Rosso Malpelo: il riassunto e l’analisi della novella di Verga

Una zolfara siciliana a fine Ottocento, simile alla miniera in cui lavorava Rosso Malpelo

Rosso Malpelo è, senza ombra di dubbio, una delle novelle più famose di Giovanni Verga. Pubblicata per la prima volta nel 1878 all’interno della rivista Il Fanfulla, venne poi raccolta nel 1880 nel volume Vita dei campi1, ma è ricordata soprattutto come la prima storia verista dell’autore che poi avrebbe scritto un capolavoro come I Malavoglia. Proprio per questo motivo, oggi vogliamo concentrarci sul riassunto di Rosso Malpelo2 e su una sua veloce ma completa analisi.

Il racconto non è solo, infatti, un pezzo importante della nostra storia letteraria, ma è anche una delle storie in genere più amate dai ragazzi, quando ne affrontano lo studio a scuola. Le vicissitudini del protagonista, d’altra parte, non possono non generare compassione, sia per le vicende narrate, sia per lo straordinario stile adottato dall’autore.

E allora ripercorriamo insieme quella storia vecchia ormai di quasi 150 anni, che ci racconta un’Italia e una Sicilia d’altri tempi, ma ancora così attuale quando si va oltre ai meri fatti e ci si addentra nella psicologia dei personaggi.

 

1. Il riassunto della novella

Vediamo, prima di tutto, la trama della novella di Verga. Il protagonista è Rosso Malpelo, un ragazzo dai capelli rossi che lavora in una cava di rena rossa in Sicilia. Rosso Malpelo è, ovviamente, il suo soprannome; il vero nome non ci viene mai detto.

Nella cava lavorava inizialmente col padre, Mastro Misciu, l’unico che gli dimostrava un po’ d’affetto. Per via dei suoi capelli rossi e di un carattere selvatico, tutti gli altri lo evitavano, compresa la madre.

Ad un certo punto, però, il padre muore, sepolto vivo dal cedimento di una galleria in cui stava lavorando, a rischio della vita, pur di guadagnare qualche soldo in più.

Rosso, che era presente all’evento, si incattivisce ancora di più. Sfoga la sua rabbia sulle bestie, in particolare su un asino, e poi in parte su un nuovo arrivato, un ragazzino soprannominato Ranocchio (perché zoppo).

Ranocchio

Questo ragazzo diventa l’unico compagno del protagonista, che però comunque lo tratta male, forse con l’intento di abituarlo alle difficoltà della vita.

Anche Ranocchio, malato di tisi, purtroppo muore, tra l’altro proprio dopo una spinta del compagno. Ormai completamente solo e abbandonato a se stesso, Rosso accetta di andare ad esplorare una galleria abbandonata e molto pericolosa, da cui non farà più ritorno.

 

2. Il narratore, la regressione, il pregiudizio

Vista in generale la trama, passiamo ora a parlare delle varie tecniche narrative utilizzate da Verga. Proprio con questa novella, infatti, lo scrittore siciliano cominciò a sperimentare delle nuove strategie che sarebbero poi diventate punti fermi del verismo.

Il narratore è in primo luogo impersonale. La voce che racconta la storia non è infatti quella di Verga, che mantiene per sé i propri pensieri e il proprio stile, ma piuttosto è la voce dell’ambiente. È come se la storia venisse raccontata dai colleghi di lavoro di Rosso Malpelo, dalla comunità a cui il ragazzo apparteneva.

La scelta linguistica di Verga

Tutto questo si vede nella regressione operata da Verga. Proprio per rappresentare la vox populi, lo scrittore decide di adattare il proprio linguaggio a quello del volgo.

In pratica, dimentica (in parte) le strutture linguistiche, dimentica quasi l’italiano letterario, e si avvicina alla parlata popolare, piena di formule immediate e vivaci.

Giovanni Verga in età matura

Non scende fino al dialetto (che pure era realmente parlato dal popolo), questo no, perché altrimenti il suo testo non sarebbe stato compreso al di fuori della Sicilia. Si adatta, però, all’ambiente, e questo è reso ancora più evidente dal pregiudizio che grava su tutta la sua scrittura.

Nel testo non viene infatti espresso direttamente il punto di vista del Verga, ma c’è quello della comunità. Un punto di vista carico di pregiudizi, di odi, di superficialità che però, come vedremo nel prossimo punto, generano un particolare senso di straniamento.

 

3. La tecnica dello straniamento

Queste scelte narrative di Verga trovano infatti il loro apice in quella che è stata definita la “tecnica dello straniamento”. Dietro a questa parola, si cela in genere l’effetto appunto straniante che hanno certe scelte linguistiche o narrative; al lettore, cioè, viene proposto come strano o incomprensibile ciò che invece non lo dovrebbe essere.

In Rosso Malpelo lo straniamento emerge dal rapporto tra i fatti e la voce narrante. Da un lato infatti abbiamo, come detto, il narratore, che si identifica con i lavoratori della cava, ignoranti e pieni di pregiudizi. Dall’altro ci sono i fatti, gli eventi che coinvolgono la figura a suo modo tragica del protagonista.

