiana.
Celeste Raffaele Rosso – questo il nome completo del musicista – aveva iniziato col jazz e con le orchestre. Proprio all’inizio degli anni ’60 aveva comunque guadagnato una certa visibilità grazie all’uscita del suo disco La ballata della tromba.
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Nel ’64, davanti a una platea di militari per i quali stava suonando al Palaeur di Roma, decise di eseguire il Silenzio fuori ordinanza suonato nelle caserme. Lo rese però più “musicale” e vi aggiunse una malinconica parte parlata [7]. Questa mossa ne decretò il successo.
Il disco vendette tantissimo in Italia. Fu infatti il più venduto del 1965, davanti a Non son degno di te di Morandi, a Il mondo di Jimmy Fontana. Ma davanti anche a Mina, a Rita Pavone, a Pino Donaggio e ai primi singoli dei Beatles.
Fece però registrare dati di vendita importanti anche in Centro e Nord Europa (soprattutto in Germania, Olanda e Norvegia), in Australia e in Giappone.
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5. Azzurro
1968: quando Paolo Conte scriveva per Adriano Celentano
Concludiamo con una delle canzoni più strane – e di maggior successo – di tutto il decennio. Nel 1968 infatti Adriano Celentano, che tra la fine degli anni ’50 e i ’60 aveva piazzato una serie interminabile di numeri 1 in classifica, diede alle stampe un nuovo 45 giri.
Era un disco in cui in un lato era incisa Azzurro [8] e nell’altro Una carezza in un pugno. Due pezzi che sarebbero diventati dei classici del repertorio del cantante milanese.
Il primo, in particolare, era stato scritto da Michele Virano, Vito Pallavicini e soprattutto Paolo Conte, un musicista astigiano che da un paio d’anni era entrato nel clan Celentano. E proprio lui aveva già fornito ad Adriano un instant classic come La coppia più bella del mondo.
Azzurro dominò la hit parade del 1968, staccando La bambola di Patty Pravo, Applausi de I Camaleonti, Vengo anch’io. No, tu no di Enzo Jannacci.
La canzone è stata poi eseguita più volte dallo stesso Conte durante i suoi concerti. Ma anche, a distanza di qualche anno, trasformata in un pezzo punk dai tedeschi Die Toten Hosen e in una canzone da eseguire “a bocca chiusa” (con contorno di pernacchie) nel film di Renzo Arbore Il pap’occhio [9].
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Note e approfondimenti
[1] Era la cosiddetta “Scuola genovese”, che includeva tra gli altri anche Sergio Endrigo, Vittorio De Scalzi e poi, più avanti, Ivano Fossati. Qui potete trovare una breve storia di quel gruppo. ↑
[2] Paradossalmente, proprio negli ultimi anni Paoli è stato anche presidente di quella stessa SIAE, salvo poi lasciare l’incarico tra le polemiche. ↑
[3] Se volete ascoltare alcune di queste versioni, qui trovate quella di Mina, qui quella di Paoli, qui quella di Carla Bruni e qui quella di Battiato. ↑
[4] Quella edizione è famosa anche per l’esclusione di Adriano Celentano, la cui canzone Vedrai che passa fu bocciata dalla commissione, e del duo comico composto da Raimondo Vianello e Ugo Tognazzi, che aveva proposto uno sketch su Amintore Fanfani, allora capo del governo. ↑
[5] La scena la potete vedere qui. ↑
[6] Qui si può vedere la scena in cui, all’interno di quel film, Morandi esegue proprio la canzone omonima. ↑
[7] Oggi lo si può ascoltare ad esempio qui. ↑
[8] La potete ascoltare qui. ↑
[9] Se siete curiosi di sentire queste due versioni particolarissime, qui potete ascoltare quella tedesca e qui quella con le pernacchie. ↑