Le poesie di Bukowski più belle sulla vita e l’amore

Charles Bukowski e le sue poesie

Charles Bukowski è stato uno scrittore particolarissimo. Appartenente alla beat generation, ha sempre raccontato quello che gli altri non osavano raccontare. Sporcizia, ubriachezza, insensatezza, vuoto, perfino noia sono stati i temi principali dei suoi racconti e dei suoi romanzi. Cosa che di sicuro non gli ha reso facile la vita, ma gli ha garantito, quantomeno, uno stuolo di fan adoranti. Ancora oggi, a più di vent’anni dalla morte, è letto e apprezzato in tutto il mondo, anche dalle giovani generazioni.

Pochi sanno, però, che Bukowski non si dedicò solo alla prosa. Scrisse, invece, anche numerosissime poesie. Cosa difficile da immaginare se lo si conosce. Perché siamo abituati a pensare alla poesia come a qualcosa di dolce, aulico, non certo vicino alla sensibilità di questo scrittore americano.

Il fatto che sovente lo si faccia rientrare all’interno della corrente del “realismo sporco” vi dà un’idea di quello di cui vi stiamo parlando.

Una produzione molto corposa, tradotta anche in italiano

Ciononostante, Bukowski ha scritto letteralmente migliaia di poesie. E anzi forse si può dire che abbia privilegiato spesso questa forma di scrittura rispetto alle altre. In Italia queste sue opere sono arrivate a partire dalla fine degli anni ’70, prima tramite SugarCo, poi grazie a Mondadori.

Oggi molti volumi che raccolgono le sue liriche sono pubblicati da Minimum Fax, ma se ne trova un buon numero anche col marchio di Feltrinelli e di Guanda.

Per avvicinarvi a questa produzione forse meno nota, abbiamo scelto alcune poesie che ci sembrano particolarmente significative. Ve le presentiamo e vi diamo dunque un assaggio dello stile di Bukowski, sicuri che recupererete i libri da cui arrivano, per leggere queste ed altre sue composizioni.

 

1. Stile

I poeti si distinguono tra loro per tante cose. L’appartenenza o meno a una certa corrente. La predilezione per particolari figure retoriche. L’epoca in cui vivono, il linguaggio che usano, lo schema metrico. E potremmo andare avanti all’infinito.

Ma quello che davvero segna la differenza tra un poeta e l’altro – e, più in generale, tra uno scrittore e l’altro – è probabilmente riassumibile in una parola: lo stile.


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A questa particolare caratteristica Charles Bukowski ha dedicato una delle sue poesie più famose. Una poesia in cui – come al solito senza peli sulla lingua – ha condensato la sua poetica. La sua idea di arte, molto particolare ma molto coerente. E in un certo senso i suoi miti, da Hemingway a Gesù, da Giovanna D’Arco a Giulio Cesare.

lo stile è la risposta a tutto.
un modo nuovo per affrontare qualcosa di noioso o di pericoloso.
fare una cosa noiosa con stile è preferibile al farne una pericolosa senza.
fare una cosa pericolosa con stile è quello che io chiamo arte.
 
le corride possono essere un’arte.
la boxe può essere un’arte.
l’amore può essere un’arte.
aprire una scatola di sardine può essere un’arte.
 
non molti hanno stile.
non molti sanno mantenere lo stile.
ho visto cani con più stile degli uomini.
anche se non molti cani hanno stile.
i gatti ne hanno in abbondanza.
 
quando Hemingway si fece schizzare il cervello sul muro con un fucile, quello era stile.
perché a volte la gente ti insegna lo stile.
Giovanna D’Arco aveva stile.
Giovanni Battista.
Gesù.
Socrate.
Cesare.
García Lorca.
 
ho conosciuto uomini in galera con stile.
ho conosciuto più uomini con stile in galera che fuori.
lo stile è una differenza, un modo di fare, un modo di essere fatti.
sei aironi che se ne stanno tranquilli in uno specchio d’acqua, o te, mentre cammini
fuori dal bagno nuda senza vedermi.

