Le mutilazioni genitali femminili diventano reato in Sudan

Quello delle mutilazioni genitali femminili è un problema a cui si presta sempre più attenzione. Un’attenzione che sembra portare, gradatamente, anche a qualcosa di buono, visto che nei giorni scorsi il governo del Sudan ha varato una nuova legge che vieta questa pratica, stabilendo anche delle pene detentive.

Sotto quest’etichetta vanno varie operazioni chirurgiche (tra cui l’infibulazione) molto diffuse in Africa, soprattutto nella fascia sub-sahariana di cui fa parte proprio anche il Sudan, come si vede anche dalla mappa qui di seguito. Operazioni pericolose e inutili, oltre che dolorose, retaggio di antichi riti di passaggio contro cui si battono da molto tempo varie organizzazioni umanitarie.

Mappa dei paesi in cui sono più diffuse le mutilazioni genitali femminili

Il governo provvisorio del Sudan è al potere dallo scorso anno, dopo che è stato destituito il dittatore Omar Hassan al-Bashir, alla guida del paese nei trent’anni precedenti. Ora tale governo sta cercando di modernizzare le leggi e proprio questa è considerata una delle più importanti riforme per il nuovo Sudan.

L’Unicef ed altre organizzazioni che si occupano della salute delle bambine – ovviamente le più colpite da questa pratica, che porta sovente a problemi, infezioni e dolori quando poi le ragazze diventano adulte – hanno applaudito alla decisione del governo. E ora sperano che altri paesi africani seguano l’esempio del Sudan.

Il problema sarà però anche rendere effettiva la legge. La norma infatti prevede pene severe (fino a tre anni di carcere, più una multa), ma potrebbe generare pratiche clandestine e illegali, addirittura con minori condizioni igieniche di quelle, già scarse, in uso negli anni scorsi.

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