Un fotogramma del film dedicato a Rosso Malpelo uscito nel 2007
Un fotogramma del film dedicato a Rosso Malpelo uscito nel 2007

Ad esempio, celebre è l’incipit del racconto: «Malpelo si chiamava così perché aveva i capelli rossi; ed aveva i capelli rossi perché era un ragazzo malizioso e cattivo, che prometteva di riescire un fior di birbone. Sicché tutti alla cava della rena rossa lo chiamavano Malpelo».

Qui si rovescia la prospettiva: come sappiamo, l’eventuale cattiveria non fa diventare rossi i capelli; casomai, è il pregiudizio a far pensare alla gente che chi ha i capelli rossi sia cattivo. E così si procede per tutta la novella: i fatti – anche gli atti di bontà di Malpelo – vengono rovesciati dal pregiudizio dell’osservatore, che vi vede quel che vi vuole vedere.

Questo rende evidente al lettore che Rosso Malpelo, nonostante sia dipinto a parole in maniera molto negativa, è in realtà la vera vittima della storia. E permette l’emergere del pessimismo di fondo di Verga, di cui comunque parleremo più diffusamente più avanti.

 

4. La scelta linguistica e il verismo

In base a quello che abbiamo scritto finora, sarebbe stato lecito aspettarsi, da Giovanni Verga, una scelta radicale anche dal punto di vista del linguaggio.

In fondo aveva fatto regredire la propria identità, scendendo al livello non solo del popolo, ma degli stessi colleghi di Malpelo, che – emerge, leggendo – non amava. E il linguaggio doveva andargli dietro.

Una raccolta delle novelle di Giovanni Verga

In realtà Verga preferì, come detto, una soluzione di compromesso. Il linguaggio della novella è sì distante dall’italiano letterario che andava di moda allora, e molto simile al parlato.

Ma rimane pur sempre italiano, una lingua che noi oggi possiamo facilmente comprendere ma che i braccianti siciliani del tempo di sicuro non parlavano.

Dal tardoromanticismo al verismo

Verga cerca infatti un compromesso per ottemperare a due diverse esigenze. Da un lato, sente il richiamo del verismo che, ispirandosi al Naturalismo francese, gli impone uno sguardo oggettivo e neutrale sulla realtà, uno sguardo da scienziato che documenta solamente ciò che gli accade davanti.

Dall’altro, però, ha anche l’esigenza di farsi leggere e di far conoscere la sua stessa novella, che in una parlata troppo gergale e “localistica” diverrebbe incomprensibile al di fuori della Sicilia.

In questo primo esperimento – perché Rosso Malpelo segna il passaggio dal tardoromanticismo al verismo – la soluzione fu dunque meno ardita del previsto.

Verga scelse infatti di scrivere in un italiano che imitava il parlato, senza scendere però troppo al suo livello. Si nota quindi un uso frequente della sintassi paratattica, degli anacoluti, del “che”.

E ancora il ricorrere di proverbi, modi di dire, metafore tipiche di quell’ambiente. Il risultato fu comunque convincente e convinse Verga a proseguire su quella strada.

 

5. Il pessimismo di Verga

Come abbiamo accennato, quello che emerge prepotentemente da Rosso Malpelo è soprattutto il pessimismo del suo autore. Il protagonista, lo si comprende tra le righe, è visto con una certa compassione da Verga: sfortunato, emarginato, lotta contro la vita e ne rimane perennemente sconfitto.

In lui si scorge qualcosa di buono. Si scorgono, sotto la scorza della cattiveria e del pregiudizio, i segni di alcuni valori forti. C’è, ad esempio, l’affetto verso il padre, l’unico che l’abbia mai trattato in maniera umana; un affetto che va però incontro alla tragedia quando quest’ultimo, con Rosso poco distante, muore nella cava.

I Malavoglia di Giovanni Verga

C’è anche l’affetto verso Ranocchio, ragazzo maltrattato a cui però Rosso vuole in fondo bene. Dalle parole del narratore comprendiamo che, al di là delle apparenze, il nostro protagonista cerca di trovare in lui un compagno, a cui insegnare – anche se rozzamente e duramente – qualcosa. Ma anche questo compagno muore in fretta.

Rosso è dunque un vinto, vittima di un mondo primordiale in cui gli affetti non contano e non c’è nessuna speranza a cui aggrapparsi. È vero che Verga si è eclissato in quanto narratore, ma la sua concezione della vita qui ritorna dunque protagonista tramite la stessa filosofia di vita di Malpelo.

Vi è infatti qui un’anticipazione del tema dei vinti, di quella visione che Verga avrebbe poi approfondito nei romanzi e in particolare ne I Malavoglia. Una visione che porta gli uomini a rimanere sconfitti ogni volta che abbandonano il nucleo familiare. O, in questo caso, anche quando non cercano neppure di lasciarlo, ma sono trascinati via dalla corrente.

 

E voi, quale aspetto di Rosso Malpelo preferite?

Ecco cinque cose da sapere su Rosso Malpelo di Giovanni Verga: vota la tua preferita.

Note e approfondimenti

  • 1 In cui erano contenute anche altre celebri novelle, come Cavalleria rusticana e La lupa.
  • 2 Se volete rileggervi la novella, la trovate – per intero, gratuitamente e legalmente, visto che è fuori copyright – qui.

 

Segnala altre cose da sapere su Rosso Malpelo nei commenti.

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