 

2. Per Jane: con tutto l’amore che avevo, che non era abbastanza

Spesso le poesie di Bukowski sono dissacranti. Allo scrittore americano piaceva, infatti, provocare, sbattere in faccia alla gente sensazioni sgradevoli, o critiche. Altre volte, però, emerge una vena di dolcezza e di malinconia che non ci si aspetterebbe. È questo anche il caso di Per Jane, una delle sue liriche più dolenti.

Secondo molti biografi, Jane Cooney Baker fu il più grande amore della vita di “Hank”. I due si conobbero sul finire degli anni ’40. Entrambi erano alcolizzati e disperati, e misero insieme le loro relative disperazioni. Lei morì all’improvviso nel 1962, dopo più di dieci anni di alterne frequentazioni col poeta, lasciandolo solo e senza speranza.

Nonostante nella sua vita Bukowski si sia sposato un paio di volte e abbia avuto decine di donne, ha continuato a ricordare Jane fino alla fine, quantomeno nei suoi libri.

raccolgo la gonna,
raccolgo le perline scintillanti
nere,
questa cosa che una volta si muoveva
attorno alla carne,
e do del bugiardo a Dio,
dico che qualsiasi cosa che si muoveva
così
o che sapeva
il mio nome
non dovrebbe mai morire
nel senso comune di morire,
e raccolgo
il suo bel
vestito,
tutta la sua bellezza andata,
e parlo a tutti gli dei,
dei ebraici, dei cristiani,
frammenti di cose che lampeggiano,
idoli, pillole, pane,
metri, rischi,
resa consapevole,
ratti nel sugo di due quasi impazziti
senza possibilità,
la conoscenza del colibrì, le possibilità del colibrì,
mi appoggio a questo,
mi appoggio a tutto questo
e riconosco
il suo vestito sul mio braccio
ma
loro non
me la ridaranno indietro.

 

3. Alla puttana che si è presa le mie poesie

Abbiamo appena detto che Bukowski era solito frequentare molte donne. Non erano ordinarie storie d’amore. Si sposò due volte, con Barbara e Linda Lee, ed ebbe una figlia da una terza donna. Tutte le altre ragazze, però, le frequentò in maniera molto saltuaria. A volte erano donne rimorchiate nei bar, altre volte erano vere e proprie prostitute.

Il guaio, con frequentazioni di questo tipo, era che molto spesso “Chinaski” rimaneva fregato. A livello affettivo, sicuramente, ma anche a livello economico. La lirica che segue fu scritta, infatti, dopo avere scoperto che una di queste prostitute gli aveva rubato delle poesie.


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E d’altronde molto spesso gli scritti di Bukowski nascevano da occasioni piccole come questa, da momenti di rabbia o scoramento. E poi finivano per parlare di un mondo molto più grande.

alcuni dicono che dovremmo tenere lontano il rancore personale dalla poesia,
rimanere distaccati, e c’è del vero in questo,
ma cristo;
dodici poesie sparite e io non conservo le copie e hai anche i miei
quadri, i migliori; è opprimente:
stai cercando di annientarmi come tutti gli altri?
perché non ti sei presa i miei soldi? di solito li prendono
dai pantaloni sonnolenti e ubriachi storditi nell’angolo.
la prossima volta prenditi il mio braccio sinistro o un cinquantone
ma non le mie poesie:
non sono Shakespeare
ma prima o poi semplicemente
non ce ne saranno più, né distaccate né di altro tipo;
ci saranno sempre soldi e puttane e ubriaconi
fino all’ultima bomba,
ma come Dio ha detto,
accavallando le gambe,
vedo che ho creato fin troppi poeti
ma non altrettanta
poesia.

 

4. Aria e luce e tempo e spazio

Come detto, Bukowski era un uomo dalle parole sferzanti. E non risparmiava nessuno. A parte Jane, che fu il suo grande amore, ebbe spesso parole molto dure anche per le sue donne. Ma poi sputò sul suo lavoro, sulla sua famiglia, sulla società americana nel suo complesso. E, perché no, sugli aspiranti intellettuali che di tanto in tanto si avvicinavano a lui.

Il suo cinismo è celeberrimo, così come la sua capacità di riportare con i piedi per terra ogni volo pindarico che gli si piazzava davanti. Come nel caso di Aria e luce e tempo e spazio, una bella poesia in cui se la prende con un’aspirante artista. E dove coglie l’occasione per presentarci le sue idee sull’arte e sull’esigenza di esprimersi.

“…sai, avevo sia una famiglia che un lavoro e qualcosa mi ostacolava sempre la strada,
ma ora ho venduto la casa e ho trovato questo posto, un grande studio,
dovresti vedere quanta luce e spazio,
per la prima volta in vita mia avrò un posto e il tempo per creare…”
 
no baby,
se avessi avuto voglia di creare
lo avresti fatto anche lavorando 16 ore al giorno in una miniera di carbone,
o lo avresti fatto anche in una piccola stanza con 3 bambini vivendo con il sussidio di disoccupazione,
o lo avresti fatto anche con parte della tua mente o del tuo corpo esplosi via,
o lo avresti fatto anche fossi stato cieco, storpio o demente,
lo avesti fatto con un gatto aggrappato alla tua schiena mentre tutta città era scossa da terremoti, bombardamenti, inondazioni ed incendi.
 
no baby,
aria e luce e tempo e spazio non hanno nulla a che fare con tutto ciò,
e non creano nulla,
tranne forse una vita più lunga per trovare nuove scuse.

 

5. Il cuore che ride

Concludiamo questa prima sezione con una poesia che avremmo potuto piazzare anche all’inizio della lista. È forse, infatti, la lirica che meglio riassume le idee di Bukowski. Parla della vita, o meglio del modo in cui la vita va affrontata, di speranze e delusioni, e di forza.

A guardarla da un certo punto di vista non pare nemmeno una poesia di Bukowski. È difficile, infatti, trovare nella sua produzione degli scritti che sembrano volerti dare fiducia e speranza. Lui era, di solito, molto più bravo a raccontare le storture e le delusioni, e in buona parte l’abbiamo già visto.

Ma quello era solo un lato della medaglia. L’altro era capire che le occasioni arrivano e che le “batoste” si possono superare.

la tua vita è la tua vita
non lasciare che le batoste la sbattano nella cantina dell’arrendevolezza.
stai in guardia.
ci sono delle uscite.
da qualche parte c’è luce.
forse non sarà una gran luce ma
la vince sulle tenebre.
stai in guardia.
gli dei ti offriranno delle occasioni.
riconoscile.
afferrale.
non puoi sconfiggere la morte ma
puoi sconfiggere la morte nella vita, qualche volta.
e più impari a farlo di frequente,
più luce ci sarà.
la tua vita è la tua vita.
sappilo finché ce l’hai.
tu sei meraviglioso
gli dei aspettano di compiacersi
in te.

 

Altre 6 poesie di Bukowski, oltre alle 5 già segnalate

Le prime 5 poesie che abbiamo scelto le avete lette, accompagnate anche da un breve commento che serviva ad introdurle e a farvi riflettere su alcuni temi delle liriche di Bukowski. Lo scrittore americano, però, ne componeva a ritmi impressionanti e quindi ce ne ha lasciate moltissime.

Pertanto, per darvi una panoramica in qualche modo più completa, abbiamo deciso di non fermarci solo a queste prime poesie, ma di allargare un po’ il tiro. Selezionando altre 6 liriche, che vi proponiamo qui di seguito senza alcuna parola ulteriore.

 

Sissignore!

Tutti i vicini pensano
che noi siamo
strani.
E noi pensiamo
lo stesso di loro.
E facciamo
tutti
centro…

Quando Dio creò l’amore

Quando Dio creò l’amore non ci ha aiutato molto
quando Dio creò i cani non ha aiutato molto i cani
quando Dio creò le piante fu una cosa nella norma
quando Dio creò l’odio ci ha dato una normale cosa utile
quando Dio creò Me creò Me
quando Dio creò la scimmia stava dormendo
quando creò la giraffa era ubriaco
quando creò i narcotici era su di giri
e quando creò il suicidio era a terra

Quando creò te distesa a letto
sapeva cosa stava facendo
era ubriaco e su di giri
e creò le montagne e il mare e il fuoco
allo stesso tempo

Ha fatto qualche errore
ma quando creò te distesa a letto
fece tutto il Suo Sacro Universo.

 

Posta

La posta aumenta.
lettere su lettere per dirmi
che grande scrittore
che sono,
e poesie, romanzi, novelle,
racconti, ritratti.
qualcuno chiede solo un autografo,
un disegno, una parola.
altri propongono una corrispondenza
permanente.
io leggo tutto, butto tutto,
faccio i miei
affari.
so bene che nessuno è
un “grande” scrittore.
può esserlo
stato,
ma scrivere è un’impresa
che ricomincia da capo
ogni volta
e tutti gli elogi,
i sigari, le bottiglie
di vino inviate
in tuo onore
non garantiscono
come sarà la riga successiva,
e soltanto quella conta,
il passato è
inutile,
siede sulle ginocchia
degli dei
mentre i secoli
svaniscono
nel loro marcio
celere
sfarzo.

Le parole

Le parole non hanno occhi né gambe,
non hanno bocca né braccia,
non hanno visceri
e spesso nemmeno cuore,
o ne hanno assai poco.

Non puoi chiedere alle parole
di accenderti una sigaretta
ma possono renderti più piacevole
il vino.

E certo non puoi costringere le parole
a fare qualcosa che non
voglion fare.
Non puoi sovraccaricarle
e non puoi svegliarle
quando decidono di dormire.

A volte
le parole ti tratteranno bene,
a seconda di quel
che gli chiedi
di fare.
Altre volte,
ti tratteranno male,
qualunque cosa
tu gli chieda di fare.

Le parole vanno
e vengono.
Qualche volta ti tocca
di aspettarle a lungo.
Qualche volta non tornano
più indietro.

Qualche volta gli scrittori
si uccidono
quando le parole li lasciano.
Altri scrittori
fingeranno di averle ancora
in pugno
anche se le loro parole
sono già morte e sepolte.

Fanno così
molti scrittori famosi
e molti meno famosi
che sono scrittori soltanto
di nome.

Le parole non sono
per tutti.
E per la maggioranza,
esistono
soltanto per poco.

Le parole sono
uno dei più grandi
miracoli
al mondo,
possono illuminare
o distruggere
menti,
nazioni,
culture.
Le parole sono belle
e pericolose.

Se vengono a trovarti,
te ne accorgerai
e ti sentirai
il più fortunato
della terra. Nient’altro avrà più
importanza
e tutto sembrerà importante.

Ti sentirai
il dio sole,
riderai del tempo che fugge,
ce l’avrai fatta,
lo sentirai
dalle dita
fino alle budella,
e sarai diventato,
finché
dura,
un fottutissimo scrittore
che rende possibile
l’impossibile,
scrivendo parole,
scrivendole,
scrivendole.

 

Non dimenticare

C’è sempre qualcuno o qualcosa
che ti aspetta,
qualcosa di più forte, più intelligente,
più malefico, più resistente,
più dolce, più grasso, più grande, più piccolo,
e qualcosa con occhi di tigre e fauci di squalo,
qualcosa di più pazzo della pazzia,
di più furbo della furbizia,
c’è sempre qualcuno o qualcosa
che ti aspetta,
mentre metti le scarpe
o dormi
o vuoi il bidone dell’immondizia
o carezzi il gatto
o lavi i denti
o festeggi
c’è sempre qualcuno o qualcosa
che ti aspetta.

Tienilo bene a mente
cosicché quando succede
sarai il più pronto possibile.

Nel frattempo, buona giornata a te
se ci sei ancora.
io penso di esserci,
mi sono appena bruciato le dita
con l’ennesima
sigaretta.

Anormale

Quando facevo le elementari
il maestro ci raccontò la storia
di un marinaio
che disse al capitano:
“La bandiera? Spero di non
vederla più, la bandiera!”
“Molto bene,” gli fu risposto,
“il tuo desiderio
sarà esaudito!”
E lo chiusero nella
stiva
e ce lo tennero,
mandandogli cibo
di sotto
e morì laggiù
senza vederla mai più
la bandiera.

Una storia davvero spaventosa
per dei bambini,
molto
efficace.
Ma non efficace
abbastanza per
me.
Stavo lì seduto a pensare,
bene, è brutto
non vedere la
bandiera,
ma il bello è
non dover vedere
la gente.
Però
non alzai la mano
per dir niente del genere.
Sarebbe stato ammettere
che non volevo vedere
neppure loro.
Ed era vero.

Guardavo dritto alla
lavagna
che sembrava migliore
di chiunque.

 

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